Ieri, in occasione delle “Giornate Professionali del Cinema” – iniziativa promossa dall’associazione degli esercenti (Anec) e dall’associazione dei produttori di cinema e audiovisivo (Anica) – la iperattiva Sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni ha annunciato una ulteriore robusta iniezione di risorse pubbliche nel sofferente settore “theatrical”: ben 250 milioni di euro.
Si è dichiarata “felice di poter condividere con voi una notizia da tempo attesa dagli operatori della filiera: con il parere positivo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, arriveranno fondi per quasi 253 milioni di euro da destinare agli investimenti nelle sale (circa 25 milioni), ai costi di funzionamento delle stesse (circa 113 milioni), ma anche a distribuzione (circa 54 milioni) e attività di attrazione di investimenti internazionali (circa 60 milioni)”.
L’annuncio è avvenuto nell’economia del convegno “Il Theatrical cuore della redditività economica dell’audiovisivo: siamo ancora in tempo?”, che certamente non ha dato una risposta netta e chiara al quesito posto.
La senatrice leghista ha ribadito il suo impegno per la rigenerazione del settore “theatrical”, sostenendo che “lavoreremo per riportare la gente al cinema e per regalare esperienze sempre più coinvolgenti al pubblico in sala. Poi ci muoveremo per definire regole più snelle, ma certe, che facciano da cornice chiara ad un’azione mirata alla piena valorizzazione e alla promozione del cinema italiano, che è sano e che sa raccontare in maniera straordinaria il nostro Paese”.
L’ottimismo della Sottosegretaria – che sembra perfettamente in linea con la visione del Presidente dell’Anica Francesco Rutelli – è condivisibile, a fronte di uno scenario che è oggettivamente disastroso?!
Se, insegna la psicologia (ed anche la politica) è sempre meglio “sorridere” piuttosto “piangere”, anche di fronte a situazioni disastrate, riteniamo che si debba sviluppare una riflessione più approfondita, con approccio più critico, ad oggi ancora deficitaria di dati ed analisi adeguate.
Il cinema italiano è così “sano” come sostiene la Sottosegretaria?!
Abbiamo già spiegato più volte – anche su queste colonne – che lo spettro espressivo della nostra produzione cinematografica è stato esteso, grazie alla notevole quantità di risorse pubbliche, ormai oltre 750 milioni di euro l’anno, come deciso nel corso degli ultimi anni dall’ex Ministro Dario Franceschini (in argomento, è da lamentare che il parlamentare “dem” non abbia deciso di far parte della Commissione Cultura della Camera, nella quale avrebbe certamente stimolato dibattiti appassionati).
Abbiamo anche segnalato (anzi: denunciato) come la gran parte dei titoli di opere cinematografiche destinate – almeno sulla carta (ovvero sulla base delle procedure ministeriali) – alla prioritaria distribuzione “theatrical” non esce nemmeno 1 giorno uno nei cinematografi. E, spesso, non viene acquistata dalle emittenti televisive né dalle piattaforme. Si tratta di una produzione di centinaia di titoli ogni anno, che resta sommersa ovvero invisibile…
È “sano” questo sistema?!
Riteniamo che – ottimismo della volontà a parte – non possa essere ritenuto sano.
Tornando all’annuncio di ieri a Salerno, il Direttore Generale Nicola Borrelli ha confermato che la piattaforma del Ministero della Cultura (Mic) per presentare le domande di contributo, rispetto ai fondi annunciati dalla Sottosegretaria, è già pronta: dunque, “non appena si avrà la firma dalla Corte dei Conti, si potrà procedere… realisticamente la procedura di approvazione e attivazione del portale dovrebbe realizzarsi entro la fine dell’anno”.
La Sottosegretaria ha annunciato anche una nuova campagna di promozione: finalmente moderna e di ampio respiro, ben strutturata tecnicamente, e dotata di risorse budgetarie adeguate?!
Non ha precisato il budget, ma ha sostenuto che la campagna deve raccontare la magia del cinema e della sala, per “ricordare a tutti soprattutto ai giovani, che il cinema è figo… con la pandemia e l’accanimento di misure restrittive a questi luoghi, le sale sono state percepite come spazi non sicuri e il pubblico si è allontanato. Dobbiamo costruire una comunicazione positiva sul cinema. Poi dobbiamo rendere più chiare le regole sugli sfruttamenti, lavorare sui giovani e le scuole. Ma soprattutto dobbiamo difendere le sale, che sono presidi culturali e sociali”.
Nell’economia del convegno, Luigi Lonigro, Presidente dell’Unione Editori e Distributori dell’Anica (è anche Direttore Generale 01 Distribution controllata da Rai Cinema a sua volta controllata da Rai spa), ha osservato che “nel settore c’è un segmento, quello della produzione che va molto bene e un altro, quello dell’esercizio, che va molto male. Il box office italiano chiuderà a 45 milioni di presenze: numeri negativi. Dobbiamo tornare a una situazione dove il theatrical è ancora la colonna portante dell’industria audiovisiva. L’industria non può basarsi sul tax credit e gli aiuti statali”. Interessante tesi, e finanche ardita, allorquando quasi tutto il sistema audiovisivo italiano ruota intorno all’intervento pubblico, tra Ministero della Cultura e Rai…
Jaime Ondarza, Presidente dell’Unione Editori Media Audiovisivi dell’Anica (è anche Executive Vice Presidente di ViacomCbs), in rappresentanza delle piattaforme “streaming”, ha sostenuto che anche le piattaforme ritengono che il theatrical sia il cuore della redditività economica dell’audiovisivo: “l’industria audiovisiva è un ecosistema, un unico organismo, dove una parte alimenta l’altra, non si può vivere separatemene”. Tesi apprezzabile quanto retorica, considerando che le piattaforme (così come i canali “pay”) inondano – nella passività della gran parte degli esercenti – le sale cinematografiche (ma anche la stessa Rai) di trailer e promo che propongono in modo sempre più invadente… “il cinema in casa”!
Il Direttore Generale Cinema e Audiovisivo Nicola Borrelli ha sostenuto che si deve intervenire attraverso una rimodulazione dei decreti di attuazione della “legge Franceschini” ed ha annunciato per martedì 13 dicembre un incontro al Ministero con le principali associazioni di categoria. A conclusione del convegno ha rimarcato l’importanza di una nuova regolamentazione chiara sulle “finestre” temporali, che siano uguali per tutti i film, anche quelli stranieri e quelli che non hanno avuto i finanziamenti: “per questo dobbiamo fare in modo che queste nuove regole non siano definite da una legge, ma da un decreto in modo di avere anche più flessibilità di aggiornare queste stesse regole in futuro”.
Federico Mollicone (Presidente Commissione Cultura Camera): “partire da RaiPlay per costruire una piattaforma aggregante sul modello Bbc, per fare concorrenza a Netflix”
Da segnalare che oggi l’agenzia stampa specializzata AgCult (diretta da Ottorino De Sossi) riporta una dichiarazione del Presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone (che è anche Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia), che merita essere rilanciata, anche perché tocca sì il problema della crisi “theatrical” ma affronta temi più ampi, ed in verità con prospettive eterodosse: “è necessario affrontare e confrontarsi con le piattaforme, digitali che oggi stanno divorando pezzi del mercato cinematografico attuando una politica di interesse nazionale. Sono stati stanziati 10 milioni di sostegno alle sale cinematografiche. Vanno riviste le misure del mercato distributivo e invitati i soggetti a reinterpretare i propri ruoli”.
E fin qui AgCult riporta un estratto dell’intervista che Mollicone ha concesso a “il Giornale”, pubblicata nell’edizione odierna. Quel che segue non è però nell’intervista firmata da Elena Fontanella, ma merita grande attenzione: sostiene Mollicone che, “sull’audiovisivo e sul cinema, la Commissione supporterà l’azione del Sottosegretario Borgonzoni nella valorizzazione del sistema di distribuzione digitale RaiPlay per costituire una piattaforma aggregante sul modello della Bbc, che possa entrare in concorrenza con Neftlix nella distribuzione europea. Partendo dai 6 milioni di spettatori di RaiPlay, si può auspicare legittimamente di raggiungere 30 milioni aggregando tutte le piattaforme presenti nella filiera Rai, Cinecittà, Istituto Luce e i produttori indipendenti, come Mediaset e Sky”.
Qui si prospetta una operazione molto ambiziosa, ma temiamo velleitaria, perché anche soltanto ipotizzare di “fare concorrenza a Netflix” (!!!) è teorizzazione che non tiene in considerazione le dimensioni dei mercati di riferimento, le loro strutture e meccanismi di funzionamento. E definire Mediaset e Sky “produttori indipendenti” ci sembra un errore concettuale non trascurabile.
Il Ministro Gennaro Sangiuliano annuncia correzioni di rotta nell’intervento pubblico nel cinema: saranno interventi “hard” o “soft”?
Ed il Ministro Gennaro Sangiuliano cosa pensa, su questi temi?
Intervenendo oggi pomeriggio di fronte alle Commissioni Cultura riunite di Camera e Senato, illustrando le “linee programmatiche” del dicastero che guida, ha sostenuto che “il cinema e l’audiovisivo sono strumenti formidabili per la rappresentazione e la conservazione delle identità culturali del nostro popolo e del nostro territorio”.
E, passando dalla teoria alla pratica, ha ricordato che “il settore dell’audiovisivo nazionale nel suo complesso ha resistito alla grave crisi pandemica degli ultimi anni, anche grazie al supporto considerevole messo in atto dallo Stato. Nel triennio 2020-2022, lo Stato ha stanziato risorse straordinarie per oltre 540 milioni (269 milioni nel 2020, 224 milioni nel 2021 e 50 milioni nel 2022)”.
Il Ministro (espressione di Fratelli d’Italia) ha ben rimarcato che “non tutti i comparti della filiera, però, hanno superato la crisi alla stessa maniera”. Ed ha argomentato: “mentre la produzione audiovisiva è in un momento di particolare dinamismo, le sale cinematografiche si trovano in una situazione di grande difficoltà: le presenze in sala nel primo semestre 2022 si sono ridotte del 58 % rispetto alla media dei tre anni pre-pandemia, contro il 40 % della Germania, il 30 % della Francia, il 27 % del Regno Unito. Una crisi che si è innestata su una situazione già critica. Per questo, il primo atto adottato da questo dicastero è stata l’emanazione di un decreto ministeriale, in attuazione di una norma contenuta nel decreto-legge n. 50 del 2022, volto a incentivare la visione in sala cinematografica di film italiani da parte degli spettatori puntando su una riduzione del prezzo del biglietto di cui si farà carico lo Stato”. Rispetto all’agire sulla “variabile prezzo”, abbiamo già manifestato perplessità, ma torneremo presto sull’argomento. Ha aggiunto il Ministro: “deve poi essere affrontato al più presto il tema delle finestre di programmazione, argomento che ha trovato consenso unanime nella scorsa legislatura nell’equiparazione tra film italiani e stranieri… Va poi subito messo a regime il nuovo sistema di crediti d’imposta, calcolato sui costi di funzionamento delle sale e il potenziamento dei Tax Credit che agevolano gli investimenti relativi all’adeguamento tecnologico, funzionale e strutturale delle sale cinematografiche. Altro strumento fondamentale sono i crediti d’imposta alla produzione di opere, strumento che però deve essere rapidamente aggiornato e adeguato al contesto attuale. È necessario introdurre tutte le modifiche in grado di potenziare l’effetto incentivante della misura, ad esempio una cedibilità più agevole dei crediti”.
Si annunciano quindi interventi correttivi in materia di “tax credit”, ed era ora! Sarà però necessario comprendere come si tradurranno concretamente gli annunciati “aggiornamenti” e “adeguamenti”…
Gennaro Sangiuliano ha segnalato che anche “le altre misure di sostegno alla produzione (i contributi automatici e i contributi selettivi) devono essere rivisti per essere adeguati ai cambiamenti. Iniziative poi come ‘Cinema in Festa’, avviata a settembre 2022 (post-pandemia) e ‘Moviement’ dell’agosto 2019 (pre-pandemia) hanno registrato risultati positivi in termini di presenze in sala; questo dimostra che iniziative del genere possono dare un contributo nell’invertire la tendenza negativa. Tali iniziative portano un beneficio immediato e diretto anche a favore della distribuzione cinematografica, altro anello della filiera in grandissima difficoltà”. “Il ministero, inoltre” – ha concluso Sangiuliano – intende proseguire nella strategia di ascolto e confronto diretto con tutti gli stakeholder del comparto audiovisivo, per meglio individuare le esigenze del settore ed avendo come punto di riferimento la tutela e la promozione della nostra identità culturale nazionale”.
Attendiamo le azioni conseguenti.
In effetti, le parole del Ministro possono avere conseguenze “soft” o “hard”, in funzione di come verranno tradotte in decreti ministeriali…
Il Ministro della Cultura annuncia una riforma del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) e sembra ispirarsi alle tesi del think-tank iperliberista Istituto Bruno Leoni
Merita essere rimarcata la tesi del Ministro sul controverso “Fondo Unico per lo Spettacolo” (alias “Fus”), che regola l’intervento dello Stato nel settore dello spettacolo (con esclusione del settore “cinema”, ormai governato attraverso la “legge Franceschini”): Gennnaro Sangiuliano è andato giù pesante: “sarebbe importante rivedere i meccanismi normativi che riguardano l’iter di approvazione dei progetti e l’erogazione dei contributi del Fondo Unico per lo Spettacolo. Occorre, da un lato, aumentare i controlli preventivi e successivi su effettivo utilizzo del Fus e, dall’altro, modificare i parametri in ottica premiante. Attualmente, il Fus premia la quantità e non la qualità”… Ed ha segnalato che “operatori del settore e importanti centri di ricerca, fra cui il prestigioso Istituto Bruno Leoni, affermano che l’erogazione dei fondi del Fus sia viziata da un’assegnazione impropria, non tutte ovviamente. Il problema non riguarda spesso la carenza di fondi, ma l’efficacia stessa del sistema nel quale si sono stratificate consuetudini discorsive”. Si ricordi che il Bruno Leoni è un “think tank” liberal-liberista, che da molti anni critica in modo aspro le politiche culturali italiane, rimarcando che dovrebbe essere il “mercato” e non la “mano pubblica” a governarle…
Da segnalare il commento del Presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone, rispetto all’audizione odierna del Ministro: “plaudiamo all’esposizione delle linee programmatiche del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano oggi nelle Commissioni Cultura riunite. Il Ministro ha delineato una chiara visione di cambio di paradigma nel settore culturale, che traspone in azione di governo ciò che Fratelli d’Italia ha sempre portato avanti. I riferimenti di Sangiuliano alla riforma radicale del Fus a partire dal nome, alle politiche detrattive come la detrazione del consumo culturale, alla digitalizzazione dei musei, al patrimonio culturale privato, alla sussidiarietà fra pubblico e privato, alla revisione del Pnrr nei bandi del Mic, al ripristino dei corpi di ballo, al sostegno dell’editoria libraria, alla valorizzazione della rievocazione storica, all’attenzione al settore audiovisivo a cominciare dalle sale cinematografiche, alla revisione delle ‘finestre’, alla revisione del tax credit, alla rimodulazione dell’art bonus, al tax credit per il teatro privato, al credito d’imposta per la carta, e fino all’ampliamento del piano assunzionale del ministero di 3.363 unità, rappresentano una rivoluzione dopo anni di lassismo nelle politiche pubbliche per la cultura”.
Comprensibile l’orgoglio “partitico” di Mollicone, ma attendiamo di vedere la traduzione in norme e decreti di questi intendimenti, prima di arrivare a teorizzare che si tratta effettivamente di una vera “rivoluzione”.
Non è giunta, né a Salerno né a Roma, parrebbe, l’eco della polemica che abbiamo segnalato su queste colonne, ovvero lo “scontro” tra chi sostiene che il “bicchiere” è “mezzo vuoto” (come Carlo Verdone e Giampaolo Letta Ad di Medusa e l’avvocato “dissidente” Michele Lo Foco) e chi invece sostiene che “è mezzo pieno”, anzi proprio “pieno” (come Francesco Rutelli). Si rimanda al nostro intervento di ieri l’altro martedì 29 novembre su “Key4biz”: “Il cinema in Italia: a gonfie vele (Rutelli Anica) o grande bolla (altri dissidenti)?”.
Il Ministro ha annunciato la rinnovata disponibilità ad ascoltare le varie anime del settore: sarebbe importante che queste “audizioni” siano plurali e policentriche, e non siano riservate ai soliti “poteri forti” ed alla storica “compagnia di giro” che governano il sistema insieme alla Direzione Cinema e Audiovisivo (ovvero Anica ed Apa ed annessi e connessi), ma anche ai soggetti indipendenti, ai piccoli imprenditori, ai creativi sganciati dalle “lobby” più potenti (e dalla loro visione idilliaca dello stato di salute del sistema).
Insomma alle voci fuori dal coro.
Dall’ascolto delle loro analisi del settore siamo sicuri emergerebbero fotografie allarmanti della situazione in essere e delle patologie che caratterizzano strutturalmente il sistema audiovisivo italiano nel suo complesso. Al di là del sempre salutare “ottimismo della volontà”.