#Cashless è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e Waroncash.org.
Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
Il Money2020 quest’anno ha registrato un’affluenza da record: oltre 7500 iscritti che si sono divisi in un’infinità di sessioni parallele, di keynote e annunci. Anche gli spazi erano molto ampi, tanto da occupare l’intera area congressuale dell’Hotel Aria di Las Vegas.
Forte l’attività sui social network, il solo Twitter ha collezionato oltre 20mila tweet con hashtag #money2020 che ha accompagnato un lavorio di networking reale senza sosta, forse la ragione principale per partecipare all’evento.
Non nascondo di aver fatto fatica a seguire i lavori, visitare la parte espositiva e parlare con i partecipanti: i ritmi erano davvero molto serrati, anche per gli americani molto più abituati di noi europei a quella modalità.
C’è stato a mio avviso un protagonista un po’ troppo presente in tutti i lavori: il Bitcoin (3500 menzioni su Twitter in soli 5 giorni). Evidentemente l’esigenza di tendere all’innovazione ha strumentalizzato eccessivamente il settore delle criptomonete, diventando così una specie di argomento magico per differenziarsi dall’area più mainstream che effettivamente è in un periodo di feroce competizione.
Al di là dell’attesissimo keynote dei gemelli Winklevoss che col Bitcoin cercano il riscatto dopo la fregatura Facebook, dove hanno dato al pubblico una bellissima visione delle cripto-monete senza dire assolutamente nulla e facendo innervosire non poco i più attivi su Twitter, (@MironLulic: “Feel pretty bad for the Winklevoss twins. Most of the room emptied by the end. #money2020”), penso che il contributo più rilevante sull’argomento l’abbia dato Benjamin Lawsky. Il sovrintendente del NYDFS (New York Department of Financial Services) ha annunciato che sta prendendo in considerazione la creazione di un particolare tipo di BitLicense di transizione su misura per le esigenze delle piccole imprese e start-up. In realtà l’annuncio era stato dato tre mesi prima, ma al Money2020 Lawsky ha tirato le fila dopo un trimestre di forti critiche provenienti dalla cosiddetta comunità Bitcoin.
“Una delle questioni che abbiamo ritenuto più coerenti in questi tre mesi è la preoccupazione per i costi di adeguamento alla regolamentazione da parte delle nuove imprese. Ritengo ci debba essere la possibilità per le start-up di avviare e operare secondo le regole senza essere schiacciati dagli enormi costi di conformità”, è quello che ha dichiarato Lawsky in sintesi. Detto questo però Lawsky ha reso chiara la priorità, quell acioè di ” trovare un equilibrio” tra la protezione dei consumatori e consentire all’industria bitcoin a crescere: “Non possiamo voltare le spalle al compito fondamentale di prevenire il riciclaggio di denaro – che facilita a volte indicibili crimini”.
Sul fronte delle novità devo dire che lo smartphone è assoluto protagonista di qualsiasi soluzione: come strumento principale o accessorio, non c’è soluzione che non integri il telefonino come strumento di pagamento. Mi ha stupito quindi non trovare un solo operatore telefonico o costruttore di smartphone tra gli espositori.
Molti hanno fatto riferimento al target degli unbankable o underbanker, quelli cioè che non possono aprire un conto in banca o se ce l’hanno non possono comunque farci molto. Sono un bacino molto interessante per tutte quelle soluzioni di pagamento che bypassano il mondo bancario permettendo passaggio di denaro peer-to-peer.
La verità comunque è che visione e soluzioni sono arrivate per la maggior parte dei casi da grossi gruppi o società che si potevano permettere le salatissime fee di partecipazione e che spesso non erano gli sviluppatori diretti delle soluzioni che commercializzavano. Una provocazione per l’edizione europea del Money2020 prevista per la primavera 2015 (città ancora da definire) è di non far pagare gli espositori ma di sceglierli in base a un criterio che tenga conto dell’innovazione e dello stato di realizzazione così da permettere l’incontro anche con piccole realtà ma forse più interessanti.