Prosegue concitato il confronto sul canone Rai. Oggi dovrebbe esserci, dopo il rinvio di ieri, il via libera della Commissione Bilancio del Senato mentre domani il testo dovrebbe approdare in Aula ed è possibile che entro sabato si arrivi al voto di fiducia.
L’opposizione non molla e ha già chiesto ieri una sospensione dei lavori per ridefinire la strategia.
Il tutto mentre i sindacati Rai protestano per la destinazione delle maggiori entrate alla riduzione delle tasse.
La norma della Legge di Stabilità che introduce il canone in bolletta elettrica e ne prevede la riduzione a 100 euro dai precedenti 113 è in via di definizione.
Riguardo alla tempistica oggi il Ceo di Enel, Francesco Starace, ha commentato: “Di solito servono due o tre mesi perché una nuova voce possa essere inserita in bolletta, perché la fatturazione ha un arco di 60 giorni”.
“Non è nulla di impossibile“, ha aggiunto, precisando: “Dobbiamo solo implementarlo appena il Ministero deciderà come”.
Intanto sono tre sono gli aspetti che stanno facendo discutere e sui quali sono previste delle novità.
Dieci rate, ma come?
Uno è sicuramente quello trattato nell’emendamento presentato dalle relatrici Magda Zanoni (Pd) e Federica Chiavaroli (Ap) che prevede di diluire il pagamento in dieci rate “con scaglionamento da gennaio a ottobre” o forse cinque tenendo conto che le bollette elettriche sono bimestrali.
Al momento però l’emendamento chiede che venga pagato “in 10 rate mensili, addebitate sulle fatture emesse dall’impresa elettrica aventi scadenza del pagamento immediatamente successiva alla scadenza delle rate”.
Per via dei tempi tecnici di adeguamento dei sistemi di fatturazione per il nuovo anno, il primo versamento delle rate scadute avverrà “cumulativamente” nella prima fattura successiva al primo luglio 2016.
Anche questi sono aspetti che devono essere affinati.
Il maggiore gettito alle tv locali
A far discutere è ancora la misura che prevede di destinare i maggiori introiti del canone al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Ma sono stati presentati diversi emendamenti che chiedono l’istituzione presso il Ministero dello Sviluppo economico di un Fondo di sostegno economico dell’emittenza radiotv locale per il servizio svolto in ambito territoriale a cui andrebbe il 10% delle risorse derivanti dal pagamento del canone di abbonamento televisivo. Il 30% andrebbe alle emittenti radiofoniche locali i cui ricavi da pubblicità non superano 500 mila euro.
Ma c’è anche chi vorrebbe che i proventi del canone di abbonamento alla televisione per uso privato fossero versati per il 90% alle regioni e ripartiti poi tra le emittenti locali su base di un regolamento MiSE.
La protesta
Usigrai ha già preso posizione, facendo sapere di non condividere che un’imposta di scopo, qual è appunto il canone Rai, possa andare alla riduzione delle tasse.
I sindacati di lavoratori, giornalisti e dirigenti della tv pubblica hanno scritto al Governo per lanciare l’allarme, denunciando la “grave incongruenza” della norma secondo la quale le somme recuperate dall’evasione “non sarebbero interamente destinate alla Rai” ma all’erario.
Ai sensi dell’art. 27, comma 8, della legge finanziaria per il 2000 il canone è attribuito per intero alla Rai, almeno fino al 6 maggio 2016 quando scadrà la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, ad eccezione dell’1% che spetta all’Accademia di Santa Cecilia.
La Corte costituzionale, nel ribadire la legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo, ha chiarito con la sentenza 284/2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia) alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.
Qualche dubbio ce l’hanno anche i tecnici del Servizio Bilancio di Camera e Senato che chiedono chiarimenti.
Il malumore serpeggia a Viale Mazzini che aveva già lamentato lo scorso anno il taglio di 150 milioni di euro per la spending review, misura drastica che aveva spinto l’azienda a far uscire RaiWay dall’immobilismo (fortunatamente) per quotarla in Borsa.
Un altro colpo basso da parte del governo?
Esenzioni per i pensionati con 8 mila euro di reddito
Tra gli emendamenti potrebbe passare anche quello che prevede nuove esenzioni per i pensionati che non superano il reddito familiare annuo complessivo di 8 mila euro, ovviamente introducendo le dovute condizioni.
Ad ora l’importo complessivo del canone è di 1,7 miliardi di euro l’anno.
Con le nuove disposizione l’incasso dovrebbe salire a 2,5 miliardi, essendo le famiglie residenti circa 25 milioni.
Il margine di 800 milioni previsto dovrebbe andare a ridurre la pressione fiscale.
Le maggiori entrate non sono però quantificate per ammissione della stessa Ragioneria generale di Stato e non entrano pertanto nei saldi della finanza pubblica.
Il presumibile sgravio per i pensionati incapienti non dovrebbe superare i 400 milioni ma, una volta stabilite le dovute condizioni, dovrebbe essere anche minore.