Il quotidiano online “Key4biz” è stata l’unica testata giornalistica italiana che ha dedicato attenzione alla procedura di nomina di 4 dei 7 consiglieri da parte del Parlamento, secondo quanto previsto dalla vigente normativa, così come determinata dalla cosiddetta “Legge Renzi”, che ha senza dubbio rafforzato l’influenza del Governo sulla “governance” della televisione pubblica italiana (dei 7 consiglieri, 2 sono di nomina diretta del Governo, 1 è eletto dai dipendenti della Rai, 4 sono scelti dal Parlamento). Si rimanda all’intervento IsICult su “Key4biz” di venerdì scorso 19 aprile 2024: “Cda Rai, scade domani il termine per le (auto)candidature: candidiamoci tutti!”
La procedura per questa elezione (in verità si tratta di una cooptazione) è stato pubblicata sui siti web della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica, e della stessa Rai, il 21 marzo 2024 ed il termine per presentare le autocandidature è scaduto sabato scorso 20 aprile 2024.
Con apprezzabile tempismo, ieri pomeriggio l’elenco dei candidati è stato pubblicato sui siti web di Montecitorio e Palazzo Madama.
Se nulla (o quasi) era stata l’attenzione dei media in occasione della pubblicazione dell’avviso (con la solita eccezione di IsICult / Key4biz: vedi l’intervento del 21 marzo 2024, “Pubblicato l’annuncio per le candidature al Cda Rai. Ok al nuovo Tusma e al contratto di servizio 2024-28 (clandestino)”, quasi altrettanto può dirsi in occasione della pubblicazione dell’elenco dei candidati: le testate giornalistiche che hanno segnalato la notizia si contano sulla punta delle dita di una mano, e, tra i quotidiani cartacei, emergono soltanto “La Notizia” ed “il Foglio” (con un mero cenno, all’interno di un articolo di Carmelo Caruso intitolato “Rai ciuchina”, a partire da una sua analisi del “caso Scurati”), mentre, sul fronte digitale, soltanto un articolo di Antonella Baccaro sul “Corriere della Sera” e cenni su “Prima Comunicazione” e “Policy Maker”…
È anche vero che i dispacci di agenzia che hanno segnalato l’avvenuta pubblicazione degli elenchi sono stati diramati nel tardo pomeriggio di ieri (per prima è arrivata 9Colonne, alle 18:38, con una breve, mentre i nomi dei candidati sono stati rilanciati dall’Agi soltanto alle 19:22).
Non 70+51 ma 72 soltanto: 70 candidati per l’elezione da parte della Camera + 51 da parte del Senato. Complessivamente i candidati al Cda Rai sono “soltanto” 72
Le agenzie ed anche i giornali di oggi fanno una qualche confusione, e qualcuno addirittura somma i dati delle 70 candidature a Montecitorio con i 51 al Senato, allorquando siamo di fronte ad un tipico caso di “insiemi” e “sub-insiemi”: il totale reale dei candidati è semplicemente di 72.
È interessante osservare come in effetti tutte le agenzie stampa siano state piuttosto imprecise, riportando che si tratterebbe di 70 candidature alla Camera e 51 al Senato, senza precisare che – in verità – i candidati sono in totale soltanto 72, perché tutti o quasi si sono candidati per le elezioni da parte di Montecitorio e soltanto 2 sono candidati esclusivamente per il Senato…
La logica con la quale, dei 72 candidati, ben 49 hanno trasmesso il cv sia alla Camera sia al Senato (è il 68 % del totale), ma 21 soltanto alla Camera (29 %) e 2 soltanto al Senato (3 %) è veramente di difficile comprensione.
A fronte di questa confusione, l’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult ha deciso di elaborare 2 documenti, in esclusiva per “Key4biz”:
- un elenco di tutti i candidati, con alcuni dati essenziali, quali la data di nascita (anno) ed una sintesi (estrema) della professione – per così dire – prevalente;
- un file (in formato .pdf) che unisce tutti i 72 curricula, consentendo una lettura (visione) d’insieme, senza dover cliccare su ogni singolo nominativo sui siti web di Camera e Senato (procedura adottata dagli uffici di Camera e Senato).
Si tratta di una prima fase di analisi, nella prospettiva di una valutazione comparativa sperimentale, che sarà basata su una ricognizione sui curricula, rispetto ad esperienza professionale e titoli presentati.
Come abbiamo già segnalato tante volte – anche su queste colonne ed anche in occasione delle “elezioni” del 2018 e 2021 – quella adottata da Camera e Senato (e, quindi, dai rispettivi Presidenti, attualmente Lorenzo Fontana ed Ignazio La Russa) è oggettivamente una procedura molto approssimativa. Rozza.
Basti pensare che ogni candidato è libero di redigere il curriculum in totale libertà, senza che venisse prevista una forma minimamente standardizzata (e nemmeno un tipo di file)…
Ne deriva che ci sono cittadini che hanno trasmesso un cv di 2 pagine ed altri di 30 pagine!
Di molti candidati, non viene nemmeno fornito l’anno di nascita (si comprende la tutela della “privacy”, ma qui siamo in “overdose” di riservatezza!)…
Ovviamente questa modalità tecnica cioè questa approssimativa procedura conferma quel che tutti sanno, ovvero che in verità nessuna vera “valutazione” comparativa verrà effettuata né dagli uffici parlamentari né dal Parlamento stesso.
E che quindi – una volta ancora – ancora finirà per prevalere quel che abbiamo definito da anni il “capitale relazionale”, elemento determinante (anche) nella politica culturale del nostro Paese.
Con buona pace di quella “rivoluzione” meritocratica tanto invocata dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni anche durante la campagna elettorale che l’ha portata a Palazzo Chigi.
Si predica bene, e si razzola male.
La tecnocrazia, nel governo della “res publica” italica, resta una chimera.
Questi 4 consiglieri della Rai verranno scelti nelle segrete stanze della partitocrazia, ed anche un timido tentativo di innovazione procedurale, prospettato dall’allora Presidente della Camera Roberto Fico (M5s), precedentemente Presidente della Commissione di Vigilanza Rai, è andato a finire su un binario morto.
I requisiti previsti dalla legge sono piuttosto generici: onorabilità, prestigio, indipendenza, distinzione (in variegati campi), esperienza manageriale…
Si ricordi che la legge è piuttosto generica, rispetto ai pre-requisiti ed anche schizofrenica: possono infatti auto-candidarsi “magistrati, anche a riposo, della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato”, oppure “professori ordinari di università in materie giuridiche” oppure “avvocati con venti anni d’esercizio alle spalle”… Questi tre “filtri” sono abbastanza chiari. Subito dopo però la “barriera all’entrata” si abbassa, e di molto, e le maglie si allargano simpaticamente, perché la norma prevede che, “in mancanza del requisito precedente”, si possano comunque candidare tutte le “persone di riconosciuta onorabilità, prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti”, che si sono “distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale” con “significative esperienze manageriali”.
Per quanto le definizioni siano piuttosto generiche, è possibile comunque effettuare un tentativo di analisi tecnica, sulla base di criteri oggettivi, ed è quel che IsICult andrà a fare nei prossimi giorni.
Si tratta di un tentativo tecnico (o finanche… scientifico?!) di mettere in atto una attività di “supplenza” civile rispetto alla disattenzione – per così dire – del Parlamento…
Abbiamo scritto venerdì scorso su queste colonne: veniamo alla sostanza: come ormai prassi, questa delle “autocandidature” è un ridicolo schermo formale che nasconde pratiche basse, ovvero un processo decisionale giocato tutto nelle segrete stanze delle segreterie dei partiti.
Sono i leader dei partiti che decidono, tutto il resto è una ridicola quanto penosa sceneggiata, ma si può correggere questa deformazione, adottando un minimo di procedura comparativa…
S’è dimostrato, nel corso degli anni, che talvolta i nomi dei “designati” (perché questa è: una designazione “intuitu personae” da parte dei segretari di partito) vengono addirittura comunicati – quasi con modalità… “pizzino” – agli stessi parlamentari, dai Capi Gruppo, lo stesso giorno… poco prima della votazione!
Qualche deputato e senatore s’è talvolta lamentato di questa procedura semi-clandestina ed un po’ surreale, ma nessuno ha mai richiesto – a memoria d’uomo – che questa sceneggiata venisse corretta.
Nessun Presidente della Camera o del Senato ha finora mai avuto il coraggio di mettere in atto procedure diverse: in effetti, se la legge è generica, nulla impedirebbe di attivare una procedura pubblica di valutazione comparativa dei curricula, organizzando finanche delle audizioni dei candidati…
In passato, qualche voce della società civile emergeva, qualche dissidente invocava trasparenza e meritocrazia, ma, col passare degli anni, sembra prevalere una sorta di rassegnazione.
Quel che scrivevamo venerdì scorso, resta fermo, a fronte di un’analisi serena ed oggettiva della fenomenologia che qui viene analizzata.
Cercheremo di analizzare in itinere questi 72 curricula.
Per ora, ci limitiamo a segnalare che, sul totale dei 72 candidati, le donne sono soltanto 21 (corrispondenti al 29 % del totale) ed i giovani veramente pochi, considerando che gli “under 35” (ovvero in nati dopo il 1990) sono soltanto 2 (due). Questa seconda osservazione evidenzia (conferma) che l’“appeal” dei giovani verso la Rai Radiotelevisione Italiana spa è veramente modesto, anzi – diciamolo! – nullo.
Altre considerazioni, sulla professione prevalente: sul totale dei 72 candidati, 14 sono professori universitari (ordinari e associati), 5 sono docenti universitari, 10 dirigenti d’azienda, 9 giornalisti, 4 avvocati…
Gli “ex” politici ovvero già parlamentari sono 6 (ovvero l’8 % del totale), quasi tutti nell’ambito del centro-destra: Massimo Baldini (Forza Italia); Vincenza Labriola (Forza Italia); Salvatore Margiotta (Partito Democratico); Antonio Marano (Lega); Elio Vito (Forza Italia); Federica Zanella (Lega);
Alcune considerazioni “provocatorie”: nel 2024 soltanto un terzo rispetto ai candidati al Cda Rai del 2018 e 2021… Perché Meloni non candida Scurati come Presidente?! Perché la Siae (socio di minoranza) tace? Perché non organizzare delle audizioni dei candidati? (…)
A fronte di questo scenario “conservativo”, proponiamo alcune considerazioni “provocatorie”, sperando che possano smuovere in qualche modo le stagnazione in atto, ovvero la riproduzione dell’esistente (del passato):
- sulla chat WhatsApp dell’associazione Infocivica – Gruppo di Amalfi, il mediologo e saggista Michele Mezza ha rilanciato un’idea provocatoria: se è vero che il termine per la presentazione delle candidature è scaduto sabato scorso, perché la Premier Giorgia Meloni, per spiazzare le contestazioni emerse a seguito della strana vicenda del monologo “censurato” dello scrittore Antonio Scurati, non decide di nominare come Presidente della Rai… proprio Scurati?! Questa sì sarebbe una cooptazione “di garanzia” ovvero un “Presidente di garanzia” (formula retorica che va per la maggiore), e metterebbe a tacere tutta la “sinistra” inferocita per il terribile episodio…
- la stessa Infocivica, una delle rare voci della società civile che si interessa di “politica culturale” e quindi di “politica mediale”, ha sostenuto e sostiene la candidatura di un ex manager pubblico, saggista ed accademico, qual è Stefano Rolando, ed i parlamentari non “schiavi” del Capo Gruppo del loro partito, nel “segreto dell’urna” (notoriamente… “Dio non ti vede”, come recitava un vecchio slogan durante le campagne elettorali della Prima Repubblica), potrebbero far convergere il proprio voto su una personalità qualificata ed indipendente come la sua;
- come è possibile che, tra i 72 candidati, non vi sia nessuno che sia espressione della Società Italiana degli Autori e Editori, considerando tre fattori: (1.) la Siae è socia, seppur di minoranza (0,44 % delle quote azionarie) della stessa Rai spa; (2.) la Siae rappresenta la spina dorsale autoriale-artistica delle industrie culturali e creative italiane (può vantare oltre 100mila associati); (3.) non sarebbe naturale che un creativo (almeno uno!) potesse sedere al tavolo del Consiglio di Amministrazione della Rai?!
- considerando che la quantità dei candidati è ben inferiore a quella delle precedenti “sessioni di esame” (ovvero precedenti cooptazioni “intuitu personae”), perché non si può prevedere un ciclo di audizioni, da parte della Commissione parlamentare di Vigilanza, presieduta da Barbara Floridia (M5s)? Basterebbe chiedere ad ogni candidato di produrre 2 paginette due sulla propria “idea di Rai” e magari porre ad ognuno una qualche semplice domanda: questa sì sarebbe innovazione, in nome di trasparenza, meritocrazia, e finanche – ci si conceda – democrazia…
Va osservato infine un curioso (o comprensibile) fenomeno che si potrebbe definire di paradossale “astensionismo” (in sintonia con quello dell’intera popolazione rispetto ai processi elettorali…): quest’anno i “candidati” al Cda Rai sono soltanto 72, ovvero una quantità assai inferiore rispetto al passato, se si considera che ci sono state 236 candidature nell’anno 2018 e 194 candidature nell’anno 2021. Si tratta quindi di un terzo delle precedenti “sessioni”: come dire? Che la gran parte degli “aspiranti” abbia rinunciato, alla luce delle esperienze del passato, in occasione delle quali non v’è stata alcuna chance di essere convocati in audizione, per poter illustrare la propria “idea di Rai”…
Torneremo presto su questa vicenda, nel suo piccolo sintomatica della degenerazione della politica culturale e mediale del nostro Paese.
Clicca qui per uno schema sintetico dei dati essenziali dei 72 candidati al Consiglio di Amministrazione Rai, autocandidature pervenute entro il 20 aprile 2024 a Camera e Senato in risposta all’avviso del 21 marzo 2024 (elaborazione IsICult per Key4biz, work-in-progress)
Clicca qui per un file (in formato .pdf) che contiene tutti i curricula dei 72 candidati al Consiglio di Amministrazione Rai, autocandidature pervenute entro il 20 aprile 2024 a Camera e Senato in risposta all’avviso del 21 marzo 2024
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.