Più mangi, più inquini. Lo studio
Tutto quello che mangiamo e beviamo si porta dietro un lungo percorso di filiera, con relativo impatto ambientale, in termini di consumo di risorse naturali e di emissioni di gas serra.
Secondo un nuovo studio dal titolo “Global greenhouse gas emissions from animal-based foods are twice those of plant-based foods”, pubblicato su Nature Food e realizzato da un gruppo internazionale di ricercatori guidati dall’Università dell’Illinois, a cui ha partecipato anche la divisione statistica della FAO di Roma, l’inquinamento atmosferico generato dall’industria alimentare (dalla coltivazione/allevamento alla produzione, dal trasporto alla distribuzione, al consumo finale) rappresenterebbe il 35% del totale delle emissioni globali.
Da questo settore industriale così rilevante per la nostra vita e l’economia di molte nazioni derivano emissioni di gas serra molto elevate e particolarmente pericolose in termini di riscaldamento del pianeta, come il diossido di carbonio o CO2, il metano e il protossido di azoto (N2O).
La produzione, il trasporto e il consumo di cibo, a livello mondiale, sono causa di 17 miliardi di tonnellate di CO2 emesse ogni anno.
La carne e i latte inquinano il doppio dei prodotti alimentari a base vegetale
la ricerca, condotta su 171 tipologia di piante coltivate e 16 specie di animali di allevamento, in 200 Paesi di tutto il mondo, è arrivata alla conclusione che la carne e i prodotti derivati dal latte animale sono all’origine del 57% delle emissioni dell’industria alimentare nel suo insieme (32% CO2, 20% metano, 6% protossido di azoto), mentre i prodotti alimentari a base vegetale il 29% (19% CO2, 6% metano, 4% protossido di azoto).
I Paesi più inquinanti per il consumo di carne e derivati dal latte sono Cina, Brasile, Stati Uniti e India, mentre quelli con il maggior impatto ambientale per le coltivazioni di origine vegetale sono Cina, India e indonesia.
Ad inquinare di più è la carne bovina, con il 25% delle emissioni alimentari, mentre nelle coltivazioni è il riso il peggiore inquinante, con il 12% delle emissioni.
L’Asia da sola rappresenta una quota di quasi il 25% delle emissioni di gas serra dell’industria alimentare di tutto il mondo.
Uno studio che al di là dei numeri, di per sé inquietanti, ci deve far riflettere sul modo in cui ognuno di noi può o meno incidere sulla salute del pianeta.
Produrre cibo, che sia animale o vegetale, ha sempre una sua impronta ambientale, più o meno profonda.
L’impronta ambientale alimentare individuale e la bomba da disinnescare
Coltivare piante per consumo umano o animale, allevare animali per la nostra tavola, sono solo una parte dell’ingranaggio industriale che si muove ogni minuto per farci mangiare quotidianamente, dal supermercato alla casa, dal ristorante al bar, dall’albergo alla mensa, ovunque si vendano prodotti alimentari.
I ricercatori hanno inoltre annunciato che presto riusciranno a sviluppare un sistema attendibile per calcolare quanto ognuno di noi sia responsabile dell’inquinamento legato al cibo, arrivando a calcolare la nostra impronta ambientale alimentare individuale.
L’aumento della popolazione mondiale, la pressione demografica che sta crescendo in Asia, Africa e Sud America, gli interessi delle multinazionali dell’industria alimentare, sono tutte componenti di una bomba pronta ad esplodere.
L’incremento rapido del numero di consumatori globali di carne e latticini comporta la ricerca di sempre nuovi terreni per allevare animali e per coltivare il loro mangime, causando un’ulteriore impennata di CO2 e metano, nuova deforestazione e incendi su larga scala, con ovvie ripercussioni disastrose sugli ecosistemi e sul già avanzato processo di surriscaldamento globale.
Nostro compito è disinnescare questa bomba al più presto, informandoci e facendo scelte etiche consapevoli, spingendo ogni singolo Governo a fare qualcosa per il contrasto ai cambiamenti climatici e per raggiungere il prima possibile l’ambizioso obiettivo delle zero emissioni, per il nostro bene e per quello del pianeta.