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C-Crete, nuovo materiale “zero emissioni” alternativo al cemento

Cemento, consumo e produzione in aumento

Il cemento è alla base dell’edilizia moderna. In particolare, a partire dal 1824, quando il britannico Joseph Aspdin ha brevettato il cemento Portland. Oggi la produzione di questo materiale è in continua crescita e a livello mondiale ne sono state prodotte 4,37 miliardi di tonnellate nel 2022.

Nell’ultimo “Global Cement Market Report 2022” si stima un mercato mondiale di circa 443 miliardi di dollari entro il 2027.

Come sappiamo bene ormai, per produrre qualcosa bisogna immettere nel processo altre materie prime di base e soprattutto serve tanta energia, che a sua volta sarà causa di ingenti volumi di emissioni di diossido di carbonio (CO2).

Il cemento è di base un collante, che si attiva quando si mescola all’acqua, ottenuto a patire da marne, calcari e argille passati in forno a 1.450 °C.

Il mondo chiede cemento, ma più green

Secondo quanto riportato da renewablematter.eu, produrre una tonnellata di cemento comporta l’emissione in atmosfera di una tonnellata di CO2. Se inoltre aggiungiamo sabbia e ghiaia otteniamo il calcestruzzo. Per un metro cubo di calcestruzzo servono circa 300 chilogrammi di cemento, un metro cubo di aggregati (sabbia e ghiaia) e 120 litri d’acqua.

Se pensiamo che il cemento è responsabile di una quota che va dal 5 all’8% del totale delle emissioni globali di CO2, è chiaro che l’intera industria è mobilitata per la ricerca di soluzioni che consentano di aumentare la sostenibilità ambientale di questo prodotto così importante per il settore delle costruzioni.

C-Crete, l’alternativa green al cemento tradizionale

La startup californiana C-Crete Technologies, fondata da fondata da Rouzbeh Savary, ha annunciato lo sviluppo di un collante alternativo al cemento Portland, chiamato C-Crete, che sembrerebbe risultare non solo meno impattante a livello ambientale, ma anche di pari resistenza e facilità di impiego.

Una delle caratteristiche che rendono il C-Crete un’alternativa green al cemento è che le materie prime da impiegare nel processo produttivo non sono di natura minerale (anche se la startup proprietaria non ha specificato quali siano e molte di queste sono in attesa di brevetto), mentre i sottoprodotti industriali si possono ottenere facilmente a livello locale.

Soprattutto, spiegano dall’azienda, per produrre C-Crete non serve calore, non si emette CO2 e una volta che ha raggiunto il giusto grado di indurimento esso inizia a immagazzinare CO2, un ulteriore elemento che aumenta la resistenza del prodotto nel tempo.

Un materiale che immagazzina la CO2 e con essa aumenta la sua resistenza

Quest’ultimo punto è di particolare interesse per il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, che ha finanziato con 2 milioni di dollari un progetto di ricerca e innovazione per integrare a C-Crete come ingrediente base la CO2 catturata da fonti industriali e dall’aria.

Ad oggi il C-Crete non ha trovato ancora un impiego diffuso, siamo nella fase di lancio e con il crescere dei partner aumenterà anche la sua produzione. 60 tonnellate di questo materiale sono già state utilizzate con successo nel restauro di un edificio storico di Seattle negli Stati Uniti.

C-Crete Technologies è una delle aziende più attive nel campo della scienza dei materiali, impegnata a inventare, costruire e ampliare la prossima generazione di materiali infrastrutturali con un’impronta di CO2 estremamente bassa o negativa.

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