Il mondo che ci minaccia, paradossalmente lo conosciamo più del mondo in cui viviamo noi. Il triste Spoon River delle vittime di Parigi ci ricorda quale sia lo spaccato di umanità che sempre più caratterizza le nostre città: studenti, professionisti, scienziati, ricercatori, tecnici, artigiani, volontari, gente che assiste e supporta altri.
Rileggendo le biografie di quanti sono caduti o sono rimasti feriti dai terroristi dell’ISIS si coglie questo dato: Parigi, ma anche Londra, Roma, Madrid, Bruxelles, News York, Rio De Janeiro, e ora Shangai, Singapore, Johannesburg, Buenos Aires, Il Cairo, e gradualmente, Nairobi, Dacca, Kinshasa, siano quartieri del mondo. Meglio ancora, siano settori di un unico grande network che vive dove è necessario, e si connette con tutto il resto.
Ogni bersaglio dei lupi del califfato era un nodo della rete, era un data base, una memoria, un blog, un navigatore, che viveva scambiando informazioni. E alcuni sono morti continuando produrre informazioni.
Molti sono sfuggiti alla tragedia propria grazie a quelle informazioni.
La rete è diventata un’unica città. E l’occidente è diventato quella parte del mondo in cui si vive comunicando. Questa è la lezione di Parigi. Ed è il vero motivo per cui il Califfato non vincerà: questo mondo non è afferrabile né è sopprimibile. Paradossalmente si è verificato a nostra insaputa una singolare inversione di natura socio militare: i nani sono diventati eserciti, i giganti si sono fatti network.
Il tradizionale gioco della guerriglia che vuole le forze di resistenza inafferrabili e mobili per la loro indifferenza al territorio, mentre le truppe regolari diventano vulnerabili proprio per il loro radicamento territoriale non vale più.
Si avvera, quasi a nostra insaputa, il famoso teorema di John Arguilla, il consigliere strategico di Obama, che già nel 2007 spiegava come Israele non riuscisse a sconfiggere gli Hezbollah perché per la prima volta si trovava di fronte un avversario mobile e svincolato dalla terra in cui viveva, e sintetizzava la sua analisi con la regola: per battere un network bisogna farsi network.
L’occidente si è fatto network. Non come scelta strategica ma come naturale evoluzione dell’economia del sapere: si vive in condizione nomade, si prospera con il proprio bagaglio di sapere, si cresce sulla base di relazioni virtuali, si vince per la capacita di condividere e non più di accaparrare i benefici.
Una visione troppo rosea smentita dalla lacrime di Parigi: chiediamola ai molti islamici sorpresi dagli assassini del califfato davanti ai bar e ai ristoranti parigini, nei teatri o allo stadio.
Insieme a loro inglesi, spagnoli, italiani, belgi, americani. Tutti giovani che si riconoscono cittadini di quel mondo. E soprattutto identificati da quelle relazioni basate su quella rete.
Ora qualcosa accadrà: la rete sarà ufficialmente campo di battaglia e verrà militarizzata. Sarebbe un errore chiuderne la sua eccentricità fatta di intraprendenza individuale e di libertà di uso.
Certo che i terroristi non devono avere vantaggi. Ma questa guerra si vince davanti a quei bar: se quel popolo del sapere non si sente tutto dalla parte giusta diventa inutile imporgli una divisa. Il califfo teme quei “perversi” più dei generali.