La crisi

Call Center: Azzola (Slc-Cgil): ‘20.000 posti a rischio per l’immobilismo del governo’

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Il sindacato attacca il governo per la crisi del settore call center e calcola 20.000 posti di lavoro a rischio nel settore

“Con la decisione di Transcom e Teleperformance di dividere le loro filiali italiane in più società, separando le commesse buone e redditizie da quelle più esposte agli effetti nefasti dell’assenza di regole negli appalti del mercato dei call center, si sta ufficializzando nei fatti l’uscita dal mercato italiano di due delle realtà più importanti nel business mondiale dei call center”. Così dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil.

“Aziende che nel mondo sono diventate “colossi” con decine di migliaia di dipendenti, decidono di arrendersi all’anarchia del mercato italiano che impedisce alle aziende strutturate e serie di operare rispettando le regole.”

“Questo è il frutto dell’immobilismo di un esecutivo che non vuole far rispettare una propria legge in materia di regolamentazione delle delocalizzazioni dei servizi di call center e di tutela dei dati sensibili dei cittadini (l’Art. 24 bis della Legge 134/12) – prosegue il sindacalista – per la quale si sono sprecati gli annunci di esponenti del Governo e le risposte alle interrogazioni parlamentari che sono state smentite sistematicamente in quanto la legge non viene rispettata da nessuna azienda.”

“Immobilismo – ricorda Azzola – derivante dalla soggezione del Governo dinanzi alle lobbies dei grandi committenti che stanno avversando in tutti i modi una normativa sui cambi d’appalto nei call center, che avvicinerebbe l’Italia al resto d’Europa per impedire cambi di appalto che hanno come unico scopo il risparmio sul costo del lavoro (norma vietata in tutti i Paesi Europei) e che permettono, grazie alle normative fortemente volute dal Governo Renzi sul lavoro, di sostituire i lavoratori esistenti con lavoratori nuovi, meno costosi perché garantiti da sgravi contributivi che peseranno sulle casse dell’Inps nei prossimi anni.”

“Decontribuzione e Job Acts sono norme che alterano gravemente la concorrenza di mercato, che creano l’effetto perverso di chiudere le aziende “vecchie” per crearne di nuove con un costo del lavoro più basso per poter vincere le gare d’appalto aggiudicate con la logica del “massimo ribasso”, con buona pace del Tar del Lazio che invalida la gara ACEA proprio a causa del ricorso a questa pratica.”

 

I dati della crisi

 

In Italia, continua il sindacato, in questo momento sta accadendo quanto segue:

  • 186 lavoratori della sede di Call and Call di Milano andranno a casa il prossimo giugno;
  • 360 lavoratori di Livorno hanno respiro sino a fine anno e poi saranno destinati al licenziamento;
  • 2000 lavoratori di Teleperformance devono scegliere fra decurtare per l’ennesima volta il proprio salario o essere abbandonati al proprio destino;
  • 10000 lavoratori di Almaviva hanno dovuto accettare un altro anno di contratti di solidarietà mentre la loro azienda continua a perdere commesse a causa delle continue richieste di ribasso;
  • 1800 lavoratori di E-care che per contribuire all’equilibrio dei conti della loro azienda devono “prestare” i propri permessi che rivedranno fra tre anni;
  • 2000 lavoratori di Infocontact che per continuare ad avere un posto di lavoro devono accettare il capestro di dimezzare le ore lavorative;
  • 700 lavoratori di Gepin Contact ai quali verrà applicata una cassa integrazione onerossissima dietro la quale non si intravede nulla se non lo spettro della disoccupazione;
  • 400 lavoratori della 4you Servizi che a breve finiranno gli ammortizzatori sociali e poi avranno davanti a loro nient’altro che il licenziamento.

“Stiamo parlando di 20000 italiane ed italiani, la generazione dei trentenni, ai quali questo Paese non ha offerto alcuna opportunità – continua Azzola – e ai quali oggi decide deliberatamente di sottrarre anche la speranza facendogli perdere l’unico lavoro che erano riusciti a trovare e con il quale si erano costruiti un futuro”. (P.A.)

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