Quel che è accaduto negli ultimi due giorni, con l’esplosione del “caso Boccia” è veramente sintomatico di come la gran parte del sistema mediale italiano si lasci trascinare da vicende oggettivamente marginali, trascurando tematiche ben più rilevanti, almeno nell’ambito della politica culturale: la vicenda della (non) consigliera del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha suscitato un’attenzione mediatica ai limiti dell’incredibile.
Assolutamente sproporzionata rispetto alle caratteristiche oggettive dell’episodio.
Quel che stupisce è che la vicenda sia stata amplificata ad arte non soltanto dalle testate giornalistiche avverse al Governo – quali possono essere considerate quotidiani come “il Fatto Quotidiano” e “la Repubblica” e “Domani” – ma anche da un quotidiano che storicamente è interprete di un approccio culturale non esattamente sinistrorso, qual è “il Foglio”: uno degli articoli odierni più acidi reca infatti la firma del sempre brillante Carmelo Caruso, con un intervento richiamato in prima intitolato “Il guaio Sangiuliano-Boccia. Perché il Caso Boccia è un guaio anche per Meloni (e tutto il Ministero)”.
È evidente che esiste una curiosa trama, ovvero una dinamica da “fuoco amico” da parte di alcuni esponenti della maggioranza che evidentemente non simpatizzano per Gennaro Sangiuliano: l’avanguardia di questa azione concertata e policentrica (abbiamo idea di chi possa essere il regista occulto, verosimilmente uno degli avversari storici del Ministro in carica, sempre attivo nell’ambito culturale… ma attendiamo conferma da alcuni riscontri che stiamo effettuando) è stata mossa da quell’agitatore politico, provocatore di professione, qual è Roberto D’Agostino e la sua testata sempre dirompente “Dagospia”…
Riassumiamo sinteticamente la vicenda: da qualche mese, si andava accompagnando al Ministro, anche in pubbliche occasioni, una gentile signora, Maria Rosaria Boccia, la quale ha annunciato qualche giorno fa che stava per essere nominata “consigliere” del titolare del Collegio Romano, in materia di “grandi eventi”; a fronte di una tempestiva smentita da parte dell’Ufficio Stampa del Ministro, la signora – sui propri profili “social” – ha reagito piccata, rivendicando il proprio ruolo, e producendo anche copia di email ministeriali nelle quali è in copia per conoscenza e talvolta citata.
Stiamo forse trattando di decisioni importanti per la politica culturale nazionale? No.
Stiamo forse trattando di assegnazione di risorse pubbliche a beneficiari di qualsivoglia tipo?! No.
Nulla di realmente rilevante. Nulla di realmente scandaloso.
Stiamo trattando di una persona, che godeva fino a pochi giorni fa della fiducia del Ministro, alla quale veniva evidentemente richiesto un qualche parere su questioni organizzative non proprio di fondamentale importanza per il Paese, ovvero – tra l’altro – aspetti squisitamente logistici per l’organizzazione della prossima edizione del “G7 Cultura”.
Non risulta che la signora in questione abbia avuto accesso ad informazioni istituzionali riservate, né che le sue attività siano state sostenute numismaticamente dal Ministero. Il Ministro Sangiuliano ha sostenuto che era sì intenzionato a nominare Boccia come sua “consigliera”, ma che ha poi cambiato idea, perché gli uffici del gabinetto hanno prospettato un qualche rischio di incompatibilità. La signora Boccia si è evidentemente molto arrabbiata, e si è sfogata sui “social”, sostenendo che l’impegno assunto dal Ministro è stato tradito e che lei molto ha fatto, in questi mesi, nella veste di (non) consigliera di Sangiuliano.
Pochi ricordano che la legge consente ad un Ministro di nominare e revocare discrezionalmente un congruo numero di consiglieri (remunerati o a titolo gratuito) e peraltro il titolare di un dicastero sarà pur libero di chiedere consiglio a chi beneficia della sua fiducia (incarico formale o meno)…
Francamente, non riteniamo che vi sia scandalo alcuno, in questa vicenda, che è stata però strumentalizzata ad arte.
Siamo anni-luce dalle vicende, scoperte e denunciate da “il Fatto Quotidiano” e da “Report” di Rai 3, che hanno riguardato altri esponenti del Governo, dal Vittorio Sgarbi Sottosegretario alla Cultura alla fin fine costretto alle dimissioni (per i suoi molteplici incarichi professionali piuttosto in conflitto di interessi con il suo ruolo istituzionale) alla Daniela Santanché Ministra del Turismo (criticata per le sue vicende di imprenditrice)…
Qui non si tratta di essere garantisti o meno, perché non vi è alcun latente rischio di reato nella piccola vicenda, ma – semmai – siamo di fronte ad una qual certa superficialità ed approssimazione, ovvero – semmai – si tratta di una questione di inopportunità ed ineleganza (soprattutto da parte della signora Boccia, riteniamo).
Come è possibile che giornalisti di punta ed anche esponenti qualificati della politica italiana approfittino di una vicenda così marginale ed insignificante per aggredire il Governo?!
A Roma, si direbbe “attaccasse ar fumo della pippa”… Il Ministro Gennaro Sangiuliano (nei cui confronti non siamo mai stati indulgenti, mantenendo lo stesso approccio critico indipendente che abbiamo assunto nel corso degli anni nei confronti dei suoi predecessori, Dario Franceschini in primis) sarà pur criticabile per tante altre questioni e su tanti altri fronti, ma non per questa vicenda piccina picciò.
Oggi su “la Repubblica” Francesco Bei invoca con gran retorica “il dovere di fare chiarezza”, evocando addirittura l’“affaire Profumo” che negli Anni Sessanta sconvolse il Regno Unito, con l’allora Ministro della Guerra accusato di aver avuto una relazione con una giovane modella… Sul “Corriere della Sera” interviene una firma alta come quella di Paolo Conti… Il Pd annuncia una interrogazione parlamentare…
C’è chi addirittura – come Italia Viva – richiede le dimissioni del Ministro! Ha dichiarato oggi Matteo Renzi: “sono amareggiato per la vicenda Sangiuliano. Il Ministro della Cultura che ha cancellato la 18App accusando i ragazzi di truffe sta coprendosi di ridicolo per la vicenda di una sua collaboratrice, più o meno ufficiale, esponendo anche la Presidente Meloni e tutto il Governo. Quello che però fa male in questa storia è l’utilizzo spregiudicato di Pompei… Non mi interessa se ci sono reati, io sono garantista: penso e credo che non ci siano reati in questa storia. Ma c’è un degrado che l’Italia della cultura, dei musei, del festival del cinema, delle librerie e dei teatri non merita. Il Ministero della Cultura deve tutelare la bellezza, non produrre degrado. Che aspetta a dimettersi Gennaro Sangiuliano? Intanto Ivan Scalfarotto e Daniela Sbrollini hanno lanciato una petizione per chiedere a Sangiuliano di liberare il ministero dalla sua mediocrità”.
Anche Elisabetta Piccolotti, dell’Alleanza Verdi Sinistra (Avs), ha invocato oggi pomeriggio le dimissioni del Ministro, definendo “grottesca” la vicenda…
In verità, da analisti mediologici, riteniamo che sia stato messo in moto – in modo abile – un classico ventilatore di fango, ma… in questa vicenda “fango” non ve ne è proprio. Un piccolo episodio ingrandito mediaticamente oltre ogni misura, strumentalizzato abilmente. Decine e decine di articoli, sulla stampa quotidiana e sul web.
Ieri sera su Rete 4, intervista da Paolo Del Debbio nel suo “4 di sera”, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito la propria fiducia nei confronti del Ministro ed ha giustamente classificato la vicenda come “gossip”.
Gossip (e di “serie B”): tale è e tale ci auguriamo venga presto riconosciuto anche da coloro che soffiano sul fuoco.
Insomma, si tratta di una tempesta mediatica senza alcun fondamento reale.
Giuseppe Conte (M5s) e Elly Schlein (Partito Democratico) sostengono la protesta delle associazioni del settore cine-audiovisivo che contestano la politica del Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni
Ed invece nessuna ricaduta mediatica (ribadiamo: incredibile ma vero, ma proprio… nessuna!), oggi, di due prese di posizione assunte ieri dai leader del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico, “a latere” delle insofferenze manifestate da molti operatori in quel del Lido di Venezia, ove continua ad essere allestiti i “red carpet” a tutto favore delle star americane, e dove si organizzano decine di convegni e convegnucci della gran parte dei quali non permane né traccia né memoria…
Di questa crescente in/sofferenza di buona parte degli operatori del settori, abbiamo scritto ieri su queste stesse colonne: vedi “Key4biz” del 2 settembre 2024, “Non solo Festival di Venezia. Tax credit: tra il 2019 ed il 2023 prodotte in Italia 1.354 opere cinematografiche, il 44% mai uscito in sala”.
Ieri la Segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha dichiarato che “in questi giorni c’è Venezia, momento in cui grazie al cinema italiano l’Italia torna al centro della scena culturale mondiale. E come sempre tanti rappresentanti delle istituzioni e del governo sono lì. A loro diciamo di ascoltare le richieste di associazioni che rappresentano un settore di 250.000 lavoratori e lavoratrici che oggi sono in difficoltà a causa delle scelte del Governo. Serve dialogo, serve confronto. Servono riforme vere che riconoscano il carattere discontinuo del loro lavoro, servono certezza e trasparenza nei meccanismi di finanziamento, servono politiche industriali che salvaguardino la produzione indipendente”. La Segretaria del Pd conclude però il suo intervento senza fare cenno alcuno (almeno esplicitamente) alle polemiche scatenatasi anche a seguito della presentazione pubblica del nuovo decreto sul tax credit a favore della produzione cine-audiovisiva nazionale, avvenuta sabato scorso 31 agosto: “è certo un tema di tutela del lavoro e di un settore industriale importante, ma è anche altro: da queste scelte passa la garanzia del pluralismo e dalla vivacità e autonomia della produzione culturale. Che sono indispensabili per una democrazia forte”.
Quasi in contemporanea, interviene – sempre sulle agenzie stampe – anche il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che ha sostenuto che, “da tempo il mondo del cinema e dell’audiovisivo sta lanciando un allarme sulla pesante crisi che attanaglia l’intero settore e sulle gravi difficoltà in cui versano oltre 250.000 lavoratori e lavoratrici. Una protesta che sta proseguendo nel corso del festival del cinema di Venezia. Siamo al loro fianco, nel chiedere al governo Meloni di non attendere oltre ed aprire un dialogo costruttivo con questi professionisti, che non possono più sopportare una situazione che li vede senza lavoro, senza un giusto sostegno al reddito e senza una vera legge che riconosca il carattere discontinuo della loro attività professionale. Continuiamo a chiedere un approccio diverso, soprattutto con riferimento ai decreti sul Tax Credit, le cui ultime riforme rischiano di penalizzare seriamente le imprese medio piccole del cinema italiano”.
Due prese di posizione nette e chiare.
Non rilanciate oggi da nessuna testata giornalistica, tutti “distratti” dall’insignificante “caso Boccia” e dal solito effimero “red carpet” veneziano…
L’attenzione dei media su queste vicende continua purtroppo ad essere limitata, anzi quasi nulla.
Prevale lo “spettacolo” sulla “politica”…
Da segnalare che dopodomani giovedì 5 settembre si terrà a Bari un sit-in di protesta, sul lungomare: il Cacao (sigla del Comparto Audiovisivo e Cinema auto-organizzato di Puglia) allestirà un finto set cinematografico (che resterà “fermo” simbolicamente), per denunciare che “la riforma taglia le piccole e medie produzioni”.
Il Cacao intende denunciare la situazione di stallo che va avanti da oltre un anno, con gravi ritardi della riforma della Legge Franceschini: “ritardi che hanno portato al quasi blocco del lavoro regionale e nazionale, causando un grosso danno erariale e il depauperamento dei risparmi dei singoli operatori del settore. La riforma Tax Credit rischia di tagliare fuori le piccole e medie produzioni, mettendo a serio rischio l’occupazione nel settore audiovisivo, soprattutto in regioni come la Puglia, dove il cinema indipendente e le produzioni locali rappresentano una parte vitale dell’economia e della cultura”.
Forse questa azione di protesta in qualche modo… “spettacolare” provocherà un po’ di attenzione da parte dei media “mainstream”?!
Federico Mollicone (Fratelli d’Italia) difende la “linea Borgonzoni” ed apprezza la riforma del Tax Credit a favore del settore cine-audiovisivo
A difesa della “linea Borgonzoni”, è intervenuto ieri, lunedì 2, sempre in quel del Lido, il Presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone (Fratelli d’Italia), il quale ha sostenuto che “il nuovo Tax Credit produzione è un’innovazione importante, che garantirà un intervento pubblico al passo coi tempi e col modello del mercato audiovisivo e cinematografico attuale, contro ogni abuso del finanziamento dello Stato e a tutela della creatività umana… Sono state rafforzate le verifiche sui costi eleggibili e introdotti obblighi di trasparenza sulla distribuzione nonché, a tutela del lavoro creativo, le produzioni dovranno dare pubblicità delle parti delle opere realizzate con l’Intelligenza Artificiale e tutti i costi delle prestazioni artistiche realizzate con Ia saranno esclusi”. Secondo l’esponente di FdI, “la prima volta dopo tanti anni, dal 2016, che si rimette mano al sistema del Tax Credit. È una rivoluzione copernicana, che premierà il merito, le opere italiane, rafforzando l’attrattività per il mercato internazionale. Smentiamo nella maniera più categorica le fake news diffuse anche dalla lettera dell’associazione degli autori rispetto al fatto che sia stata censurata la loro libertà di espressione, che non ci siano soldi e che ci sia stato un blocco produttivo, più di 100 opere infatti erano in produzione anche durante la riforma. È stata una rivoluzione che ha richiesto un lavoro complesso, che ancora non è concluso perché, come ha detto il direttore generale Nicola Borrelli, ci saranno più di 10 decreti direttoriali che accetteranno ancora i suggerimenti delle categorie”. Abbiamo già spiegato – più volte, anche su queste colonne – che sarà ardua intrapresa “correggere” attraverso dei decreti direttoriali quanto previsto da un decreto interministeriale (quello del 10 luglio scorso), trattandosi di interventi di rango diverso, ma la stessa Sottosegretaria Lucia Borgonzoni ha riconosciuto a Venezia che, se sono stati commessi errori, si cercherà in qualche modo di porvi rimedio. Come, però, non è dato sapere…
Anche il Codacons contro il decreto “Nuovo Credito d’Imposta Produzione” del 10 luglio 2024
Nessuna testata quotidiana ha nemmeno rilanciato la presa di posizione, manifestata venerdì scorso 30 agosto, dal Codacons e dall’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi, che hanno criticato il nuovo decreto interministeriale sul “Tax Credit” del 10 luglio 2024: “un provvedimento che interviene in maniera negativa e dirompente sul mercato e sulle modalità di produzione del cinema italiano, in particolare di quello indipendente, quello di media e piccola dimensione: la componente principale dell’apparato produttivo e occupazionale nel settore. Concentrando sempre di più le fonti finanziare pubbliche verso le grandi società di produzione, già destinatarie della fetta più grande della torta contributiva dello Stato (sotto la formula del Credito di Imposta), a rimetterci infatti non saranno solo le piccole imprese, ma anche gli spettatori/consumatori, costretti a un’offerta cinematografica sempre più limitata e monotona”.
Il Codacons identifica quattro “punti” su cui concentra la critica nei confronti di un provvedimento orientato di fatto contro l’indipendenza culturale del nostro cinema: (1.) la drastica riduzione dell’offerta artistica e creativa per il pubblico, con una prevalenza di produzioni “commerciali”; (2.) la violazione della concorrenza sia a livello di produzione che nella delimitazione della stessa possibilità di scelta della società di distribuzione; (3.) il controsenso di concentrare sempre di più i contributi pubblici su pochissime società privilegiate (spesso grandi gruppi stranieri o multinazionali); (4.) l’impatto del decreto a livello occupazionale.
Le due associazioni sostengono infine che “resta da chiarire la legittimità e l’opportunità di effettuare un intervento del genere attraverso lo strumento del decreto interministeriale”: per Codacons e per l’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi “il vaglio parlamentare resta imprescindibile in tutti i casi in cui si attuano interventi di questa rilevanza”.
Ricaduta mediatica di questo intervento? Zero, anche in questo caso.
Eppure è in gioco il futuro di una delle più importanti industrie culturali e creative del Paese…
Scandalizza piuttosto (ovvero dovrebbe scandalizzare!) il modo con cui i telegiornali della Rai, Tg1 (diretto da Gian Marco Chiocci dal maggio 2023) e Tg2 (diretto da Antonio Preziosi dal maggio dell’anno scorso) stanno “trattando” il Festival di Venezia, nelle loro edizioni di maggiore audience, quelle delle ore 20 e 20:30: grande spazio ed appassionata attenzione verso le star straniere (sempre con un approccio giornalistico leggero e “di costume”), a fronte di una totale assenza di promozione del cinema italiano (e di approccio minimamente critico alla forma filmica).
Torneremo presto su queste dinamiche: dovrebbe rientrare tra gli obblighi del servizio pubblico Rai la promozione della cultura nazionale. E non soltanto alimentando il cinema produttivamente attraverso Rai Cinema, sostenendo peraltro film che talvolta non riescono ad acquisire un minimo di visibilità nel mercato “theatrical”…
Va lamentato, segnalato, denunciato che l’attività di promozione del cinema italiano a cura della Rai è di fatto inesistente.
Ed è veramente curioso che sia il Tg1 sia il Tg2 abbiano invece ritenuto di dare spazio al ridicolo (non) “caso Boccia”… forse per simpatico dispetto nei confronti dell’ex collega (già alla guida del Tg2, dal 2018 fino alla nomina a Ministro della Cultura nell’ottobre del 2022)?!
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale).