Il prezzo del gas cresce e le bollette di casa lievitano
Con l’arrivo dell’inverno 2021/2022 l’Italia ha dovuto fare i conti con l’aumento dei costi dell’energia, del gas naturale in particolare, che hanno fatto lievitare le nostre bollette, come non accadeva da diversi anni.
Secondo l’andamento del prezzo del gas per consumatore domestico in regime di tutela, calcolato dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), nell’ultimo anno si è passati da 25,64 euro per metro cubo del primo trimestre 2021 agli attuali 96,64, per un aumento del +280.
Tutte le forze politiche, appena uscite dalla lunga e poco apprezzata campagna presidenziale per la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, hanno espresso massima preoccupazione e necessità di intervenire al più presto con nuove risorse, ma solo la Lega ha detto chiaro a tondo che servono diversi miliardi di euro nell’immediato, mentre Italia Viva ha ricordato che creare nuovo scostamento dalla legge di Bilancio significa nuova spesa corrente a debito.
Il gruzzoletto di Palazzo Chigi: 3-4 miliardi di euro dalle aste ETS
Come riportato da diverse testate, il Governo potrebbe anche ricorrere alle risorse provenienti dalle aste ETS, il sistema europeo di quotazione delle emissioni di CO2, al momento calcolate attorno ai 3-3,5 miliardi di euro entro la fine dell’anno in corso.
Il gettito extra è legato al prezzo della CO2 che si è attestato attorno agli 80 euro per tonnellata, triplicato rispetto a gennaio 2021 (quando era pari a 30 euro per tonnellata) moltiplicato per le 42 milioni di quote che saranno assegnate al nostro Paese per il 2022.
Una stima che Roberta Amoruso su ll Gazzettino considera prudenziale, perché dalle ultime stime sui futures relativi ai mercati a termine, che guardano ai prossimi mesi, si avrebbe una CO2 a 97 euro per tonnellata entro dicembre 2022, praticamente in linea con le attese della Commissione europea di 100 euro per tonnellata.
Un trend questo che se confermato porterebbe il gettito per lo Stato a oltre 4 miliardi di euro. Una cifra che consentirebbe di coprire senza difficoltà gli oneri di sistema e lo sconto per le imprese energivore, alleggerendo di non poco le bollette.
Il peso delle scelte sbagliate
Per ora l’inverno ci ha sostanzialmente graziato, con un gennaio e un inizio febbraio tutto sommato miti in termini di temperature medie, ma tutto potrebbe cambiare con marzo e aprile (notoriamente mesi piuttosto perturbati e a tratti anche freddi) e allora si fa urgente un piano del Governo per arginare un caro bollette che comincia a fare paura.
Le famiglie potrebbero rischiare uno conto salatissimo di diversi miliardi di euro in più rispetto all’anno passato.
Fino a marzo 2022 l’esecutivo ha già predisposto aiuti per circa 12 miliardi di euro (in compensazioni generali) e forse ne saranno necessari altri soprattutto per le famiglie più deboli e vulnerabili dal punto di vista economico.
Il problema è sempre nella strategia energetica che si è scelto e confermato nel tempo. La causa di questa ennesima stangata sui conti energetici sta tutta proprio nel gas naturale, nell’accettare i combustibili fossili come unica via percorribile. Ma non è così.
Negli anni si doveva investire in fonti energetiche rinnovabili e in efficienza energetica. Si è fatto, ma poco, troppo poco, favorendo gas e petrolio (e carbone), sottraendo risorse finanziarie che potevano essere investite in sole e vento e tecnologie per la decarbonizzazione.
L’importanza di puntare con più decisione sulle fonti rinnovabili
La domanda di energia elettrica in Italia nel 2020 è stata pari a 301,2TWh, secondo dati Terna. In termini di potenza complessiva installata, il 53,1% è di tipo termoelettrico, alimentato a fonti fossili, a coprire circa il 65,9% della produzione nazionale. Tra queste, il gas naturale copre il 71,3%.
Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, queste coprono il 38% della domanda di energia elettrica, pari a poco oltre il 20% della domanda energetica complessiva.
Noi sappiamo che con il PNRR si dovrà ora accelerare seriamente sulle fonti pulite a discapito di quelle che inquinano, ma secondo quanto riportato da Legambiente, a luglio 2021 si contavano ancora 110 progetti per nuove infrastrutture di gas o di ampliamento di quelle preesistenti, con l’aggiunta di rigassificatori e nuove richieste di estrazione.
Le rinnovabili, invece, a causa di inspiegabili rallentamenti burocratici e dell’opposizione dei territori, sono cresciute di soli 0,8 GW di potenza media annua negli ultimi 7 anni, mentre entro il 2030 dovremmo essere capaci di installarne altri 9 GW (ovviamente siamo molto lontani da questo obiettivo).
Come dire: non comanda il ministro, ma i direttori di dipartimento; conta più la cosmetica dei territori che la loro salute.
Solo grazie agli interventi di efficientamento energetico si potrebbero ridurre i consumi generali del 50% entro il 2030. Bisogna ripartire da queste considerazioni per rilanciare una vera transizione ecologica ed energetica, non da impostazioni ideologiche passate, come quelle che ancora ripropongono gas e petrolio per andare avanti.