Il prossimo 13 settembre 2016 si apre alla Camera la discussione del disegno di legge n. 1261 in materia di bullismo e cyberbullismo. Un tema scottante, che riguarda in primo luogo la tutela dei più giovani dalle insidie del branco e dalle trappole della rete. Un provvedimento molto atteso, dopo troppe tragedie, come quella di Carolina Picchio, la studentessa di 15 anni, vittima del cyberbullismo, che il 5 gennaio 2013 è finita per togliersi la vita lanciandosi dalla finestra della sua abitazione a Sant’Agabio. Ne abbiamo parlato con la senatrice Elena Ferrara, prima firmataria del disegno di legge.
Mauro Alovisio. Senatrice Ferrara, ci può illustrare il percorso e le finalità del disegno di legge?
Elena Ferrara. La morte di Carolina fu un fatto tragico, che scosse tutta la comunità e l’opinione pubblica. Un episodio che spinse Paolo Picchio ad impegnarsi per raccogliere il messaggio lasciato dalla figlia: “le parole fanno più male delle botte”. Proprio Carolina, allora 14enne, nella sua lettera d’addio il 5 gennaio 2013, auspicò che più nessuno potesse subire ciò che aveva coinvolto lei. Il web, d’altronde non ha coscienza. Dobbiamo essere noi, in quanto comunità, a costruirla assieme. Da tre anni, dunque, è partita una sfida che mi ha da subito coinvolta, anche come ex insegnante di musica di Carolina a Oleggio: non appena eletta ho portato la tematica all’attenzione della Commissione Diritti Umani. Il Presidente Luigi Manconi ha disposto, quindi, un’apposita indagine conoscitiva sul fenomeno del cyber bullismo. Dal lavoro svolto in Commissione Diritti Umani è nato un apposito disegno di legge a prevenzione e contrasto del cyberbullismo, di cui sono prima firmataria, già approvato all’unanimità in Senato. Il dl 1261, approvato all’unanimità al Senato, non è contro la Rete, ma pone le basi per costruire un nuovo principio di cittadinanza digitale. La proposta di legge, infatti, non ha carattere repressivo, bensì educativo, inclusivo e preventivo proprio come chiedono i tanti ragazzi che in questi anni ho incontrato in oltre settanta incontri nelle scuole di tutta Italia.
Mauro Alovisio. Il disegno di legge in oggetto è stato completamente stravolto nelle finalità e negli strumenti nelle modifiche di luglio, cosa ne pensa? Da chi è stato modificato il decreto e quali rischi eventuali prevede?
Elena Ferrara. Le modifiche apportate in commissione congiunta II e XII derivano dall’abbinamento con altre proposte di carattere più sanzionatorio, ma quello che non mi aspettavo è che il campo si sia ampliato anche ai maggiorenni. Questo è il primo elemento di disequilibrio in quanto tutte le misure contemplate nel testo del Senato erano il risultato di una forte responsabilizzazione da parte di istituzioni, aziende digitali e terzo settore: un patto educativo volto a formare i bambini e le bambine fin dalla prima infanzia nello sviluppo affettivo teso al rispetto per l’altro con acquisizione informatica attenta al controllo etico e consapevole dello strumento.
Mauro Alovisio. Cosa pensa della novità relativa allo stalking sul web inserita nel testo?
Elena Ferrara. L’inserimento di un’aggravante del reato di stalking sul web, con la possibilità a chiunque di ordinare la cancellazione di contenuti sgraditi e una sanzione sino a 6 anni di carcere, sono misure che possono vanificare il delicato equilibrio trovato per dare risposte ai ragazzi che si stanno facendo del male. L’intento è quello di preferire percorsi riparatori e di reinserimento per gli autori di reato, tenendo ragazze e ragazzi fuori dal penale (con procedura di ammonimento) non per buonismo, ma per poter recuperare i soggetti che sono in età evolutiva.
Mauro Alovisio. Quindi?
Elena Ferrara. Non abbiamo bisogno di reati che ci sono già (diffamazione, minacce, stalking), ma di interventi educativi per i ragazzi che sempre più precocemente (e quindi non imputabili) rimangono intrappolati nella incapacità di gestire le relazioni immateriali. I reati per i casi più gravi sono già previsti dal codice penale. Lo conferma anche la recente sentenza, accompagnata da articolate e approfondite motivazioni, emessa dal Tribunale di Novara nella seconda ed ultima udienza del processo che vede al centro la drammatica vicenda di Carolina suicida nel gennaio 2013: la condanna per atti persecutori ad un anno e quattro mesi ad uno dei giovani, l’unico maggiorenne, coinvolti nella vicenda. Per i minori, giudicati dal Tribunale dei minori di Torino, invece, la scelta di “messa alla prova” per un periodo che va dai 15 ai 27 mesi.
Mauro Alovisio. Cosa suggerisce?
Elena Ferrara. Sembra che le modifiche quindi non siano funzionali alla tutela dei minori ma vadano ad incidere su altri ambiti che da un lato sono trattati dal codice penale e dall’altro riguardano da vicino temi complessi sui diritti e i doveri in internet (Privacy, tutela dei dati personali, libertà di informazione ed espressione) rispetto ai quali proprio la Camera dei Deputati, in altri contesti, ha condotto percorsi all’avanguardia nel contesto internazionale. Certo in questa complessità l’aggravante da 1 a 6 anni sta suscitando reazioni e preoccupazioni. Io sommessamente ribadisco che la norma sul cyberbullismo persegue una logica diversa e faccio fatica a cogliere la coerenza del suo inserimento.
Mauro Alovisio. Come è possibile secondo Lei migliorare il testo e cosa possono fare le associazioni di genitori, studenti e le forze politiche per informarsi sulle modifiche? e cosa pensa dell’appello No bulli no censura e no alla censura (https://appellobullismo.wordpress.com/) promosso in queste ore dalle associazioni?
Elena Ferrara. Il disegno di legge è stato costruito sulla base della partecipazione di molti soggetti, a partire dal MIUR e dalle stesse aziende new media, ma anche di professionisti (magistrati, informatici, psicologi, psichiatri, pedagogisti), associazioni, genitori, insegnanti e i ragazzi stessi. Un carattere inclusivo e partecipato, che ha consentito di arrivare ad un testo equilibrato ed efficace, indirizzato ad una fascia specifica che è quella che maggiormente dimostra di rimanere impigliata nella rete e subire fortemente la web reputation: i minori dai 9/10 anni in su con punte particolarmente critiche nei preadolescenti. Sono proprio i soggetti di questo vasto partenariato che oggi chiedono di non snaturare la norma: ogni contributo è importante perché ci sono margini di intervento sul testo nel corso della discussione alla Camera e per alcuni aspetti è stato migliorato. L’iter poi vedrà la terza lettura in Senato.
Mauro Alovisio. Lei è un’insegnante: qual è l’impatto del suo disegno di legge per la scuola digitale? Quali azioni possono mettere in campo gli operatori scolastici?
Elena Ferrara. Pensare di controllare internet non comporta necessariamente limiti alla libertà di tutti; dobbiamo fare leva sulla scelta nelle mani dei nostri ragazzi e promuovere l’utilizzo responsabile di quello che rimane pur sempre uno strumento: reale e virtuale non sono più distanti, soprattutto nella socialità dei minori che, sempre più in tenera età, affidano agli strumenti digitali buona parte della loro identità e della loro reputazione. Nelle scuole serve personale preparato e progetti che aiutino i nostri ragazzi a costruire una salda educazione digitale. La legge definisce un quadro normativo, i singoli interventi quali un tavolo interministeriale coordinato dal Miur e un referente per ogni scuola, un codice di autoregolamentazione e progetti omogenei su tutto il territorio nazionale, come peraltro previsto dalla legge 107/15, nel frattempo intervenuta. In tutti gli incontri con gli esperti, le procure minorili, autorità garanti e rappresentanti istituzionali è sempre emersa la necessità di mettere a sistema una formazione continua a partire dalla scuola e di riorganizzare le tante attività educative in funzione dell’educazione o all’affettività, al sentimento, al rispetto delle diversità, alla cittadinanza attiva e alla legalità.
Mauro Alovisio. E’ possibile secondo lei, alla luce della sua esperienza e delle audizioni svolte alla Camera sul disegno di legge, la strada del codice di autoregolamentazione ed è possibile una collaborazione su queste tematiche da parte delle multinazionali e dei social network come Facebook?
Elena Ferrara. Nella stesura del DDL le aziende hanno dimostrato non solo grande coinvolgimento ma hanno dato fin da subito un forte supporto: un impegno che risulta fondamentale per l’attuazione del disegno di legge. Questo atteggiamento si può tradurre nel percorso di autoregolamentazione che alcune realtà hanno peraltro già avviato con sistemi di alert a disposizione dei minori che ritengono lesa la propria dignità personale. Serve però una regia condivisa, per questo motivo prevediamo un tavolo interministeriale, anche per omogeneizzare le buone prassi legate alle attività di prevenzione e sensibilizzazione che spesso si presentano a macchia di leopardo e non sempre supportate da adeguato criterio scientifico.
Mauro Alovisio. Il disegno di legge prevede investimenti o risorse per la formazione?
Elena Ferrara. Il provvedimento prevede risorse certe per la formazione del personale docente da parte della Polizia postale che già in questi anni ha seguito in modo esemplare il fenomeno entrando nelle scuole con percorsi informativi. Ma a scuola ci deve sempre essere una competenza specifica e sicuramente anche gli stessi ragazzi mediante la peer education possono fare molto per interrompere dinamiche relazionali distorte che sfociano in cyber-attacchi.
Nel ringraziare la senatrice Elena Ferrara segnaliamo che il sopra citato disegno di legge in materia di bullismo/cyberbullismo sarà oggetto di una tavola rotonda di approfondimento di esperti e legali prossimo 14 settembre 2016 alle ore 18 organizzata presso il Centro di ricerca Nexa su Internet e società del Politenico di Torino. Il seminario sarà trasmesso in streaming.
per informazioni: https://nexa.polito.it/mercoledi-89 #NoCensuraNobullismo.
*Intervista a cura di Mauro Alovisio avvocato, fellow Nexa e presidente associazione Centro Studi di informatica Giuridica di Ivrea Torino (www.csigivreatorino.it)