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BreakingDigital. Fenomeno Pokèmon: incubatori della realtà aumentata

Michele Mezza

Michele Mezza

Non a caso Roland Barthes constatava che la fotografia era stata inventata dai chimici e non dai pittori: la soluzione tecnologica modifica e interferisce con l’ispirazione artistica. Lo stiamo vedendo in questi giorni con l’irrompere della realtà aumentata nelle nostre inquadrature con la video camera dei nostri telefonini. Uno shock.

Perfino L’Arabia Saudita si è mossa, lanciando una fatwa contro di loro. Ma PikaChu e Mew Two non sembrano turbati. I Pokèmon stanno dilagando a tutte le latitudini.

Solo a Roma, l’evento organizzato con loro da Repubblica ha prodotto più di un milione di visualizzazioni, due milioni e 250 mila persone raggiunte. L’altro giorno la città eterna si è scossa, uscendo dalla tradizionale apatia, e si è esaltata: da Piazza del Popolo a Villa Pamphili migliaia e migliaia di persone di ogni età, telefonino alla mano, erano alla caccia degli enigmatici pupazzetti che fanno capolino negli scorci capitolini.

L’ondata viene da lontano, e sembra andare molto lontano, collegando Seoul a New York.

L’ennesimo fenomeno di febbrile frenesia collettiva? Forse. Certo che qualcosa di ben più rilevante sembra covare fra i file a 3D che inondano la rete.

In pochi giorni si è consumata la parabola delle immagini a 2D, che dal 1837 con Louis Jacques Mandé Daguerre iniziava la sua trionfale cavalcato nell’immaginario dell’umanità. L’effetto luce che si fissa su carta, già vagheggiato da Aristotele, che riformulò la relazione on gli oggetti e le emozioni, diventate improvvisamente documentabili, si appresta a subire una nuova torsione.

I Pokèmon ci stanno accompagnando in un’altra dimensione, il 3D della realtà aumentata, che vede oggetti, reali o virtuali intromettersi negli scenari o negli zoom, modificando il nostro colpo d’occhio.

Quello che vediamo naturalmente non ci basta più. Così come quello che leggevamo linearmente non era più sufficiente ad assorbire la domanda di informazioni ed è arrivato l’ipertesto; e come l’interattività del browsing al computer ha corretto ed arricchito uno schermo televisivo troppo rigido ed unidirezionali per darci soddisfazione con la nostra ansia di divagare ed estendere quello che vedevamo.

La rete interattiva e ipertestuale a 3D è complessivamente il risultato di queste domande degli utenti. Ora imbocchiamo un nuovo tornante, con l’apparente leggerezza dei Pokèmon cominciamo a dare profondità alle immagini singole, ad ogni frame, arricchendole con dati e composizioni computazionali. I Pokèmon sono quello che la Formula Uno è per l’automobilismo, un grande laboratorio che incuba nuove soluzioni e prodotti.

Il telefonino tende ormai a diventare la nostra lampada di Aladino, che intercetta bisogni, domande, ambizioni e ci rende una capacità espressiva che viola ogni limite fisico. Ogni immagine ormai è solo un contorno, un pretesto, per combinare dati, figure, link. Siamo all’ipervideo.

Recuperando esperienze rimaste a mezz’aria, come Second Life, oggi si annuncia un nuovo linguaggio che renderà ogni inquadratura di un monumento una pagina di un’enciclopedia multimediale; ogni territorio sarà una corsa nel tempo e sarà possibile vedere cosa ci fosse in quella città o quel panorama 10, 50 200 anni prima. Ogni film sarà una sequenza di immagini che potremo rovesciare, ammirandone il back stage e le modalità produttive.

Aumenterà la potenza del video, si renderanno necessari nuovi schermi e condotti più potenti. L’informazione ritroverà un nuovo orizzonte. E Forse l’Arabia Saudita sarà stata finalmente castigata dalla vendetta multimediale di Pikachu e Mew Two. Ovviamente sarà ampia la schiera di chi dirà: il solito ebbro digitale.

Come disse nel 2000 all’annuncio che Internet sarebbe stata la madre di tutte le TV.

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