Nell’ambito delle politiche culturali, analizzate a livello comparativo internazionale, non sono molte le iniziative che possano vedere l’Italia titolare di un primato (positivo): tra queste, senza dubbio merita essere segnalata la procedura ormai nota come “18 app” alias “Card Cultura”, ovvero l’iniziativa del Governo italiano avviata nel 2016 – su impulso dell’allora Premier Matteo Renzi e del Ministro Dario Franceschini – per promuovere la cultura tra i giovani, mettendo a disposizione dei neo-diciottenni un “bonus” da 500 euro da spendere in prodotti culturali.
Nel 2022, siamo giunti alla edizione n° 7, ed i numeri confermano che si tratta di un’iniziativa senza dubbio valida, per stimolare i consumi culturali dei giovani.
In cosa consiste esattamente il “Bonus”?
Ecco come lo descrive lo stesso Ministero: “un’iniziativa dedicata a promuovere la cultura fra i giovani: un buono di 500 € da spendere in cinema, musica e concerti, eventi culturali, libri, musei, visite a monumenti e parchi archeologici, teatro e danza, prodotti dell’editoria audiovisiva, corsi di musica, corsi di teatro e corsi di lingua straniera, nonché abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale”.
Va ricordato che il quotidiano online “Key4biz” ha dedicato intensa attenzione ab origine ad “18app” nel corso del tempo, segnalando anche criticità emerse in itinere (tra i primi interventi, si rimanda all’articolo del 4 novembre 2016 a firma di Luigi Garofalo, “18app al debutto: luci e ombre del bonus cultura”).
Va segnalato che il Ministro Alberto Bonisoli, da poco insediatosi, manifestò nel giugno 2018 una posizione critica rispetto al provvedimento ideato dal predecessore Franceschini. In una intervista al “Corriere della Sera” sostenne polemicamente: “in alcuni casi era meglio spendere diversamente i soldi. Penso alla 18 App, i 500 euro in buoni da far spendere ai diciottenni. Vale 200 milioni… Meglio far venire la fame di cultura ai giovani, facendoli rinunciare a un paio di scarpe”. Netta la reazione del Partito Democratico, nelle parole di Anna Ascani: “delirante arrivare a dire che sarebbe più educativa per un ragazzo la rinuncia a un paio di scarpe per permettersi i consumi di cultura che avere 18App. Come se tutti i ragazzi in questo Paese potessero permettersi i consumi culturali, come se non fosse responsabilità pubblica educare alla cultura. Il sospetto è che il ministro Bonisoli cerchi goffamente un motivo qualsiasi per tagliare i fondi a 18App, visto che il suo partito ha promesso ingenti tagli delle tasse fortemente classisti. Bonisoli e la Lega abbiano il coraggio di dire questo, invece che sperticarsi in penose lezioni paternalistiche su come si educherebbero i ragazzi alla cultura”.
Il Ministro “in quota” Movimento 5 Stelle cambiò presto idea. Nel luglio del 2018, sostenne: “nel 2016 sono stati spesi 165 milioni, a fronte di una disponibilità di 290 milioni”, ed annunciò che dal 2020 il provvedimento sarebbe divenuto un “progetto strutturale”, che sarebbe partito da interventi nelle scuole per incidere a lungo termine nel consumo di prodotti culturali, e non avrebbe riguardato più solo i diciottenni soltanto. I “correttivi” prospettati da Bonisoli avrebbero dovuto essere messi a punto da una commissione di esperti, di cui non si è poi più avuta pubblica notizia. Bonisoli, nel luglio 2018, ricordò anche che “la possibilità di acquistare libri non era prevista all’inizio dal provvedimento” lanciato nel 2015 dal Governo Renzi, e che era stata aggiunta grazie ad un emendamento voluto dai 5 Stelle e firmato dall’allora Sottosegretario al Mibac Gianluca Vacca… Il “paniere”, come andremo a vedere, è stato esteso nel corso degli anni.
Nel 2016, il 65 per cento dei soldi furono spesi dai diciottenni per acquistare libri, il 12 % per cd e musica, il 10 % per concerti, il resto per teatro, danza e altre attività.
Non ci risulta esista uno studio approfondito, accurato e diacronico, sulla utilizzazione di “18app” nei suoi primi 6 anni di vita, e crediamo che una ricerca di questo tipo potrebbe rivelarsi preziosa, per comprendere al meglio l’efficienza e l’efficacia di questo intervento di sostegno pubblico alle industrie culturali e creative nazionali, ed eventuali esigenze di correzione di rotta. Serve una “valutazione di impatto”, insomma.
Come funziona il “Bonus Cultura”?
Viene erogato a tutti i cittadini neomaggiorenni attraverso una carta elettronica, con importo stabilito a 500 euro.
I fondi stanziati in totale a favore dell’iniziativa per l’anno 2022 ammontano a 230 milioni di euro.
Il funzionamento e la fruizione del Bonus 18 anni sono semplici, ma richiedono anzitutto che il giovane si registri sull’“app” ufficiale, nella quale vengono generati i buoni spesa.
Per accedervi, bisogna possedere identità Spid o la carta di identità elettronica (Cie).
Sommariamente il procedimento è questo: una volta noto il prezzo di ciò che si vuole acquistare, bisogna accedere all’app, scegliere tra esercenti fisici o online, scegliere la tipologia di ciò che si vuole acquistare e generare un buono il cui ammontare corrisponde al prezzo da pagare. Il buono deve poi essere salvato su tablet o smartphone o stampato su carta, ed essere presentato al momento dell’acquisto effettivo. Sostanzialmente, si tratta di mostrare un codice di 8 cifre, un “Qr code” e un “barcode”. È possibile effettuare acquisti misti, ovvero con voucher e contanti o carta di credito. Ogni buono ha un codice identificativo specifico, significa cioè che è nominativo – come succede negli ultimi anni anche per i biglietti dei concerti – e non è cedibile né vendibile a qualcun altro.
È online ormai da anni un sito web dedicato, curato dal Ministero in collaborazione con Sogei, Agid e Consap: “18app La cultura che ti piace”.
Va precisato che si tratta di un canale unico, non essendo il Bonus presente negli “app store”.
Per i ragazzi del 2003, la registrazione è possibile dal 17 marzo 2022 al 31 agosto 2022. Il bonus si può spendere fino al 28 febbraio 2023.
Il “paniere” dei beni acquistabili si è andato estendendo e, per la quinta edizione, nel marzo del 2020 (ovvero per coloro che avevano compiuto 18 anni nel 2019), alla lista degli articoli acquistabili dai ragazzi sono stati aggiunti i prodotti dell’editoria audiovisiva (acquistabili singole opere audiovisive – per esempio, film – distribuite su supporto fisico o in formato digitale; non sono acquistabili supporti hardware di qualsiasi natura atti alla riproduzione, e abbonamenti per l’accesso a canali o piattaforme che offrono contenuti audiovisivi).
Se i dati del marzo 2020 evidenziavano che i giovani che avevano usufruito del Bonus cultura erano stati oltre 1,2 milioni, la spesa complessiva era stata di 550 milioni di euro, i dati rivelati ieri sera dal Segretario Generale del Ministero della Cultura Salvo Nastasi confermano il trend positivo: dal 2016, sono stati oltre 2 milioni i ragazzi e le ragazze che hanno usufruito del “Bonus Cultura”, spendendo complessivamente più di 1 miliardo di euro.
L’Italia è un Paese contraddittorio e chiaroscurale, ed una qual certa vocazione alla “furbizia” è sempre in agguato. Vale anche per “18App”…
Salvo Nastasi (Segretario Generale Mic): “Un plauso alla Guardia di Finanza nel contrastare le frodi”
In effetti, ieri Salvo Nastasi – generalmente avaro di dichiarazioni alla stampa – ha ritenuto non a caso di manifestare un sentito ringraziamento alle forze dell’ordine, per la capacità di reprimere fenomeni distorsivi ed illegali, commentando l’esito dell’inchiesta del Gruppo Investigativo Criminalità Economica Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, coordinato dalla Procura partenopea, che ieri ha sgominato una delle associazioni a delinquere che, sui “social”, adescavano 18enni per “monetizzare”, illegalmente, i “Bonus Cultura 18App”: “un plauso alla Guardia di Finanza per questa importante operazione che dimostra il successo della collaborazione con il Ministero della Cultura nel contrastare i fenomeni di frode connessi al bonus cultura”.
La vicenda ha radici lontane nel tempo, e se ne interessarono presto anche eterodossi “giornalisti investigativi” come gli inviati della trasmissione di Italia1 “Le Iene” (vedi l’articolo del 13 febbraio 2019 a firma di Giulio Melis, “Bonus Cultura: ecco cosa succede nel mercato nero su Telegram”, sul sito web del programma).
Nel giugno del 2019, l’allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli ed il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Generale Giuseppe Zafarana, sottoscrissero un “protocollo d’intesa” volto a promuovere un costante interscambio di dati, notizie e informazioni utili per le attività di rispettiva competenza, nonché a potenziare le iniziative a contrasto dei fenomeni di frode connessi con le pubbliche erogazioni: tra le iniziative da “monitorare”, fu previsto esplicitamente anche il programma del “Bonus Cultura 18app”, settore nel quale i Reparti della Guardia di Finanza avevano già accertato – a quella data – importi indebitamente utilizzati per oltre 1,6 milioni di euro, nei confronti di oltre 700 soggetti…
Nel corso degli anni, sono emersi sostanzialmente due tipi di abusi:
– il primo riguardava l’acquisto di prodotti – per esempio, telefoni cellulari o biglietti per lo stadio – che non rientravano tra quelli previsti; rispetto a questa criticità, alcuni esercenti si sono a suo tempo giustificati sostenendo che, nella definizione di prodotti acquistabili, c’erano delle “zone grigie” interpretative; la questione è andata via via risolvendosi, con una elencazione sempre più precisa e netta;
– la seconda tipologia di abuso (che può essere annoverata come una vera e propria truffa ai danni dello Stato) riguarda il comportamento di alcuni esercenti che, approfittando della giovane età dei beneficiari del bonus, offrivano denaro contante in cambio del bonus; a riguardo, sono partite numerose denunce, e sono state anche identificate strutture criminali che offrivano su web danaro “in cambio” della carta; sono stati oggetto di denuncia anche tentativi di accessi abusivi con Spid da parte di truffatori…
Evoluzione del provvedimento, polemiche sull’ipotesi tetto al reddito, stabilizzazione dal 2022
Si ricorda che fino al 2021, il rinnovo del Bonus Cultura di anno in anno ha sempre rappresentato un’incognita, e talvolta ha comportato ritardi nell’attivazione.
Non sono mancate le polemiche, anche rispetto alle condizioni economiche delle famiglie, che avrebbero permesso o escluso dal beneficio del bonus cultura.
Era stato ipotizzato anche un tetto massimo di “reddito Isee” per l’ottenimento del buono, ma Franceschini si è battuto per evitarlo, ritenendolo ingiusto.
Nel Disegno di Legge del 28 ottobre 2021 approvato dal Consiglio dei Ministri, era in effetti stato introdotto un limite reddituale per i beneficiari: solo ai neomaggiorenni provenienti da nuclei familiari il cui Isee massimo annuo è di 25mila euro. Il Ministro Franceschini si è opposto, superando resistenze da parte del Ministro Daniele Franco, ed ha convinto il Presidente del Consiglio Mario Draghi ad eliminare questo limite dalla Legge di Bilancio 2022. I motivi che hanno portato Franceschini a opporsi al paletto del reddito sono sostanzialmente due: da una parte, la volontà di garantire a tutti i giovani l’accesso alla cultura; dall’altra, la constatazione che, finora, le risorse stanziate per il “Bonus” si sono dimostrate più che sufficienti per tutti.
Si ricordi che l’iniziativa della “Card Cultura” è stata salutata con entusiasmo anche dallo scrittore Stephen King in un tweet condiviso sul web: “A culture bonus! Now there, ladies and gentlemen, boys and girls, is a CIVILIZED IDEA!” (ovvero “Un bonus cultura! Ora, signore e signori, ragazzi e ragazze, è un’idea civile!” (vedi l’articolo di Flavio Fabbri su “Key4biz” del 31 marzo 2021, “Bonus Cultura 500 euro, si riparte il 1° aprile. Il tweet di Stephen King”).
Dal 2022, il “Bonus Cultura” è stato quindi stabilizzato, ovvero è divenuto strutturale, essendo entrato a far parte delle cosiddette “misure strutturali”, ossia delle agevolazioni che vengono rinnovate automaticamente di anno in anno, senza bisogno di essere confermate e riconfermate da una legge di bilancio.
Lo strumento della “card elettronica” per i diciottenni è stato impiegato – come abbiamo ricordato – per la prima volta nel 2016. La “Card Cultura” fu fortemente voluta dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi: rientrava tra quelle che furono definite “le risposte italiane” agli attentati terroristici del novembre 2015 a Parigi, ovvero… la “cultura” utilizzata contro il “terrore”. All’indomani degli attentati di Parigi, Renzi aveva annunciato un sostegno economico ai neomaggiorenni: “1 miliardo in sicurezza, 1 miliardo nell’identità culturale”, promettendo una carta di 500 euro per “550mila italiani che compiono 18 anni e che potranno investire in attività culturali”.
Negli anni successivi, l’iniziativa è stata rifinanziata, ed è variata la platea dei destinatari, e sono stati ampliati i beni acquistabili, senza però mai diventare, fino al 2022, un istituto a regime.
Per l’anno 2016, era utilizzabile per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’acquisto di libri nonché per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali e spettacoli dal vivo…
Dapprima riservata ai soli cittadini italiani, è stata poi attribuita a tutti i diciottenni residenti nel territorio nazionale, in possesso di permesso di soggiorno in corso di validità (vedi il nostro articolo del 5 maggio 2016, “ilprincipenudo. Card Cultura: il Governo fa mea culpa, bonus esteso a 18enni extra-comunitari”).
Il paniere è stato poi ampliato anche all’acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.
Nel 2019, sono stati inclusi i prodotti dell’editoria audiovisiva…
A decorrere dal 2022, la previsione di assegnazione della “Card Cultura” viene stabilizzata – come abbiamo segnalato – con una spesa pubblica di 230 milioni di euro l’anno…
Secondo i dati del marzo dell’anno scorso, dalla prima edizione ad allora, l’83 % dei fondi sarebbe stato speso per acquisto di libri, il 14 % per concerti e musica, mentre il restante 3 % per le altre varie spese culturali previste… Su queste ripartizioni percentuali riteniamo si debba sviluppare un ragionamento critico. Per esempio, per quali ragioni la “Card Cultura” non sta funzionando per stimolare il consumo di film nelle sale cinematografiche, il settore in crisi profonda di fruizione?
Conclusivamente, si ha ragione di ritenere che lo strumento della “Card Cultura” meriti essere studiato approfonditamente, per comprenderne al meglio le ricadute sul mercato culturale nazionale: si sente l’esigenza di una “valutazione di impatto” di questo intervento della mano pubblica nel mercato culturale.
Il “Pass Culture” della Francia inspirato al modello italico della “Card Cultura 18app”
Il modello italiano è stato veramente un apripista a livello mondiale ed oggetto di emulazione da parte della Francia, che ha introdotto una “card” sperimentalmente nel 2019, il “Pass Culture” – esplicitamente inspirato al modello italiano – su iniziativa del Presidente Emmanuel Macron, per stabilizzarla nel 2021, con una dotazione di 80 milioni di euro, con una “card” di 300 euro di ammontare. Sono però previsti a partire dal 2022, altri 200 euro aggiuntivi per le fasce d’età inferiori, divisi in varie tranche, il che può portare il totale a 500 euro a persona, come in Italia. Il tempo a disposizione per utilizzare il “Pass Culture”, inoltre, è il doppio rispetto alla “18app” italica, pari a 24 mesi. Una differenza essenziale: a differenza dell’Italia, non è possibile farsi spedire i beni. L’obiettivo è infatti provocare un impatto sulla struttura competitiva dei canali di vendita, riequilibrandolo a favore delle librerie fisiche ed in generale dei luoghi fisici di cultura e spettacolo, in un periodo in cui – anche in Francia – è in forte crescita l’online, e in particolare Amazon.
In diversi altri Paesi europei esistono misure di sostegno alla cultura, con iniziative promozionali di vario tipo a favore dei giovani, ma non esiste una strategia comune, e qualcuno ha prospettato – anche nell’ambito della gestazione del “Next Generation Eu”– si potesse ragionare su una misura unica per tutti i Paesi europei. Una simile prospettiva determinerebbe un ovvio ampliamento della platea dei beneficiari (con un grande incremento fondi) e potrebbe rappresentare un passo avanti verso l’integrazione culturale europea auspicata da molti.