Dopo cinque secoli sembra concludersi la stagione di Gutenberg. Dall’invenzione della stampa, con i caratteri mobili, abbiamo avuto l’idea di un pieno controllo individuale dei contenuti. Come spiegava Ivan Illich, il grande pedagogo anti moderno, l’avvento del libro, ancora prima della stampa con il tornio, rompe il monopolio imperiale del sapere, permettendo ad un numero molto più vasto di controllare le fonti del sapere, e di maneggiare le opere che ispiravano le leggi terrene, dalla Bibbia ai grandi classici di Aristotele. Si riduceva così l’area della discrezionalità e della volubilità del potere.
BreakingDigital, rubrica a cura di Michele Mezza (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) – mediasenzamediatori.org. Analisi e approfondimenti sul mondo dei media e del digitale, con particolare attenzione alle nuove tendenze della galassia multimediale e dei social network. Clicca qui per leggere tutti i contributi.Dopo cinque secoli in cui libri e giornali hanno accompagnato e cadenzato la marcia della borghesia occidentale, quell’epoca si chiude. Dopo l’accordo di Facebook con i grandi quotidiani anglosassoni, che ha avviato la liquefazione della forma giornale in un flusso eracliteo, in cui nessuno si bagna due volte nella stessa acqua, una nuova soluzione, rende ancora più friabile i contenitori del sapere: Blendle.
Si tratta di un’app che riproduce, come Spotify per la musica, un dispensatore di contenuti, nella fattispecie di notizie. Ognuno sceglie le proprie e acquista solo quelle da un numero dato di testate. Si spaginano e re-impaginano giornali, magazine e fra poco libri.
Solo tecnicalità? Ovviamente no. Non solo si disperde la bussola gerarchica e critica di un’impaginazione strategica, voluta e condivisa fra redazione e lettore, ma si sbriciola la selezione e la scelta professionale in un incessante rutilare di notizie che ci seguono o che ci piacciono. Si dissolve così ogni serendipity, ogni sorpresa, ogni informazione dell’ignoto.
Paradossalmente la sconfitta della forma giornale, prodotta dal protagonismo del lettore che vuole diventare co-produttore, conduce ad una soluzione dove il decisore dei contenuti si allontana ancora di più dell’utente finale, si direbbe. Infatti, sia nella versione Facebook, che in quella di Blendle, solo algoritmi profilanti che individuano la stretta forchetta dei gusti e delle necessità di ognuno di noi, determina la velocità e i contenuti del nastro di notizie che si compone sotto i nostri occhi. Certo noi scegliamo, indichiamo persino paghiamo, ma è come andare ad un ristorante a prezzo fisso, con menù fisso: mare o montagna? Scelto il genere, poi ci pensa l’oste.
Si apre una fase davvero misteriosa e gravida di incognite, più ancora che di opportunità. Lo dice un intemerato integrato nella rete, che constata come l’assenza di conflitto, di negoziabilità, di partecipazione organizzata alla governance non della rete ma dell’algoritmo produca mostri.