SCARICA IL SESTO RAPPORTO DI SINTESI IPCC SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Il Sesto Rapporto IPCC sui cambiamenti climatici
Siamo disallineati e in ritardo con gli le azioni e gli obiettivi stabiliti nell’accordo sul clima di Parigi del 2015, ma abbiamo un arsenale tecnologico estremamente avanzato ed efficace a nostra disposizione, come mai prima d’ora abbiamo avuto, si tratta solo di muoversi e mettere in pratica tutto ciò che sappiamo e che abbiamo imparato in questi ultimi anni.
Sono queste le indicazioni chiave del Sesto Rapporto di valutazione dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sui cambiamenti climatici (AR6), “Climate change 2023, Rapporto di sintesi”, che se da un lato ci rassicura sulle nostre dotazioni tecnologiche e scientifiche per affrontare l’impatto del clima che cambia sulla nostra esistenza e quella dell’ecosistema, dall’altro ci ricorda che siamo in ritardo, che dobbiamo osare di più, in termini di finanziamenti e capacità di incidere sull’economia, la finanza e i comportamenti collettivi, in poche parole, che non abbiamo più tempo.
Il clima cambia sempre più rapidamente, i fenomeni atmosferici diventano sempre più estremi, aumentando di frequenza ed intensità, l’ambiente inquinato e stressato si degrada velocemente, con gravi ripercussioni sulla nostra salute e quella degli altri viventi, sull’agricoltura e l’accessibilità alle risorse naturali.
Decessi aumentati di 15 volte nelle regioni più vulnerabili
“Ondate di calore più intense, precipitazioni più violente e altri fenomeni meteorologici estremi aumentano ulteriormente i rischi per la salute umana e gli ecosistemi. In ogni regione, le persone muoiono a causa di estremi di calore. L’insicurezza alimentare e idrica legata al clima è destinata ad aumentare con l’aumento del riscaldamento. Quando i rischi si combinano con altri eventi avversi, come pandemie o conflitti, diventano ancora più difficili da gestire”, si legge nel documento di sintesi.
“Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nell’ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono stati 15 volte superiori nelle regioni altamente vulnerabili“, ha dichiarato Aditi Mukherji, uno dei 93 autori del Rapporto, che è anche il capitolo conclusivo della sesta valutazione del Panel.
Per gli autori del Rapporto è fondamentale investire in energia pulita e sull’elettrificazione a basse emissioni
La chiave per affrontare tutte queste sfide, secondo il Rapporto, sta nella capacità di mettere assieme tecnologie a basso impatto ambientale, soluzioni per l’abbattimento drastico delle emissioni di gas serra (CO2, metano, vapor acqueo, protossido di azoto, ozono, alocarburi come i clorofluorocarburi), azioni per l’accesso facilitato, equo e razionale all’energia pulita (quindi ottenuta da fonti energetiche rinnovabili) e alle risorse naturali.
“L’accesso all’energia e alle tecnologie pulite migliora la salute, soprattutto di donne e bambini; l’elettrificazione a basse emissioni di carbonio, gli spostamenti a piedi e in bicicletta e i trasporti pubblici migliorano la qualità dell’aria, la salute e le opportunità di lavoro e garantiscono l’equità. I benefici economici per la salute delle persone derivanti dal solo miglioramento della qualità dell’aria sarebbero all’incirca uguali, o forse addirittura superiori, ai costi per ridurre o evitare le emissioni”, è spiegato nella traduzione del documento a cura dell’IPCC Focal Point per l’Italia.
Azzerare le emissioni di gas serra
Se vogliamo raggiungere la neutralità climatica entro il 2070 dobbiamo obbligatoriamente raggiungere il picco delle emissioni di gas serra entro il 2025 per poi dimezzarle entro il 2030. Sembra un risultato fuori dalla nostra portata, ma se riflettiamo a quanto abbiamo fatto in termini di decisioni politiche e azioni in soli due anni a seguito della guerra in Ucraina, in termini di investimenti nelle rinnovabili, di diversificazione degli approvvigionamenti, in ricerca e sviluppo di vettori energetici alternativi (come l’idrogeno) e di carburanti alternativi a basso impatto ambientale, ci dovremmo rendere conto che il cambiamento è alla nostra portata.
Gli scienziati chiedono di azzerare le emissioni di CO2 e di ridurre del 34% quelle di metano entro il 2040 per evitare gli scenari peggiori.
Tecnologie green e CCS
Dobbiamo insistere di più sull’elettrificazione, le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS), sull’efficienza energetica, sui nuovi materiali, sulle fonti rinnovabili, sui comportamenti virtuosi dei singoli e delle comunità, che consentono di ottimizzare le risorse e ridurre i consumi (e quindi le emissioni), dobbiamo decarbonizzare tutto il possibile, se vogliamo evitare un riscaldamento globale di più di 3°C entro la fine del secolo. Un obiettivo non semplice, visto che non siamo riusciti a tenere il riscaldamento globale sotto gli 1.5°C come chiesto dalla COP25 e a quanto pare non riusciremo a tenerlo sotto i 2°C entro il 2030 (se continuiamo così).
L’innalzamento del livello dei mari potrebbe essere compreso tra due e tre metri, se rimarremo al di sotto degli 1,5 gradi centigradi. Mentre arrivando a 2 gradi potrebbe arrivare fino a 6 metri. Parallelamente spariranno le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide occidentale, in modo irreversibile per parecchi millenni.
Non sarà facile, è sottolineato nel Rapporto, e infatti bisogna utilizzare più tecnologie verdi a sostegno delle altre misure di decarbonizzazione (soprattutto nelle industrie energivore), ma è necessario investire di più, circa 6 volte di più rispetto a quanto facciamo oggi in green technologies e in soluzioni CCS.
Le risorse finanziarie ci sono, ma dobbiamo avere il coraggio di tagliare drasticamente i sussidi per le fonti fossili (petrolio, gas e carbone), dirigendo le somme risparmiate tutte verso le rinnovabili, le tecnologie green e tutto ciò che facilita la transizione energetica ed ecologica.
Sostenibilità, equità e giustizia
Ma chi pagherà il costo di questa transizione a livello mondiale? I Paesi più inquinati sono anche quelli più poveri, mentre i Paesi più inquinanti sono anche quelli più ricchi. C’è necessità di intervenire, ma nel rispetto dei principi di equità e giustizia, altrimenti ogni piano di azione inevitabilmente sarà destinato al fallimento.
È indubbio, lo sanno tutto ormai, che le responsabilità di quanto accaduto fino ad ora non sono le stesse per tutti gli abitanti del pianeta. C’è chi ha consumato tutto quello che poteva, fregandosene delle conseguenze e inquinando il globo, e chi non ha mai avuto accesso alle risorse energetiche e naturali, subendo tutto questo. Oggi si chiede ai più poveri, che hanno pagato di più e in prima persona per il nostro consumo sconsiderato, di rinunciare al loro sviluppo e alla loro crescita economica, in nome della battaglia comune contro i cambiamenti climatici.
“È necessario tenere conto delle ripercussioni distributive che le politiche per il clima possono avere, sia nei singoli stati che nelle relazioni internazionali. A queste ripercussioni distributive sono particolarmente esposti i paesi in via di sviluppo e le parti più vulnerabili della cittadinanza. Tenendo conto del principio dell’equità, la mitigazione dei cambiamenti climatici, ossia la riduzione di emissioni e concentrazioni di gas serra, non può essere il frutto di scelte che guardano solo alle politiche climatiche. Al contrario, è necessario tenere in considerazione l’intero quadro più ampio e generale delineato dagli obiettivi di sviluppo sostenibile. Azioni urgenti di mitigazione possono essere implementate in modo da garantire un futuro vivibile per tutti”, ci hanno ricordato gli autori del Rapporto.
Chi abita nei Paesi più ricchi deve dare l’esempio, deve lavorare per porre rimedio al danno compiuto, aiutando i Paesi più poveri ad effettuare una transizione equa e giusta, che non lasci più indietro nessuno in questo nuovo viaggio della nostra specie, affinché non sia l’ultimo.