Lo scontro sul canone Rai si è spostato su un altro aspetto che preoccupa soprattutto l’azienda di Viale Mazzini. Mentre comincia ad accettarsi l’idea che il prossimo canone sarà pagato in bolletta elettrica, ad animare adesso la discussione è il comma 8 dell’articolo 10 della Legge di Stabilità, che stabilisce che per i primi due anni i proventi vengano destinati a ridurre le tasse.
Più precisamente la norma prevede che per gli anni dal 2016 al 2018 le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone (non quantificate) sono riservate all’erario per essere destinate al fondo per la riduzione della pressione fiscale.
La battaglia si sposterà al Senato e vedremo cosa succederà.
Una misura che non è invece piaciuta a Usigrai. Il Segretario nazionale Vittorio Di Trapani, parlando con Key4biz, aveva detto: “E’ necessario trovare una soluzione all’evasione che è oggi di oltre il 27%. Leggeremo con attenzione il testo e valuteremo se garantisce quelle risorse certe e di lunga durata che chiediamo da tempo”.
E’ chiaro che la norma non assicura alla Rai quelle risorse almeno fino al 2018.
“Neanche 1 euro del recupero dell’evasione finirà nelle casse della Rai – ha infatti detto subito Usigrai – E, per di più, è confermato il taglio del 5% già deciso con la precedente Legge di Stabilità. In sostanza, si chiedono soldi ai cittadini dicendo che sono per la Rai e li si utilizzano per altro”.
Il governo spera così di destinare i soldi ad altro, ma a cosa?
Secondo il presidente della Commissione di Vigilanza, Roberto Fico, del M5S, “Serviranno a pagare l’abolizione della tassa sulla prima casa, ovvero il mancato introito della Tasi”.
“Crediamo – ha aggiunto – che se diciamo che va pagato il canone per la televisione pubblica i soldi debbano andare alla televisione pubblica, altrimenti confondiamo le acque. Ma soprattutto – ha concluso – significa mettere nella fiscalità generale il tributo che si deve alla televisione pubblica che non può essere un rubinetto che il governo chiude o apre ogni volta, perché così si mina l’indipendenza della Tv pubblica”.
Stiamo parlando di circa 500-700 milioni di euro, tale è infatti la stima del mancato introito Rai a causa dell’evasione, che arriverebbe da quel 27% che ancora non paga il canone.
Parliamo quindi nella migliore delle ipotesi di circa 1,4 miliardi in due anni, una bella somma.
In maniera più semplice l’evasione recuperata non sarà utilizzata per finanziare – come peraltro prevede la tassa di scopo – il servizio televisivo pubblico ma per abbattere la pressione fiscale.
Un modo, fanno notare all’Usigrai, che rischia di “aumentare ancora di più l’impopolarità della tasse più evasa in Europa”.
Ok dall’Antitrust ma con condizione
Arriva intanto il via libera dell’Antitrust al canone Rai in bolletta elettrica purché il costo dell’abbonamento al servizio pubblico radiotelevisivo e quello della fornitura di energia siano nettamente distinti per non creare confusione nell’utente.
Il parere dell’AGCM è stato inviato al presidente del Senato e a quello della Camera, al presidente del Consiglio e al Ministro dello Sviluppo economico.
Il Garante, però, va anche al di là e ricorda che, in vista della prossima approvazione del Contratto di servizio e della scadenza, a maggio 2016, della Concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, bisognerebbe riqualificare la mission della Rai.
Un aspetto questo che era già emerso appena il governo ha presentato il testo della riforma.
Secondo l’Antitrust, in funzione di una concorrenza effettiva nel mercato della raccolta pubblicitaria, sarebbe auspicabile “una separazione tra attività di servizio pubblico e attività commerciali della Rai attraverso forme di separazione più incisive di quella contabile”.
Per l’AGCM ci vorrebbe “una maggiore indipendenza e autonomia gestionale della Rai, anche attraverso un assetto societario e organizzativo moderno fondato su regole di funzionamento societario che consentano di garantire l’efficienza e assicurare l’effettività del finanziamento pubblico”.