Nessuno sembra accorgersene, nessuno se ne lamenta, ma i dati del “box office” cinematografico italiano confermano l’andamento sconfortante che tante volte abbiamo segnalato su queste colonne della rubrica IsICult per il quotidiano online “Key4biz”: tanto entusiasmo, anche da parte dei media, per un film come “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, campione di incassi (ad oggi 36,4 milioni di euro) ma che semplicemente conferma il proverbio di una rondine che non fa primavera… tanto entusiasmo, poi, per la candidatura all’Oscar di “Io capitano” di Matteo Garrone, allorquando le chance reali di quest’opera sono oggettivamente modeste (come temiamo emergerà tra una settimana, ché la cerimonia di premiazione si terrà domenica prossima 10 marzo, come sempre dal Dolby Theater di Hollywood)…
Attingiamo ai dati Cinetel, ovvero la fonte primaria di misurazione dell’andamento del consumo cinematografico italiano (la società co-gestita da Anica ed Anec elabora i dati su un campione di oltre il 90 % del mercato, allorquando per acquisire il dato sull’universo ovvero sul totale degli schermi si deve attendere Siae, che però purtroppo rivela questi dati con grande ritardo)…
Dal 1° gennaio 2024 ad oggi, ovvero nei primi due mesi dell’anno 2024, i risultati sono proprio… brutti: gli incassi al “box office” sono stati nell’ordine di 102 milioni di euro, che rappresentano certamente un +26 % rispetto all’anno 2023 (ed un +119 % rispetto al 2022, ma quell’anno era ancora influenzato dal post-Covid), e questo è il “bicchiere mezzo pieno”… Il “bicchiere” si svuota assai – nella sua efficacia metaforica – se si confronta il dato del 2024 con quelli della fase pre-pandemica: siamo a -25 % rispetto all’anno 2019, a -33 % rispetto all’anno 2018.
Nei primi 2 mesi dell’anno: venduti -37 % di biglietti cinematografici rispetto al 2018
Il dato relativo ai biglietti venduti conferma questa dinamica: venduti 14,5 milioni di biglietti, che corrispondono sì al + 29 % sul 2023 (ed al +110 % sul 2022), ma anche a -30 % sul 2019 ed addirittura -37 % sul 2018.
Traduciamo in altre parole: fatti 100 gli spettatori nell’anno 2018, nell’anno 2014 sono 63, ovvero ne sono stati persi 37.
I numeri sono ancora peggiori, nel raffronto diacronico, se si focalizza l’attenzione soltanto sul mese di febbraio: dal 1° al 29 febbraio 2024… L’incasso è stato di 34,2 milioni di euro, che rappresenta un -42 % rispetto alla media 2017-2019. Gli spettatori sono stati meno di 5 milioni, corrispondenti al -47 % rispetto alla media 2017-2019.
Un’inedita elaborazione IsICult sui dati di quest’ultimo “fine settimana” (convenzionalmente inteso – nello slang “theatrical” – dal giovedì alla domenica) mostra dati assolutamente deprimenti: su 233 titoli in circolazione nelle sale cinematografiche italiane, quelli italiani sono 80, ovvero il 34 % del totale. Se si osservano i dati su incassi e spettatori, questa quota scende a livelli bassissimi: i film “made in Italy” hanno incassato soltanto il 9 % del “box office totale”, a fronte di un 11 % del totale degli spettatori.
Riduzione notevole del consumo di cinema in sala e sovrapproduzione di film “made in Italy”: gli effetti della droga del “tax credit”
Riteniamo che questo “dataset” dovrebbe stimolare una riflessione profonda sulle patologie attuali del sistema cinematografico e audiovisivo italiano: a fronte di questa riduzione notevole del consumo, si assiste ad una perdurante sovrapproduzione di titoli di opere “made in Italy” che non trovano sbocco sul mercato delle sale, e, spesso, nemmeno nei canali televisivi e nelle piattaforme.
Eppure, in questi giorni si riavvia la “grancassa” – debole ed inefficace – di quello che dovrebbe essere, assieme alla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, il principale strumento di promozione del nostro cinema: il “David di Donatello”, ovvero i premi che vengono assegnati dalla Accademia del Cinema Italiano presieduta da Piera De Tassis. Si sono infatti aperte venerdì scorso 1° marzo le votazioni della giuria per la 69ª edizione dei Premi “David di Donatello”. I circa 2.000 giurati (selezionati con criteri discrezionali imperscrutabili…) potranno esprimere le loro preferenze entro la mezzanotte di martedì 14 marzo. L’annuncio delle candidature avverrà in una conferenza stampa che si svolgerà entro i primi di aprile, mentre la cerimonia ci sarà venerdì 3 maggio a Cinecittà, con una diretta televisiva di Rai 1 che ci si augura possa evidenziare un salto di qualità rispetto alle precedenti edizioni, che non hanno certo brillato per qualità ed audience…
Queste iniziative – dal Festival ai David – non sono gli strumenti adeguati per rilanciare la fruizione di cinema nelle sale italiane: da molto tempo, andiamo denunciando – anche su queste colonne – la pochezza, la limitatezza, la inefficacia di interventi palliativi come le campagne “Cinema Revolution” e “Cinema in Festa”, che pure la Sottosegretaria delegata al Cinema e l’Audiovisivo, la leghista Lucia Borgonzoni, continua a ritenere eccezionalmente utili (e con lei in coro sia l’Anica sia – incredibilmente – l’associazione degli esercenti Anec). Sono di una qualche utilità, senza dubbio, qualche spettatore lo recuperano pure, ma sono poca cosa – veramente – rispetto a quella sferzata comunicazionale e promozionale di cui il mercato avrebbe necessità.
La soporifera trasmissione “Cinematografo” di Gigi Marzullo su Rai: in onda alle 2 di notte…
Per una promozione seria del “cinema in sala” serve una campagna multimediale innovativa e continuativa, realizzata coinvolgendo i migliori cervelli delle agenzie pubblicitarie nazionale.
Serve un budget di almeno 50 milioni di euro l’anno: le risorse possono essere tranquillamente attinte dal Fondo per il Cinema e Audiovisivo, ovvero dai suoi ben 700 milioni di euro: basta sforbiciare un po’ le eccessive risorse dedicate al “Tax Credit”.
Serve un coinvolgimento proattivo della concessionaria di servizio pubblico, allorquando Rai continua invece a dedicare al cinema italiano un’attenzione distratta e superficiale.
Stendiamo un velo di pietoso silenzio su programmi come “Cinematografo” di Gigi Marzullo su Rai1 o, più recentemente, il novello “Paradise 2024”, il “night show” di Pascal Vicedomini su Rai2… Ci limitiamo a qui di seguito riportare il comunicato stampa diramato sabato scorso 2 marzo dall’Ufficio Stampa Rai. Titolo: “Cinematografo” da Shakespeare a Margherita Hack. Le recensioni notturne di Gigi Marzullo”. Testo: “”Cinematografo”, il racconto del cinema di Rai Cultura, torna venerdì 1 marzo, alle 2.05 su Rai 1, con Gigi Marzullo e i suoi ospiti: il regista Giovanni Veronesi del film “Romeo è Giulietta”, l’attrice Gaja Masciale del film “Il vento soffia dove vuole”, il regista Giulio Base e l’attrice Sandra Ceccarelli del film tv di Rai1 “Margherita delle stelle”, l’attore Domenico Centamore della serie tv “Makari”. I critici Elisangelica Ceccarelli, Valerio Caprara e Francesco Puma, insieme ai professori Marxiano Melotti, Maria Cristina Bragaglia e Guerino Nuccio Bovalino commenteranno l’offerta cinematografica della settimana e la classifica dei film più visti. L’occhio esterno di questa settimana sarà del giornalista Ignazio Ingrao, e ampio spazio verrà riservato alle valutazioni del pubblico dei film in programmazione nelle sale”.
Si prega osservare: l’orario di messa in onda: 2.05 ovvero 2.05 a.m, leggasi alle 2 in the night… Ciò basti.
La Rai è totalmente inadempiente rispetto alla sua funzione di “servizio pubblico”, almeno per quanto riguarda la fase della “promozione”.
Senza dubbio attiva nell’ambito della “produzione”, grazie al robusto intervento di Rai Cinema (guidata da Paolo Del Brocco) ma, anche in questa fase della “filiera”, con interventi che stimolano l’estensione dello spettro espressivo, ma non certamente l’“audience development” (almeno nell’ambito “theatrical”). Anche Rai si affianca spesso al Ministero della Cultura, nel sostenere opere cinematografiche che hanno un risultato sconfortante nel mercato delle sale…
Manca ancora una visione di insieme, un approccio sistemico strategico ed organico, mancano strumenti di analisi e valutazione
Complessivamente – come andiamo scrivendo… “da secoli” anche su “Key4biz” – continua a mancare una visione di insieme, un approccio sistemico strategico ed organico, anche perché lo stesso Ministero non dispone ancora di adeguata strumentazione tecnica.
Abbiamo (ri)segnalato venerdì scorso la sostanziale inutilità – nel suo attuale assetto acritico evanescente e semiclandestino – della “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo, che doveva essere – nelle intenzioni dello stesso legislatore – proprio lo strumento per le correzioni di rotta della nuova legge sul cinema voluta dall’allora Ministro Dario Franceschini nel 2016: vedi “Key4biz” del 1° marzo 2024, “La misteriosa ‘valutazione di impatto’ sulla Legge Cinema e Audiovisivo”.
In quel nostro intervento di venerdì scorso, segnalavamo anche il caso eclatante di una discutibile allocazione delle risorse pubbliche: i quasi 10 milioni di euro che lo Stato italico ha regalato (di fatto, questo è, al di là dell’aspetto formale giuridico-tributario) al film “Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo…
Costato 29 milioni di euro (sulla carta) il Ministero è intervenuto con un terzo dell’apporto economico necessario per produrlo! Dicesi un terzo. E forse – in realtà – anche di più.
Scrivevamo: come commentare altrimenti alcuni “numeri” dell’ultimo film di Saverio Costanzo, “Finalmente l’alba”, prodotto da Wildside, Fremantle, Rai Cinema, distribuito da 01Distribution (ovvero RaiCinema ovvero Rai)?! Non entriamo qui nel merito della storia, che pure è interessante: un’aspirante giovanissima attrice negli studi di Cinecittà degli anni ’50… la ragazza vive ore memorabili che segneranno il suo passaggio all’età adulta… Qui non vogliamo affrontare questioni estetologiche, ma politiche, così intendendo la politica culturale. Secondo i dati ufficiali del Ministero, il film di Costanzo sarebbe costato l’impressionante cifra di 29 milioni di euro (non è un refuso: dicesi ventinove milioni), di cui 9 milioni di sostegno pubblico attraverso il tanto decantato (ed illusorio) “tax credit” ed un mezzo milione di euro come “contributi selettivi” per la produzione (per la precisione, 450.000 euro), per un totale di poco meno di 10 milioni di euro.
Chi vuole approfondire queste numerologie, si diletti a cercare titoli e nomi nel “Database aiuti alle opere”, messo a disposizione dalla Dgca: resterà in molti casi… senza parole.
Il film ha incassato ad oggi (anzi, a ieri domenica 3 marzo 2024) nei cinematografi italiani poco più di 390.000 euro, a fronte di un totale di 60.882 spettatori. Si segnala che il film è in programmazione da 3 settimane (ovvero dal 14 di febbraio), ed attualmente è offerto in soltanto 14 schermi (quattordici) in tutta Italia… Nel fine settimane (29.2-3.3.2024) ha registrato soltanto 7.875 euro di incassi a fronte di appena di 1.115 spettatori, e quindi verosimilmente tra pochi la tenitura verrà conclusa e la vita del film in sala sarà finita.
Carte false?! Fatture gonfiate?!? Comeavrebbe insinuato il mitico Giulio Andreotti: “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina…”. Dobbiamo forse attendere se ne interessi “Report”?
Qualcuno si domanda (anche dopo aver visto il film), delle due l’una:
- i produttori sono veramente avventurieri masochisti, perché non recupereranno mai – nel caso in ispecie – quel presunto “investimento”, al di là del flop del circuito “theatrical”, dalle vendite a televisioni e piattaforme e – peggio – dall’estero…
oppure (come avrebbe insinuato il mitico Giulio Andreotti: “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina…”)
- i preventivi sono in qualche modo gonfiati (attraverso fatturazioni di comodo), ed il Ministero non effettua adeguate verifiche (anche perché da anni ed anni la Direzione Cinema e Audiovisivo ha un organico sottodimensionato e stressato da migliaia e migliaia di pratiche burocratiche)…
E qualcun altro si domanda, quante “cose belle” si sarebbero potuto fare con quel regalo di 10 milioni di euro dello Stato…
Qualcosa non quadra, scrivevamo venerdì scorso… Un qualche lettore affezionato ci ha domandato di esprimerci sul film stesso, pur non essendo noi critici cinematografici di mestiere… E d’altronde un approccio estetologico (come ci piace dire) sta a significare altro: l’“estetologo” non è un critico, non emette giudizi di valore sull’opera d’arte, ma cerca di chiedersi perché un’opera viene giudicata in un determinato modo… ed entrano in gioco dinamiche psicologiche e sociologiche, e valutazioni di mercato anche…
Nel caso in ispecie, va dato atto a Saverio Costanzo di saper senza dubbio “fare cinema” in modo evoluto. Molte le ambiziose “citazioni” – oscillanti tra Visconti e Pasolini, passando finanche per Antonioni – ma complessivamente un’opera non riuscita, debole nella capacità di provocare pathos. Ma verosimilmente non sono queste le ragioni del modesto risultato al “box office”…
Errori nella promozione comunicazionale e nella strategia di marketing, in un mercato che sovraffollato di titoli italiani?!
Tornando al quesito che abbiamo posto retoricamente: francamente, un’analisi “nasometrica” del film provoca perplessità rispetto al costo di 29 milioni di euro di “Attendendo l’alba”. Francamente – ribadiamo – non ci sembra che questo budget… “si veda” sullo schermo, al di là del forse un po’ costoso coinvolgimento di un paio di attori statunitensi peraltro non propriamente di “serie A” (come Lily James e l’idolo adolescenziale Joe Keery ex “Stranger Things”) e di una scena (una) di ricostruzione di un set da “kolossal” sull’Antico Egitto costruito a Cinecittà…
Quest’opera recupererà forse dal mercato internazionale il costo di produzione, se è stato veramente di 29 milioni di euro ed ha fino ad oggi incassato in sala (distribuito da 01 Distribution ovvero Rai) soltanto 390mila euro?!
Lo auguriamo alla Wild Side, ricordando che essa è controllata dalla Fremantle, che è a sua volta controllata da Rtl, che è a sua volta controllata dal gruppo tedesco Bertelsmann. E ricordiamo che Fremantle è la stessa società che ha definito un rapporto assai privilegiato con Cinecittà, nell’affitto dei teatri di posa di via Tuscolana…
La domanda – che abbiamo già posto – permane: è “cosa buona e giusta” assegnare 10 milioni di euro al film di Saverio Costanzo (sia ben chiaro: esemplificativamente) o quelle risorse – e tante altre destinate al “tax credit” – potrebbero essere meglio utilizzate, sia a livello di “produzione” sia a livello di “promozione”?!
È notoriamente in gestazione il “piano di riparto” dei 700 milioni di euro della Legge Cinema e Audiovisivo per l’anno 2024.
Secondo alcune fonti, il “piano” vedrà la luce non appena verrà nominato il Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (massimo organo di consulenza del Ministero della Cultura su queste materie) la cui costituzione viene data per imminente da molte settimane. In effetti, il Consiglio Superiore si deve infatti esprimere sul “riparto”, prima che il Ministro apponga la firma sul decreto ministeriale.
Non resta da augurarsi che il nuovo “riparto” del sostegno statale al cinema e all’audiovisivo possa caratterizzarsi per la volontà e la capacità di innovare radicalmente, rispetto ad un sistema che, da anni, alimenta patologie sempre più gravi.
La tabella che proponiamo qui di seguito è… auto-eloquente (clicca sulla tabella per ingrandirla).
Volendo effettuare una ulteriore analisi, si può notare che il totale complessivo (“total box office to date”) degli incassi di tutti i film ancora in circolazione (fino a ieri 3 marzo) ovvero i 233 film in questione, è stato di 297 milioni di euro: di questi, una quota significativa, ovvero 78 milioni sono stati incassati da film italiani. Piccolo dettaglio: di questi 78 milioni, ben 37 sono stati assorbiti da 1 film soltanto, ovvero quello della Cortellesi. Ad ulteriore conferma che una rondine non fa primavera…
La nuova organizzazione della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura
Qualcosa sta certamente per cambiare, anche sul fronte funzionigrammatico: nessuno lo ha segnalato, ma il 9 febbraio 2024 è stato pubblicato il decreto a firma del Ministro Gennaro Sangiuliano (decreto n. 51 Udcm) che reca come titolo “Modifiche al decreto 28 gennaio 2020, recante “Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero della Cultura”.
Torneremo presto sul tema, ma qui ci limitiamo a segnalare che la struttura della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (Dgca) viene riformata: si passa dalla attuale triripartizione delle direzioni ad una quadriripartizione.
I “servizi” (di fatto equivalenti a direzioni) passano da 3 a 4: i nuovi 4 servizi sono:
- “Servizio I”: “Organizzazione e funzionamento – Osservatorio per lo spettacolo”
- “Servizio II”: “Cinema e Audiovisivo”
- “Servizio III”: “Incentivi fiscali”
- “Servizio IV”: “Promozione della cultura cinematografica ed audiovisiva”
Di fatto, le attività connesse alla fase “promozione” della filiera vengono elevate a servizio a sé, alleviando il carico di lavoro del vecchio “Servizio II”.
Non è un dettaglio da poco, anche perché il decreto del Ministro dovrà presto essere reso operativo con la nomina dei dirigenti, dato che attualmente (e da anni) buona parte del carico lavorativo della Direzione è assunto dallo stesso Dg Nicola Borrelli… “ad interim”.
E peraltro dovrebbero arrivare anche nuovi dirigenti, recentemente assunti al Mic a seguito di pubblico concorso.
E verosimilmente la Direzione Cinema e Audiovisivo – da anni sottodimensionata a livello di risorse professionali – riuscirà a dimostrarsi finalmente più efficiente e tempestiva nel trattamento delle migliaia e migliaia di “pratiche” che deve affrontare di anno in anno, un carico di lavoro veramente impressionante a fronte di un organico attualmente inferiore a 100 funzionari…
[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.