Digital divide

Causeries. Non basta la fibra per colmare il broadband gap

di Stefano Mannoni |

Il dibattito per colmare il broadband gap è più che mai vivo. Per superare il divario digitale, una risposta immediata sembra il Wi-Fi civico.

#Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze.
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Il dibattito sulle cause del broadband gap e sulle modalità per rimediarvi è più che mai vivo, percorrendo tutti i continenti con una intensità pari alla posta in gioco. Pertanto  non può che essere accolta con grande interesse la ricerca pubblicata da Raul L. Katz e Taylor A. Berry dedicata proprio a Driving Demand for Broadband Networks and Services (Springer, 2014).

Conclusioni?

Molta enfasi viene posta dagli autori nell’ordine sui seguenti fattori:

1) Acculturazione digitale. La ricerca attesta con grande precisione il legame strettissimo tra scolarizzazione e accesso alla banda larga. La Corea del Sud, una delle icone della penetrazione della banda larga, esibisce un livello di scolarizzazione superiore a quello del Giappone e, di gran lunga, superiore a quello degli Stati Uniti. La morale? Non basta la disponibilità di fibra per fare il miracolo. Dall’altra parte del  mondo, in Costa Rica, l’uso della banda larga raddoppia quando il capo famiglia ha completato la scuola superiore (stessa constatazione per Cile e Porto Rico).

2) Anagrafe. Come ha mostrato una ricerca inglese, gli utenti con più di 65 usano poco internet. Il gap generazionale è addirittura drammatico nei paesi emergenti dove dopo i 30 anni cala significativamente l’uso di internet.

3) Mancanza di rilevanza. Il “cosa ci faccio?” con la banda larga viene prima del “quanto mi costa?”.

4) Accessibilità economica. Solo al quarto posto figura il costo che riguarda tanto gli abbonamenti quanto l’acquisto dei terminali.

Tra le risposte che suggeriscono gli autori, quella che ruota intorno alla formazione scolastica viene al primo posto. E tuttavia non mancano altri suggerimenti diretti a  incentivare l’interesse per  l’accesso ad internet.

Uno di questi suggerimenti verte sul Wi-Fi. Passando in rassegna un’ampia casistica che va dalla metropolitana di Londra, passando per Francia e Grecia, per finire con la Tailandia, il Brasile e l’India viene mostrato il contributo arrecato dalla disponibilità del Wi-Fi libero allo sviluppo dell’interesse dei cittadini per la banda larga.

Un caso interessante è quello di Hong Kong, una città che vanta una penetrazione altissima della banda larga e che, nondimeno, ha investito molto sulla disponibilità di Wi-Fi, raggiungendo a metà del 2012 ben 400 siti cui sono destinati a seguire altri spazi con velocità ancora maggiore.

Dato il tempo richiesto per intervenire sugli altri fattori strutturali, quella del Wi-Fi civico sembra pertanto una risposta immediata ed efficace, anche se non risolutiva, a un gap che in Italia – complici i ritardi nella scolarizzazione e la composizione anagrafica della popolazione – rischia di fare sentire ancora  a lungo i suoi effetti.

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