Mobilità

BreakingDigital. La ‘mediamorfosi’ dei contenuti via smartphone

di Michele Mezza, (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) - mediasenzamediatori.org |

La rete sembra incidere sempre più in profondità sulla corteccia cerebrale, modificando istinti e consuetudini su cui eravamo assestati da millenni. Basti pensare al ruolo fondamentale del pollice nella fruizione digitale.

Si potrebbe dire non a caso si definisce digitale. Sembra infatti un affare di dita: il pollice prevale sull’indice. E’ questa la constatazione sintetica degli ultimi dati che arrivano sui comportamenti in rete della popolazione mondiale.

Mi riferisco, in particolare, all’ultima ricerca pubblicata dall’ANSA sui consumi digitali degli italiani nel mese di febbraio, che leggiamo in controluce alla ricerca del gruppo americano Pew Research Center sui comportamenti degli adolescenti.

BreakingDigital, rubrica a cura di Michele Mezza (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) – mediasenzamediatori.org. Analisi e approfondimenti sul mondo dei media e del digitale, con particolare attenzione alle nuove tendenze della galassia multimediale e dei social network. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

I due studi, sovrapposti, ci danno ormai una certezza che non può lasciarci indifferenti: appunto, il pollice prevale sull’indice.

Ossia l’interattività in movimento, tramite smartphone prevale, ormai largamente, su quella residente, fatta tramite computer desktop.

E’ questo un trend destinato ad incidere, in profondità, sull’evoluzione della rete e soprattutto, nei suoi effetti ambientali, sull’eco sistema umano.

I due rilevamenti, quello su scala globale e quello riferito alla comunità italiana, coincidono nei tratti salienti, e questo ci conferma che il nostro Paese riproduce, se non prefigura, le dinamiche digitali di fondo.

Non è del resto un caso che l’ultimo esperimento di massa lanciato sulla rete, il traduttore simultaneo di Skype, veda la nostra lingua come una delle quattro prescelte, insieme a inglese, spagnolo e cinese, che si raccomandano per quantità, per tarare il sistema.

Il secondo dato, che affiora con forza, riguarda la confermata dominanza giovanile, anzi, meglio, adolescenziale nel traffico digitale.

Proprio grazie alla naturalità della connessione mobile, il 92% degli adolescenti dichiara di andare online ogni giorno – incluso il 24% di coloro che dicono di andare online “quasi costantemente“, secondo appunto il citato studio condotto da Pew Research Center.

Più della metà dei ragazzi (56%) – definito in questo rapporto come quelle età da 13 a 17 –  dichiara di andare online più volte al giorno, e il 12% segnala un uso una volta al giorno.

Solo il 6% degli adolescenti dichiara di andare online ogni settimana e il 2% andare online meno spesso.

Questa dinamica, che vediamo sostanzialmente confermata anche dalla rilevazione mensile che riporta l’ANSA per l’Italia, ci dice che ormai lo spazio che raccoglie e trasmette l’informazione e la formazione per le persone è il cellulare e che il linguaggio adottato, anche grazie alla sovrapposizione delle nuove soluzioni come Periscope, Meerkat o Streamago Social, che permettono la diretta video in mobilità, è quello audiovisivo.

Infine che il formato delle narrazioni è quello dei cortissimi, di pacchetti video che spesso non arrivano ai 90 secondi.

Una vera e propria mediamorfosi.

Non ci eravamo ancora abituati al passaggio dal dito che sfogliava le pagine del giornale a quello che cliccava sul mouse del computer, che ora dobbiamo rileggere le forme di trasmissione del sapere attraverso le modalità neologiche che guidano il pollice che solitamente clicca sullo smartphone.

Informazione e intrattenimento devono riprogrammare le proprie grammatiche comunicative alla luce di questo tornante che ci riporta ad uno dei tanti profetici aforismi di Marshall McLuhan: “Il messaggio di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo e di schemi che introduce nei rapporti umani”.

Era il 1964.

Cinquant’anni dopo lo comprendiamo anche noi.

Il passaggio da indice a pollice non è solo un cambio meccanico.

Le due dita rispondono a comportamenti psicologi e neurologici diversi e comportano una diversa relazione con il contenuto.

Da qui l’improvvisa esplosione di letteratura sulla distrazione o quella sorta di Alzheimer digitale che sembra cogliere in particolare i giovani, costantemente immersi in una calotta di micro-blogging continuo.

Paradossalmente proprio l’irrompere delle immagini, con la richiesta di una lettura meno sincopata e più estetica del messaggio, o con le applicazioni ulteriori per l’archiviazione e il loro montaggio, ci stanno richiamando ad un’attenzione meno frugale.

Si torna a guardare e non solo a vedere.

A valutare e non solo ruminare i contenuti.

E’ forse questo l’istinto che ci porta a richiedere nuove potenze espressive, che diano al nostro smartphone una più vasta capacità di declinare linguaggi, come appunto le ultime soluzioni di streaming sembrano corrispondere.

Certo è che sempre più la rete sembra incidere in profondità sulla corteccia cerebrale, modificando istinti e consuetudini su cui eravamo assestati da millenni.

Più si fa sensibile e profondo questo solco più diventa legittima e quasi disperata la domanda su chi guidi il processo evolutivo e in che direzione?

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