Entro il 2050 la popolazione mondiale residente in città dovrebbe superare i 6,3 miliardi, cioè il 70% degli abitanti del pianeta Terra vivrà in aree urbane.
Se è vero che i cambiamenti climatici in corso potrebbero determinare un considerevole innalzamento dei livelli delle acque degli oceani e dei mari, gran parte di queste città si troverà a fare i conti con conseguenze devastanti per il semplice fatto di trovarsi sulla costa o nelle immediate vicinanze.
Secondo due recenti studi, uno della Rutgers University nel New Jesey e l’altro del Potsdam Institute for Climate Impact Research in Germania, gli oceani di tutto il mondo si alzeranno di livello, a seconda dei diversi scenari di riduzione delle emissioni di gas serra e di incremento della temperatura globale, tra 30 e 130 cm entro il 2100.
Il nuovo Rapporto pubblicato dal network Global Facility for Disaster Reduction and Recovery (Gfdrr), commissionato dalla Banca mondiale, “The Making of a Riskier Future: How Our Decisions are Shaping the Future of Disaster Risk”, ci dice che proprio nel 2050 i cambiamenti climatici potrebbero minacciare direttamente più di 1,3 miliardi di persone in ogni parte del mondo (anche in Europa e Stati Uniti), per danni economici calcolati attorno ai 158 trilioni di dollari.
Tra il 2005 ed il 2014 i danni economici dovuti a fenomeni meteorologici estremi e cambiamenti climatici hanno superato i 140 miliardi di dollari, contro i 14 miliardi di dollari del decennio 1976 – 1985. È evidente che siamo di fronte ad un trend di crescita esponenziale.
Lo studio invita Istituzioni, organizzazioni sovranazionali e enti locali ad attivare immediatamente partnership e programmi di intervento in chiave smart city, di resilienza urbana, di miglioramento dei livelli di efficienza energetica degli edifici e delle attività industriali, di ricorso crescente alle fonti energetiche rinnovabili per abbattere l’emissione di agenti inquinanti e climalteranti.
Se non facciamo subito qualcosa entro il 2070, secondo i ricercatori del Gfdrr, 136 città costiere potrebbero essere colpite dal fenomeno dell’innalzamento delle acque oceaniche con danni per oltre 1000 miliardi di dollari.
Il Rapporto ha anche stimato, considerando l’espansione confusa, inappropriata e fuori controllo delle grandi città, soprattutto in Sud America, Asia e Africa subsahariana (molte delle quali con più di 10 milioni di abitanti), quello che sarà il trend di crescita del rischio di fenomeni naturali più estremi (sempre legati ai cambiamenti climatici indotti dall’attività umana): nei prossimi 30 anni, la possibilità di mareggiate, inondazioni e allagamenti, temporanei e permanenti, crescerà del 445%.
Gli accordi firmati a Parigi, durante la COP21, hanno fissato l’obiettivo di mantenere l’incremento della temperatura media globale entro i 2°C rispetto all’era preindustriale. Per far questo,in tutto il mondo, si devono abbattere del 70% le emissioni di CO2 entro il 2050. Al di là di questo “punto di non ritorno” (i 2°C) andremmo incontro a cambiamenti climatici letteralmente apocalittici, con conseguenze devastanti per la sopravvivenza di miliardi di esseri umani. Per questi motivi, in occasione della recente Conferenza parigina sul clima, il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, ha affermato: “Bisogna agire ora, mettendo da parte gli interessi di breve termine. Siamo l’ultima generazione a poter salvare il pianeta”.