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Nuovo CAD. Il ‘Codice’ è fatto, ma l’amministrazione digitale resta sospesa

Come abbiamo appreso da un Comunicato Stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri (n. 61 dell’11 dicembre 2017) l’ennesima modifica di quello che continuiamo inutilmente a chiamare “Codice” dell’amministrazione digitale è stata approvata in esame definitivo. Ma tutto rimane incredibilmente sospeso. E ora proviamo a spiegare perché.

Prima di tutto – come ho già riferito in passato – questo coacervo confuso di norme, troppe volte rivisto e corretto negli ultimi anni, non ha ormai (e purtroppo) più dignità giuridica di una barzelletta.

Si è molto attenti al “sentiment”, ormai, più che alla norma, in certi e rivoluzionari ambienti che guidano la trasformazione digitale in Italia. E allora mi permetto di dire che il “sentiment” che si respira nelle PA verso questo corpus giuridico è imbarazzante. E andrebbe ascoltato. Si è deciso di non farlo. Peccato.

In realtà, nonostante gli slogan sulla trasparenza, non abbiamo a disposizione neppure il testo definitivo su cui confrontarci e da leggere, quindi, con attenzione, ma dobbiamo accontentarci ancora e solo di un comunicato stampa e, in dinamica  contemporanea, di un articolato articolo di commento che – nella confusione in cui versa oggi il nostro Paese nella sua imbarazzante commistione tra pubblico e privato – non viene ospitato (come dovrebbe essere) in un contesto istituzionale, ma è pubblicato all’interno una piattaforma privata (pur se “open”) e firmato dai responsabili (e autori di fatto) di questa riforma. E in questo commento a qualcosa che dobbiamo limitarci a immaginare, invece di regalarci in trasparenza (e magari in anteprima) il testo della norma modificata, come finalmente ci si aspetterebbe, vengono invece illustrate le mirabolanti motivazioni che l’hanno generato e le rivoluzioni che ci attendono.

Provare per credere.

Mi fa piacere che in questo lungo articolo di spiegazioni si anticipino anche le critiche (excusatio non petita, accusatio manifesta, direbbero i latini) e nelle FAQ (ci son pure quelle a corredo dell’articolo!) si risponda punto per punto a quanto avevo sostenuto in passato in merito ai nodi irrisolti di questa riforma. Ringrazio per l’attenzione, ma mi par di capire, pur – lo ripeto – non conoscendo il testo definitivo, che si sia scelto, alla fine, di procedere per proprio conto.

Infine, arriviamo al nodo fondamentale. Perché tutto rimarrà sempre e comunque sospeso?

Semplice. Pur potendo condividere nella loro genericità le tante, lodevoli ragioni espresse e lo stesso spirito della Riforma (Piacentini e Scorza sono persone serie e nessuno lo mette in dubbio), mi sembra di ricordare che con il Decreto Legislativo n. 179/2016 (in vigore dal settembre del 2016) il “digital first” fosse stato sospeso, in attesa di un decreto ministeriale di aggiornamento e coordinamento delle regole tecniche, che avrebbe dovuto essere adottato entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 179/2016. Lo ricordate? L’ho definito, non molto tempo fa, un bug normativo.

È vero anche che, in modo piuttosto isolato, ho cercato di ricordare che il CAD non fosse teoricamente sospeso, ma mi sarei aspettato che uno zelante e accorto legislatore provvedesse nei termini a completare l’iter della riforma tecnica in uno stato di lacerante e irreale sospensione, invece di concentrare tutti i suoi sforzi a rattoppare per l’ennesima volta il CAD, a diffondere il verbo dello storytelling e a sviluppare piattaforme abilitanti. E delle nuove regole tecniche invece nessuna traccia!

Ora attendo comunque fiducioso queste innovative Regole Tecniche espresse “finalmente” sotto forma di “Linee Guida” che possano abrogare (o modificare o integrare) il (sospeso) DPCM 13 novembre 2014 e soprattutto possano garantire ciò che l’art. 61 del D. Lgs. 179/2016 (almeno che si sappia) ancora prevedrebbe e cioè che “con decreto del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono aggiornate e coordinate le regole tecniche previste dall’articolo 71 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.

Non so se Carnelutti o Rodotà sarebbero stati d’accordo in merito alla nuova gerarchia delle fonti confezionata in questi giorni, ma l’importante, ormai, è crederci e raccontarlo.

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