Avevo scritto ieri dell’allarme creato dalla minaccia del governo polacco di ledere il pluralismo affidando nelle mani del governo il Board della tv pubblica.
Che a Bruxelles non l’avessero presa bene, era chiaro.
Ma non pensavo che si ricorresse all’arma nucleare dell’art. 7 TUE il quale prevede che in caso di grave pregiudizio ai valori dello Stato di diritto da parte di uno Stato membro l’Unione può giungere a sospendere i diritti di voto dello stesso, mettendolo alla gogna pubblica e con una durezza che non ha confronti nelle altre parti del Trattato.
E’ un segnale importante e per la verità piuttosto inaspettato.
Nel bel mezzo della crisi che attraversa l’Unione la circostanza che essa sia disposta a giungere a tanto dimostra che profughi e Schengen non dispensano dal rispetto delle tavole della legge.
Ed è ovviamente una buona notizia.
Il governo polacco si è spaventato e pour cause.
Seguirà un dialogo e una raccomandazione e non ci sarà bisogno con ogni probabilità di accendere la miccia.
Un precedente è quello dell’Ungheria che ha fatto parziale marcia indietro dietro la minaccia paventata di questa procedura.
E’ anche un avvertimento molto pesante a quei paesi che, complice l’attuale disagio dell’Unione, pensano di potere approfittare di distrazioni o di compiacenza.
Resta il fatto che la questione del pluralismo entra ora – e in che modo! – nell’agenda europea legislativa e c’è da scommettere che non finirà qui.
Armonizzare sembra indispensabile, a regime.
Non si può immaginare di affidare all’art. 7, come ho detto “l’arma nucleare”, il solo presidio del pluralismo. Ed è piuttosto curioso che ci si preoccupi nella legislazione della indipendenza delle autorità di vigilanza quando queste sono chiamate a sorvegliare le propaggini del governo.
Per il momento, bisogna complimentarsi con le istituzioni europee per il coraggio e la prontezza di riflessi.
Chi invece pensava che esistessero zone d’ombra di cui preoccuparsi dovrebbe cominciare a preoccuparsi.