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BreakingDigital. Facce nuove in Rai: e ora targetizzazione o serendipity?

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Nei giorni scorsi si è molto discusso sulle matrici socio urbanistiche del terrorismo islamico, covato nella pancia delle nostre città. Giustamente, i più avvertiti urbanisti spiegano che più che i quartieri genericamente periferici o disagiati ad incubare fenomeni di antagonismo sociale sono le aree più omogenee, le zone dove si ritrovano ceti, figure sociali ed etnie omogenee. L’identità come gabbia è uno dei fattori di conflitto.

E’ una lezione che dovremmo rielaborare sul versante dell’offerta di comunicazione, tanto più in questo momento in cui ci troviamo ad uno snodo strategico per le due piattaforme generaliste della televisione italiana: la Rai e Mediaset.

In particolare, il servizio pubblico è nel pieno di un gorgo di riconfigurazione del suo imprinting editoriale. Il nuovo direttore generale Antonio Campo Dall’Orto sembra muoversi con speditezza nel ricambio del sangue del Cavallo di Viale Mazzini, anticipando l’innesto di nuovi dirigenti in ruoli chiave ed inediti rispetto all’elaborazione di strategie e documenti.

Proprio la mossa della nomina del nuovo direttore editoriale dell’informazione Carlo Verdelli ci fa intendere la radicalità delle scelte del nuovo capo azienda.

L’idea di un direttore che dia forma e organicità ad un processo di integrazione dei mille coriandoli delle news aziendali sblocca finalmente una situazione di arretratezza e defocalizzazione, che paralizzava l’offerta di informazione della Rai.

Si sana così il vulnus che risale almeno a 15 anni fa, quando la prima vera riorganizzazione aziendale, avviata dall’allora direttore generale Pierluigi Celli, con le 5 divisioni, ignorò l’intera area delle testate televisive e radiofoniche.

Per resistenze dell’allora ancora vitale “partito Rai” composto dal sistema politico e, come punta di lancia, dal sindacato dei giornalisti Usigrai, l’informazione rimase frantumata secondo la vecchia mappa politica della tripartizione. Una scelta che escluse i giornalisti della Rai dalla possibilità di influenzare il processo di ridisegno aziendale, lasciandoli nel limbo di un’autonomia che, prolungandosi il logoramento del sistema dei partiti, diventava progressivamente residuale.

Oggi siamo ad un tornante. La scelta di Campo Dall’Orto di intervenire sull’intero fronte dei linguaggi e dei formati digitali, raggiungendo aree sociali e figure professionali secondo modelli e costumi della propria vita social, impone un compattamento dell’offerta, dando una fisionomia progettuale unitaria per poi poter diversificare forme e distribuzioni del prodotto giornalistico.

Carlo Verdelli è indubbiamente il più attrezzato giornalista per realizzare questo progetto. Esperto di fabbricazione e di restyling di testate e gruppi editoriali in Italia e all’estero, Verdelli dispone di esperienze e competenze. Forse troppe.

Infatti, c’è da chiedersi se davvero la Rai come servizio pubblico nazionale, finanziato e sorretto da risorse di mercato e, soprattutto, di natura fiscale, possa omologarsi alla ordinaria dinamica commerciale.

In sostanza, sarebbe forse utile che in questa frenesia del ricambio delle facce, che sta sostituendo cariatidi con professionalità di sicura pertinenza con i nuovi mondi che premono, si possa combinare una riflessione di sistema, un confronto strategico sull’identità che nel nuovo mercato dell’abbondanza dei contenuti e dell’estrema targetizzazione delle piattaforme on demand debba assumere un servizio pubblico nazionale.

Il nodo riguarda proprio la targetizzazione. Un gruppo che si colloca a cavallo fra mercato e servizio deve inseguire i singoli frammenti sociali dando ad ognuno solo quello che chiede?

Ritornando alla nostra metafora urbanistica, la Rai deve essere una città costituita da quartieri omogenei culturalmente ed etnicamente o invece, soprattutto in questo frangente storico culturale, sarebbe una grande ricchezza disporre di un frullatore sociale che combini e contamini comunità ed individui, spingendoli su sentieri imprevedibili?

Ovviamente non si tratta di far rientrare dalla finestra l’idea di una TV pedagogica che per fortuna è definitivamente uscita dai nostri orizzonti. Si tratterebbe invece di riaccreditare la funzione di impresario culturale, di organizzatore di offerte sulla base di una missione civica, che metta sul mercato un prodotto che manca: un melting pot culturale segnato da una serendipity di ogni singola offerta.

Sorprendere un utente, facendolo inciampare in un format che non conosceva e dunque non poteva richiedere: un sistema che oggi potrebbe ridare vitalità alla missione nazionale di un’offerta multimediale generalista.

Sarebbe utile che il nuovo gruppo dirigente, soprattutto il principale orchestratore che è il prossimo amministratore delegato Campo dall’Orto, potesse allestire questa riflessione senza ricadere nella patetica consultazione di arti e mestieri degli orfani della Rai che assisteva o rappresentava ogni nicchia della politica nazionale.

Verdelli ha grandi capacità editoriali. A cominciare dall’umiltà di decidere di fare persino cose che non ha ancora fatto. E’ questa la vera diversità che serve in Rai.

Definizione di Serendipity: Il termine serendipità è un neologismo che indica la fortuna di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra.

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