Il capacity market o mercato della capacità è un modello di mercato elettrico su cui sono attivate tutta una serie di misure destinate a garantire sicurezza del sistema e dell’approvvigionamento di energia elettrica. Caratteristica principale di questo mercato è cercare di avere risorse energetiche sufficienti per far fronte ad ogni picco di carico, in ogni parte del territorio, con l’obiettivo di evitare temibili black out o cali di tensione.
Lo scorso 6 novembre si è tenuta la prima asta del Capacity Market.
Sulla base degli esiti forniti da Terna, risultano aggiudicati circa 36,5 GW di capacità sul territorio nazionale e circa 4,4 GW su territorio estero.
Della capacità aggiudicata, 1 GW è generato da fonti rinnovabili non programmabili (eolico, fotovoltaico e idroelettrico).
Il costo complessivo dell’asta, che sarà regolato durante l’annualità 2022, è stato di circa 1,3 miliardi di euro, circa 450 milioni in meno rispetto alle stime iniziali.
Il beneficio economico netto atteso per il sistema con il Capacity Market, però, sempre da fonti del ministro dello Sviluppo economico (Mise), è stimabile in circa 2 miliardi di euro/anno.
Un sistema di remunerazione di impianti e risorse, secondo valutazioni ministeriali, in grado di assicurare l’adeguatezza del sistema elettrico nel medio-lungo periodo e accelerare la transizione energetica verso la decarbonizzazione: “La realizzazione di nuova capacità contrattualizzata in esito all’asta, permetterà di avviare il percorso di decarbonizzazione del parco di generazione e di consentire la dismissione degli impianti a maggiori emissioni inquinanti”.
Tecnicamente, tale modello di mercato elettrico è aperto allo stesso modo a fonti fossili e a fonti rinnovabili. Ogni azienda proprietaria di un impianto mette a disposizione una certa capacità produttiva sul medio termine e lo fa partecipando a più aste.
Il capacity market funziona su un sistema di aste a cui gli impianti partecipano aggiudicandosi contratti su capacità produttiva. A fronte di ogni MW di potenza impegnata ci sarà un guadagno.
Stando a quanto scritto nel decreto firmato il 28 giugno scorso dal ministro dello Sviluppo economico, anche se le rinnovabili possono e devono contribuire in maniera crescente alla copertura del fabbisogno energetico, “la non programmabilità e soprattutto la non disponibilità con continuità della risorsa naturale, come ad esempio l’irradiazione solare nelle ore serali, è tuttora un limite importante”.
Che vuol dire, saranno gli impianti di “generazione programmabile”, come le centrali termoelettriche, a svolgere un ruolo prevalente nella copertura dei consumi.
Il problema, infatti, secondo molte associazioni, di consumatori e ambientaliste, tra cui Assoutenti, Casa del Consumatore, Greenpeace, Italia Solare, Legambiente e WWF, è che il modello attuale di capacity market premia solo o quasi le centrali termoelettriche, andando anche contro i limiti di emissione di CO2, previsti dal Clean Energy Package della Commissione europea, inseriti nel meccanismo italiano per la remunerazione delle capacità.
Solo chi rispetta tali limiti può partecipare alle aste, ma le centrali termoelettriche sono alimentate da o anche da fonti fossili e questo non potrà che portare ad un aumento delle emissioni di CO2 sul medio termine.
Il prossimo 28 novembre potrà essere contrattualizzata ulteriore nuova capacità del mercato con l’asta per il 2023, con l’obiettivo di aumentare il più possibile la possibilità di copertura dei fabbisogni energetici nazionali. Il problema rimane sempre la fonte. Nostro obiettivo dovrebbe essere sempre ridurre le emissioni climalteranti e procedere speditamente sulla strada dell’abbandono delle fonti fossili.