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Causeries. La ricerca di nuove rotte nell’ultimo libro di Nicita

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Può apparire di primo acchito un po’ singolare che un commissario in carica di un Autorità indipendente, espliciti in un libro (il titolo è #questianni) opinioni, proposte, indirizzi e molti interrogativi. Il punto è che l’Agcom non è un’Autorità come le altre ed è necessario, come ai marinai che navigano in mare aperto, verificare di tanto in tanto la correttezza della rotta.

Perciò che un Commissario eletto dal Parlamento abbia preso il sestante e asseverato la traccia è cosa buona e giusta.

Nel merito, il libro zampilla di domande e suggestioni. Mi limiterò pertanto a soffermarmi su quelle che hanno maggiormente richiamato il mio interesse.

  1. Agire sulla domanda e non solo sulla offerta circa lo sviluppo delle reti ultralarghe. Sacrosanto. E’ inutile offrire grandi capacità se poi i beneficiari non sanno che farsene. E da questo punto di vista è inevitabile – senza ipocriti strilli di scandalo – un certo coordinamento con il governo che proprio sulla domanda deve agire.
  2. Giusto il modello di convivenza in parallelo di poteri regolatori e antitrust. Concordo pienamente, anche se a differenza di Antonio Nicita, starei attento a non cedere troppo visto che tra i due partner il più debole e attaccabile è il regolatore.
  3. Niente rottamazione del servizio universale. Concordo ancora. Il servizio universale è pienamente compatibile con un sistema di mercato in cui i protagonisti sono lo scambio e le imprese, se si vuole salvaguardare un minimo di attenzione al profilo sociale della rete.
  4. Spingere sulla tutela dei consumatori che non devono essere abbandonati a se stessi. Condivido pienamente anche se provo un certo principio di orticaria ove questo discorso, schiettamente regolatorio, si sovrapponesse a quello, tutto politico, della carta dei diritti di internet alla quale credo molto meno, trovandola, a differenza i Nicita, un documento ambiguo e in larga misura inutile.
  5. Nicita ricorda che la questione non è per nulla archiviata e sottolinea molto opportunatamente che corre una bella differenza tra pluralismo e cacofonia di voci. Pluralismo presuppone uno sforzo collettivo di confronto, anche a prezzo di modificare le proprie posizioni. Non è un fenomeno meccanico di aumento del rumore, ma qualitativo.
  6. Come dargli torto dopo l’enorme asta indetta nei giorni scorsi dalla FCC (Federal Communication Commission). Che piaccia o no, l’ora della televisione via etere appartiene al passato e prima ci si adegua alla nuova realtà e meglio è. Non è detto che sia necessariamente un bene – l’effetto comunità della televisione via etere era prezioso – ma nondimeno non si può pensare di mettere i bastoni fra le ruote al corso della storia. Circa Coase, sarei prudente a citarlo perché le sue idee al riguardo sono ambigue e soprattutto di scarsa utilità pratica.

Naturalmente Nicita è riservato sulla dimensione propositiva.

In questo, il suo senso dell’istituzione è impeccabile.

La sua è una riflessione intellettuale che esprime una posizione piuttosto chiara ma non forza la mano al collegio, insinuando la necessità di provvedimenti che, rientrando nella discrezionalità dell’organo collegiale, sono sottratti al potere del singolo membro.

Va anche detto che è opportuno che riprenda un po’ di respiro una certa dialettica “ideologica”, tanto più al cospetto di una Commissione piuttosto fiacca.

Quella che per una malinteso malizioso veniva degradata a scontro tra “destra” e “sinistra” era in realtà una dialettica di visioni che la stessa modalità di elezione parlamentare autorizza e che la natura della materia rende necessario posto che il pensiero unico nasconde spesso e volentieri o un vuoto di idee o compromessi inconfessabili.

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