#Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze.
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Il 2014 è stato l’anno del decennale della Legge Gasparri. Una legge che, a dispetto delle critiche da cui fu accolta, si è rivelata lungimirante. Una volta operate le correzioni necessarie imposte dal rispetto del diritto comunitario, il suo impianto ha mostrato di sapere fare fronte a una transizione multipiattaforma in modo più efficace di altre legislazioni europee.
Un punto importante di questa legge è la tutela del pluralismo che è affidata a un sofisticato procedimento di perimetrazione dei mercati rilevanti ai fini della formazione dell’opinione pubblica. Nel 2010 l’AGCOM ha per l’appunto proceduto a questa definizione, distinguendo tra mercato pay e chiaro.
A questo risultato si è pervenuti tramite una rigorosa analisi della sostituzione merceologica, appurando che per l’utente il chiaro e il criptato non sono intercambiabili e quindi rappresentano mercati distinti.
La seconda parta del procedimento è rappresentata dalla individuazione delle posizioni dominanti e dei rimedi. Una fase che attende di essere completata e che – ne sono certo – l’ AGCOM non tarderà a completare.
Bisogna infatti resistere alla tentazione di ritenere che la comparsa sulla scena di internet e dei motori di ricerca abbia archiviato il tema del pluralismo. Tantomeno è condivisibile la tesi che il diritto della concorrenza sia sufficiente di per sé a garantire il libero mercato delle idee.
Il tema del pluralismo continua a rivestire una centralità indiscutibile e dalla sua tutela dipende la credibilità del sistema normativo inaugurato nel 2004. Che sia così, lo dimostra la costante attenzione alla questione prestata dalla Commissione europea la quale non ha mai nascosto la tentazione di sottrarre agli Stati nazionali la garanzia di un diritto così fondamentale.
Ora la devoluzione a Bruxelles di questo potere sarebbe sbagliata e sproporzionata, a condizione però che gli Stati nazionali facciano la loro parte. Beninteso si può legittimamente ritenere che in quattro anni l’analisi dei mercati rilevanti delineata allora dall’AGCOM non sia più attuale.
E’ possibile certo: ma bisogna dimostrarlo con lo stesso rigore con cui a suo tempo si procedette alla distinzione tra chiaro e criptato.
Sono mutate le preferenze degli italiani?
Ho forti motivi per dubitarne.
Ma se è così appare indifferibile che questo procedimento sia chiuso una volta per tutte con l’individuazione delle posizioni dominanti e di rimedi tanto misurati e moderati quanto indispensabile.