Continua a far discutere la misura prevista dalla Legge di Stabilità che destina il recupero dell’evasione del canone Rai al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Parliamo di circa 1,4 miliardi di euro che andranno nelle casse dello Stato, secondo alcuni per colmare il buco della Tasi.
Il nodo da sciogliere è uno: un’imposta di scopo, qual è appunto il canone Rai, può essere destinata all’erario?
E mentre i sindacati di lavoratori, giornalisti e dirigenti della tv pubblica scrivono al Governo per lanciare l’allarme, denunciando la “grave incongruenza” della norma secondo la quale le somme recuperate dall’evasione “non sarebbero interamente destinate alla Rai” ma all’erario, l’opposizione promette battaglia in Senato dove il provvedimento sarà discusso dal 16 al 20 novembre.
Ieri intanto le Commissioni Bilancio di Camera e Senato hanno avviato l’esame congiunto del testo.
Gli stessi tecnici del Bilancio hanno manifestato le loro perplessità sulla norma, chiedendo chiarimenti proprio per la parte che prevede di desinare il recupero dell’evasione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, quando quelle quote in realtà “sono già destinate dalla legislazione vigente a specifiche finalità”.
Ai sensi dell’art. 27, comma 8, della legge finanziaria per il 2000 il canone è, infatti, attribuito per intero alla Rai, in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ad eccezione dell’1% che spetta all’Accademia di Santa Cecilia.
La Corte costituzionale, nel ribadire la legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo, ha chiarito con la sentenza 284/2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia) alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.
Come può, quindi, il Governo destinare il recupero dell’evasione del canone all’erario?
I sindacati dei lavoratori Rai chiedono chiarezza e hanno scritto una lettera, che Key4biz ha potuto visionare, indirizzata al Premier Matteo Renzi, al presidente della Commissione di Vigilanza Roberto Fico, al Ministro dell’Economia Pier Paolo Padoan, al Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, al Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli.
La missiva porta in calce la firma di quasi tutte le sigle sindacali: SLC – CGIL Sindacato Lavoratori Comunicazione; UILCOM – UIL Unione Italiana Lavoratori della Comunicazione; UGL – Telecomunicazioni Unione Generale Lavoro – Telecomunicazioni; SNATER Sindacato Nazionale Autonomo Telecomunicazioni e Radiotelevisioni; LIBERSIND. CONF. SAL Confederazione Sindacati Autonomi Lavoratori; USIGRAI Unione Sindacale Giornalisti Rai; ADRAI Associazione Dirigenti Rai.
Significativo che tutte le sigle sindacali si siano trovate d’accordo nel dire all’unisono all’esecutivo di Renzi che destinare il recupero dell’evasione per i prossimi due anni all’erario mette in difficoltà l’azienda e così facendo “si nega l’obiettivo dichiarato dal Governo di voler aumentare il “tasso” di servizio pubblico della Rai”.
“Se questa scelta fosse confermata – hanno sottolineato – si determinerebbe una condizione di non trasparenza nei confronti dei cittadini rispetto all’effettivo contributo al servizio pubblico radiotelevisivo, assunto che il canone Rai è una tassa di scopo, il cui importo deve essere chiaramente identificato”.
Altro importante aspetto, secondo le sigle sindacali la norma sul canone lascia “intatto il tema centrale che attiene all’autonomia della Rai, visto che già nel 2014 sono stati sottratti 150 milioni di euro a bilancio di previsione già concluso, e nel 2015 sono stati sottratti altri 85 milioni di euro” (questi ultimi come conseguenza della decisione di ridurre il canone del 5%, ndr).
Secondo i sindacati, “L’incertezza dell’entità del finanziamento pubblico alla Rai pone oggettivamente l’azienda in una condizione di rischio di riduzione dell’indipendenza e di capacità progettuale editoriale ed industriale per il medio/lungo termine”.
Le single sindacali avrebbero preferito che il tema del finanziamento del servizio radiotelevisivo pubblico fosse stato definito nell’ambito di una riforma complessiva di sistema e della Rai.
Si spera che collegando il canone alla bolletta elettrica si possa risolvere il problema dell’evasione che ammonta a circa 500-700 milioni di euro l’anno, ma riconoscono la complessità della misura.
“Sappiamo bene – conclude la missiva – che l’evasione è uno dei problemi fondamentali del finanziamento del servizio pubblico, e su essa abbiamo ripetutamente chiesto di intervenire. Ci auguriamo, pertanto, che il sistema del canone in bolletta, nonostante la complessità applicativa e l’impegno di tante società fornitrici, sia efficace nel contenere se non addirittura eliminare l’evasione”.