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Causeries. Antitrust: con Trump tutto è possibile

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Il ridimensionamento dell’antitrust americano, persino sotto Obama, non ha giovato alla struttura del mercato. La Ue ne tenga conto.

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

E’ una tradizione consolidata che ogni presidente degli Stati Uniti imprima il suo sigillo sulla politica antitrust. Ciò è accaduto regolarmente fino agli anni ‘70, riservando soprese notevoli come quando, all’inizio del secolo scorso, Theodor Roosevelt, repubblicano, abbracciò und dura repressione dei monopoli i quali stavano molto a cuore al suo partito.

Più recentemente, da quando la Scuola di Chicago ha pervaso la giurisprudenza della Suprema Corte, raramente si assiste a grandi stravolgimenti tra un mandato presidenziale e l’altro.

Ma con l’avvento di Trump, tutto è possibile e, senza essere chiaroveggenti, è possibile che la già fiacca sensibilità antitrust di Obama ne esca ulteriormente indebolita. Ciò comporterebbe un divario con l’Europa ancora maggiore di quello esistente.

E quale Europa poi?

La cosa curiosa della politica della concorrenza nostrana è che viaggia su due binari paralleli. Da una parte la Commissione che ha fatto suo in buona misura l’approccio americano incentrato sulla sanzione dei comportamenti che diminuiscano il benessere del consumatore (come un aumento dei prezzi); dall’altra la Corte di giustizia che è di gran lunga più severa ritenendo che l’esclusione di un concorrente equivalga ipso facto a un vulnus della concorrenza.

Verrebbe da dire che il primo indirizzo ha cercato di adeguarsi in una certa misura alla scuola di Chicago; mentre il secondo rimane molto attento a preservare una struttura del mercato competitiva, ritenendo che i valori da tutelare siano tutti quelli iscritti nel trattato e non la sola efficienza.

Mentre il primo indirizzo guarda agli effetti, il secondo guarda alla forma del contratto o del comportamento. Dice Anne C. Witt in The More Economic Approach to EU Antitrust Law, Bloomsbury, 2016 che questa discrasia è nociva alla certezza del diritto: “Non è possibile che la Commissione dica A e la Corte dica B”.

Ma viene da chiedersi che cosa succederà se l’amministrazione Trump allenterà ulteriormente la politica antitrust americana, allorquando l’Europa persegue con giri di vite intermittenti, in questo singolare minuetto tra Commissione e Corte, una politica antitrust piuttosto vigorosa.

Tutto fa prevedere che anche questo tema entrerà a fare parte dei contenziosi diplomatici tra Washington e Bruxelles, replicando un déjà vu all’epoca della fusione Ge/Honeywell.

Se è lecito dare un consiglio, questo è quello di tenere duro. Il ridimensionamento dell’antitrust americano, persino sotto Obama, non ha giovato alla struttura del mercato, e l’Europa farebbe bene a tapparsi le orecchie di fronte a chi dice che non è compito dell’antitrust salvaguardare i concorrenti ma solo la concorrenza, intesa come consumer welfare.

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