Non moriremo sudditi della Silicon Valley.
Stavamo appena dissertando sul potere assoluto degli OTT, e in particolare della triade A.G.A. (Apple, Google, Amazon), che dalla foresta digitale esce un nuovo samurai che molti usano da tempo, ma che è da poco all’attenzione del grande pubblico: Telegram.
Che cosa è?
Lasciamogli la parola per presentarsi (https://telegram.org/):
What can you do with Telegram?
- Connect: from most remote locations.
- Coordinate: groups of up to 200 members.
- Synchronize: your chats across all your devices.
- Send: documents of any type.
- Encrypt: personal and business secrets.
- Destruct: your messages with a timer.
- Store: your media in the cloud.
- Build: your own tools on our API.
- Enjoy: feedback from your customers.
Why switch to Telegram?
- Private: Telegram messages are heavily encrypted and can self-destruct.
- Secure: Telegram keeps your messages safe from hacker attacks.
- We Can do It!: Help make messaging safe again – spread the word about Telegram.
E’ davvero tanta roba, si potrebbe dire.
Le parole chiave di questa autopresentazione sono:
- Synchronize: è il primo reale passo verso una piena interoperabilità dei devices che prelude ad una crossmedialità delle piattaforme. E’ un’altra cosa rispetto ai giardinetti recintati di Facebook e Twitter.
- Encrypt: è la prima volta che la potenza di crittografia viene messa sul mercato per un uso privato e insondabile. Possiamo dire che è la “sindrome Snowden” che comincia a produrre i suoi effetti.
- Destruct: si rovescia il modello di privacy. Tutti i messaggi vengono cancellati all’origine, per cui non solo non possono essere richiamati, ma non lasciano tracce di metadati. Altro che protocolli per concordare il livello di privacy di Google e Facebook.
Diciamo che abbiamo dinanzi una leggerissima, quasi evanescente soluzione, che moltiplica le funzioni di Twitter, Whatsapp e Snapchat, il tutto in una serializzazione di Google+.
Meglio ancora è una suite di relazione modulabile a seconda dell’intensità e della professionalità dei temi, che da 1 a 200 permette di costruire tavoli da lavoro per confronti simultanei nella più assoluta sicurezza e riservatezza.
La logica è quella di una grande redazione che affitta i propri ambienti e la propria struttura di servizio (segreteria di redazione, documentazione, archivio, inviati e producer) ad ogni singolo, che può costituirsi in infrastruttura di produzione.
La potenza del sistema risiede da una parte nell’investimento sul sistema cloud, che appare robusto e capiente, oltre che decentrabile fino all’atomizzazione più estrema.
Il secondo valore aggiunto, il vero patrimonio di famiglia, è il sistema di decrittaggio che viene affidato all’utente, API alla mano, che può riprogrammarlo facilmente, come una cassaforte che si trova negli alberghi dove basta cambiare un numero per personalizzare l’accesso, per staccarsi dal sistema e diventare inviolabile.
Questo modello la dice lunga sull’origine e la matrice della piattaforma.
Telegram infatti appartiene ad un gruppo di intraprendenti, quanto poco noti, operatori russi che lavorano in Germania.
Ce né d’avanzo per accreditare la voce che si tratti di uno spin-off dei vecchi servizi segreti di Mosca che si mettono sul mercato.
Infatti le soluzioni che vengono presentate sembrano proprio tutte mutuate dai modelli operativi militari rilasciati dopo le opportune release.
Il dato importante è la modularità del modello: flessibile ed estremamente maneggevole.
Un open source integrale. Interessante anche il modello gestionale.
I proprietari del progetto assicurano solo l’accesso alla piattaforma e la compatibilità delle chiavi di riprogrammazione che permettono all’utente di rilevare la soluzione e personalizzarla immediatamente, rendendola (questo è ovviamente l’elemento da verificare) assolutamente inavvicinabile anche per i proprietari.
Siamo alla prima generazione del dopo big data?
O siamo alla sublimazione del cerchio di controllo totale?
E’ una bella sfida, ma comunque non siamo A.G.A. (Apple, Google, Amazon) e non è poco.