Chi redige queste analisi, nell’economia della rubrica “ilprincipenudo” curata da IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale per il quotidiano online “Key4biz”, non è nuovo a queste… scoperte, ma stupisce che, ancora una volta, il servizio pubblico radiotelevisivo italiano “comunichi” in modo così… sgangherato: notoriamente l’11 maggio 2022 il Consiglio di Amministrazione della Rai ha approvato, nella stessa sessione, sia il bilancio di esercizio di Rai spa sia il bilancio consolidato del Gruppo Rai sia il “bilancio sociale”.
Ad oggi, però, né il primo né il secondo documento sono ancora di pubblico dominio, e non risultano depositati nel Registro delle Imprese: però – udite udite! – è acquisibile il “bilancio sociale”, che risulta benedetto anche dalla società di revisione (Kpmg) in data 7 giugno 2022.
Il file in formato .pdf “Bilancio di Sostenibilità Gruppo Rai 2021” reca, tra le proprietà, la data del 14 giugno 2022.
IsICult ha iniziato ad analizzarlo e “Key4biz” lo pubblica in anteprima, anzi in esclusiva.
Qualcosa non quadra, però.
Questo bilancio dovrebbe – secondo logica – essere pubblicato in contemporanea al bilancio di esercizio ed al bilancio consolidato, ma questi due documenti sono ad oggi ancora “a circolazione interna” di Viale Mazzini (non essendo stati ancora depositati alla Camera di Commercio), mentre il “bilancio sociale” è ormai pubblico.
Si consideri che paradossalmente, in alcune parti, il “bilancio sociale” richiama giustappunto il “bilancio di esercizio”, ma, essendo il secondo non ancora pubblico, è un po’ complicato (anzi impossibile) raccordare i due documenti. Torneremo su questi temi.
Va precisato che noi ci ostiniamo a definire questo pseudo – “bilancio sociale” Rai un prodotto documentativo ibrido, che in verità non è un vero e proprio “bilancio sociale” (mentre crediamo ostinatamente che dovrebbe esserlo), perché Rai, da alcuni anni ha deciso di produrre un cocktail: un “Bilancio di Sostenibilità” (ormai molto di moda anche tra le multinazionali…) che è anche al contempo una “Dichiarazione consolidata di carattere Non Finanziario” (documento in cui si riportano aspetti di carattere sociale e ambientale, obbligatorio per legge per soggetti di interesse pubblico, come banche, assicurazioni, società quotate in borsa ed altre).
Sarebbe interessante identificare il “responsabile” di questo prevedibile pasticcio Rai.
Il Bilancio Sociale Rai continua ad apparire clandestinamente
Un pasticcio, insomma, ma… tanto… – come dire?! – questi documenti Rai hanno una circolazione semi-clandestina.
Nessuno o quasi ne scrive. Non vengono presentati pubblicamente.
Il quotidiano “Key4biz” è l’unica testata giornalistica che dedica loro attenzione.
Ed invece questi documenti – il cosiddetto “Bilancio di Sostenibilità” piuttosto che il “Bilancio di Esercizio” – dovrebbero essere oggetto di un’analisi critica accurata, di un confronto pubblico con gli “stakeholder”, e finanche con le istituzioni preposte: in primis, il co-firmatario del “Contratto di Servizio” ovvero il Ministero dello Sviluppo Economico, e forsanche la Commissione Parlamentare di Vigilanza (che peraltro non ci risulta si sia mai interessata realmente del “bilancio sociale”), e le Commissioni Cultura di Camera e Senato…
Sul (non) “bilancio sociale” della Rai, abbiamo speso fiumi di inchiostro, soprattutto su queste libere colonne, ma permane l’interrogativo: perché la concessionaria di servizio pubblico lo pubblica così in sordina, quasi vergognandosene?!
Ha Rai forse timore che esso possa finalmente provocare un dibattito dialettico con la società civile, alla luce di un qualche dato pericoloso?!
Ha Rai forse paura che alcuni dei dati e delle argomentazioni in esso proposta possano disturbare chicchessia?!
Il mistero permane, oscuro ed irrisolto.
Almeno l’anno scorso, uno straccio di comunicato stampa fu diramato, il 31 luglio 2021, a distanza di un paio di settimane dalla data di approvazione da parte del Consiglio di Amministrazione (15 luglio), e l’Ufficio Stampa Rai segnalò che il bilancio era disponibile sul sito www.rai.it/trasparenza.
Nessuno scrisse comunque 1 riga una, e soltanto questa testata dedicò attenzione al documento, peraltro una settimana prima di quel tardivo comunicato stampa di Viale Mazzini: vedi “Key4biz” del 23 luglio 2021, “Dossier IsICult: bilancio di esercizio e bilancio sociale Rai, entrambi allarmanti”. Il bilancio di esercizio dell’anno scorso (anno 2020) è stato depositato alla Camera di Commercio il 21 luglio 2021.
Quest’anno, silenzio assoluto.
Proprio arcane… le ragioni di queste “politiche” (?!) comunicazionali di Viale Mazzini.
Gatta ci cova.
Siamo dell’idea che al Settimo Piano, in questa fase delicata della vicenda Rai (incertezza sulle modalità di riscossione del canone, rischio che esso venga “sganciato” dalla bolletta elettrica, con nefaste conseguenze nella raccolta…), forse nessuno voglia fare luce, e mettere il dito nella piega (piaga) di una vicenda controversa, qual è quella del finanziamento del servizio pubblico mediale.
Il che, però, non depone a favore di una logica da palazzo di vetro.
Il che, però, non depone a favore di una pratica di trasparenza, che pure dovrebbe caratterizzare quella che – piaccia o non piaccia, sofismi giuridici a parte – è e resta una “azienda pubblica”, ovvero una società a partecipazione pubblica.
Ma gli azionisti Mef e Siae sono contenti del bilancio Rai 2021?
“Pubblica” a tutti gli effetti la società per azioni Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.a. anche se nessuno ricorda mai che esiste un secondo azionista di Viale Mazzini, quale è la Società Italiana Autori Editori (Siae), che resta titolare di uno 0,44 % delle quote della spa Rai, a fronte del 99,56 % delle azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) alias il Tesoro.
Peraltro il socio di minoranza Siae è – a sua volta – un “ente pubblico economico a base associativa”: in effetti, sono soci della Siae circa 100mila persone, tra autori, artisti, editori, imprenditori del sistema culturale nazionale, e forse il socio di minoranza dovrebbe aver diritto ad esprimere almeno un membro del Consiglio di Amministrazione. Proprio in virtù del suo status particolare di rappresentante dell’anima creativa del sistema culturale nazionale…
Si ha ragione di ritenere che, dopo l’approvazione da parte del Cda, il bilancio di esercizio sia stato approvato dall’Assemblea degli azionisti Rai, ovvero giustappunto Mise e Siae. I due soci hanno benedetto anche il “Bilancio di Sostenibilità”?
Al 24 giugno 2022, questa la realtà dei fatti: “Bilancio di Esercizio” Rai ancora misterioso, “Bilancio di Sostenibilità” Rai finalmente disponibile!
In effetti, fino ad oggi, l’unica traccia del “Bilancio di Sostenibilità” 2021 della Rai poteva infatti essere rintracciata soltanto nella parte finale del comunicato stampa dell’11 maggio, allorquando il Cda ha approvato i bilanci: è interessante qui riprodurre le (belle) intenzioni annunciate:
“Nel corso dello stesso consiglio è stato inoltre approvato il Bilancio di Sostenibilità 2021, il documento che espone i risultati raggiunti dal gruppo Rai in tema di sviluppo sostenibile sia all’interno del Gruppo sia nelle sue ricadute a beneficio del cittadino. Il Bilancio di Sostenibilità analizza gli effetti delle attività aziendali in particolare sotto i profili di responsabilità sociale, ambientale e governance (i cosiddetti parametri Esg). Il rapporto annuale viene redatto per dar conto a tutti gli interlocutori, istituzionali e non, dei modi nei quali l’offerta della Rai adempie agli obblighi del Contratto di Servizio e crea negli utenti consapevolezza degli obiettivi di sostenibilità definiti nell’agenda Onu per il 2030. L’attenzione agli aspetti della Sostenibilità riveste una rilevanza primaria e avrà per l’azienda una sempre maggiore centralità strategica”.
Diverte osservare il passaggio “dar conto a tutti gli interlocutori”, ma ancor più… “crea negli utenti consapevolezza”: domandiamo alla Presidente Marinella Soldi ed all’Amministratore Delegato Carlo Fuortes: secondo voi – egregi amministratori – quanti “utenti” della Rai sono a conoscenza dell’esistenza del “Bilancio di Sostenibilità”?
Un “bilancio” di cui, negli anni scorsi, nessuna testata giornalistica ha scritto 1 riga una (se non appunto “Key4biz”). Un documento noto soltanto ai raffinati manager intellettuali del Settimo Piano.
Suvvia, non prendiamoci in giro. Non prendetevi in giro. Non prendeteci in giro. Transeat!
A questo punto, cerchiamo qualche dato interessante nel documento…
Partiamo da una osservazione tecnica: il numero delle pagine del “Bilancio di Sostenibilità” è cresciuto dalle 288 dell’anno scorso alle 310 di quest’anno, ma l’impostazione del tomo – impaginato in modo evoluto in ricca quadricromia (con un costo per Rai di decine di migliaia di euro soltanto per la consulenza grafica…) – è sostanzialmente la stessa: contiene informazioni senza dubbio utili (non rintracciabili altrove) ma rivela al tempo stesso molte carenze (e verosimilmente omissioni).
Non è un “Bilancio Sociale”, ma giustappunto un mix ibrido e confuso tra un “Bilancio di Sostenibilità” (secondo una impostazione internazionale che è retoricamente schematica, basata sui succitati parametri “Esg” dell’Agenda Onu 2030) e la cosiddetta “Dichiarazione Non Finanziaria” alias “Dnf” (cui sono obbligate per legge – come abbiamo già segnalato – le imprese di grandi dimensioni, anche se non quotate in borsa).
Bilancio 2021: i ricavi crescono complessivamente del 7 % (da 2,5 a 2,7 miliardi di euro), canone + 6 %, pubblicità + 16 %
Estrapoliamo i dati economici 2021 (in attesa del bilancio di esercizio) del Gruppo Rai, qui disvelati in assoluta anteprima:
- ricavi:
passano dai 2.509 milioni del 2020 ai 2.688 milioni del 2021 (ovvero + 7 %, + 179 ml)
di cui:
- canone:
cresce da 1.726 milioni del 2020 a 1.820 milioni del 2021 (+6 % ovvero +94 milioni)
- pubblicità:
cresce dai 588 milioni del 2020 ai 682 milioni del 2021 (+16 % ovvero +94 milioni)
- altri ricavi:
scendono dai 205 milioni del 2020 ai 186 milioni del 2021 (-9 % ovvero -19 milioni).
Si ricorda che tra gli “altri ricavi” rientrano convenzioni con lo Stato ed operazioni commerciali, ma su questi dati, nemmeno dal bilancio di esercizio emerge alcun dettaglio, ed anche questo riteniamo sia un grave deficit di trasparenza…
Da segnalare la crescita dei ricavi pubblicitari, con un’impennata di ben il 16 % del 2021 sul 2020, ma la pubblicità diviene variabile a rischio dato che dal 2022 la Rai è sottoposta a più rigidi limiti di affollamento rispetto al 2021…
Il “Bilancio di Sostenibilità” non riporta 1 numero uno in relazione ai costi (emerge soltanto un dato di 7,1 milioni di utile prima delle imposte, a fronte dei 15,5 milioni del 2020), e quindi non possiamo che riportare quel che la Presidente Soldi e l’Ad Fuortes scrivono nell’introduzione: “con riferimento all’andamento economico finanziario dell’anno 2021, si evidenzia che l’esercizio si è chiuso con un risultato netto consolidato in pareggio e con una posizione finanziaria netta (escluse le passività per leasing operativi, pari a 45,3 mln di euro) negativa per 503,4 mln di euro”. Sullo specifico indicatore, precisano: “comunque attestata su livelli di sostenibilità e in lieve miglioramento rispetto all’esercizio precedente” (pag. 5).
Che 503 milioni di posizione finanziaria netta (in parole brutali: debiti) sia un indicatore che rientri in un livello… “di sostenibilità” ci appare una visione assai ottimistica, ma attendiamo di leggere il bilancio di esercizio per capire meglio. A noi sembra un fardello in verità assai pesante.
I dipendenti erano 12.751 al 31 dicembre 2021, un’ottantina in meno rispetto al 2020. I dirigenti scendono dai 313 del 2020 ai 301 del 2021. I giornalisti sono 2.058 (erano 2.039 l’anno precedente), ma più grande è l’esercito di coloro che sono classificati come “impiegati”, ben 7.947 persone, a fronte di 1.508 “quadri”…
Nel 2021 sono stati stipulati circa 10.500 contratti di collaborazione a 4.434 persone. Calcolati in termini di “unità anno equivalenti”, si tratta di altri ben 1.681 persone. In maniera rozza, quindi, ai 12.571 dipendenti si può sostenere che si associano altre 1.681 persone, per un totale di ben 14.251 lavoratori.
In Rai spa, le donne rappresentano il 45 % del totale dei dipendenti, ma a livello di dirigenti sono soltanto il 27 %.
Senza dubbio positivi i dati di share (anche si omette di segnalare che la platea dei telespettatori scema di anno in anno e non si tratta di un fenomeno marginale): in termini di ascolti, anche nel 2021 il Gruppo Rai si conferma leader del mercato, con poco più del 36 % di share nell’intera giornata (+0,82 punti % rispetto al 2020) e con poco meno del 37,4% in “prime time” (+1,42 punti % sempre rispetto allo scorso anno). Con riferimento agli altri principali gruppi del mercato, si evidenziano flessioni generalizzate sia nell’intera giornata che nel “prime time”, anche per Mediaset che registra, nell’intera giornata, il 31,85 % di share (-0,23 punti %) ed in “prime time” il 32,10% (-1,22 punti %).
L’Italia spende meno, tra i “Big 5” europei per il servizio pubblico radiotelevisivo
Assolutamente interessante la comparazione europea (concentrata purtroppo su dati 2020, però): a livello Paese, il servizio pubblico tedesco, complessivamente considerato, registra ricavi per 9.469 milioni (sostanzialmente in linea con il 2019), il livello più alto tra i “Big 5”; seguono Regno Unito con 5.694 milioni (+1,1 %) e Francia con 3.997 milioni (-3,6 %); l’Italia è nettamente staccata, consuntivando 2.509 mln (-5,5 %), e chiude la Spagna con 2.037 milioni (+1,9 %).
Passando dai valori assoluti ad un utile indicatore comparativo, si osserva che, confrontando il valore del “finanziamento pubblico per centesimi di Pil” (prodotto interno lordo) nei diversi Paesi, i rapporti di forza non cambiano: rispetto all’Italia, la Germania spende, per il servizio pubblico, il 133 % in più, il Regno Unito il 78 % in più, la Spagna il 56 % in più e la Francia il 34 % in più.
Su questi dati, dovrebbe riflettere seriamente Parlamento e Governo. E la società civile, il terzo settore, l’accademia… Tutti invece silenti ed inerti.
Un elenco di programmi radiotelevisivi “rispondenti” – sulla carta – agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, ma senza alcuna precisione
Il “Bilancio di Sostenibilità” riporta una lunga serie di titoli di programmi, e li riconduce alle 17 “categorie” previste giustappunto dall’Agenda Onu 2030, ovvero ai “17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile”: è questo un esercizio teorico e tassonomico di nessuna utilità, anche perché, di nessuno dei programmi citati – incredibilmente – viene indicato quando è stato messo in onda, qual è stata l’audience raggiunta (per la verità, viene indicato soltanto il titolo e nemmeno l’autore, il conduttore, la produzione… con evidente disinteresse rispetto al rispetto del diritto d’autore!).
In sostanza, è una mera elencazione di titoli, inquadrati in una classificazione teorica perfettamente inutile: per esempio la trasmissione di Rai 3 “Indovina chi viene a cena” rientra – in questo inquadramento tassonomico – nell’Obiettivo 2 ovvero “Sconfiggere la fame. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile”. Va anche bene, ma magari indicare quando è stato messo in onda il programma, e quanti cittadini l’hanno visto (anche a questo serve Auditel, nevvero?!) sarebbe interessante (e magari anche conoscere gli autori del programma): no???
Una parte del “bilancio” riporta estratti di ricerche che dovrebbero “misurare” sia la qualità dell’offerta Rai sia la rispondenza della programmazione giustappunto agli obiettivi di “sostenibilità” (e forse anche al “Contratto di Servizio” stipulato tra Mise e Rai?!), ma anche specificamente ad esigenze come la rappresentazione delle minoranze, il rispetto delle diverse abilità…
La Rai spende ogni anno centinaia di migliaia di euro per queste ricerche, in primis il tanto decantato “Qualitel”, sondaggi e studi che producono sempre risultati che “oscillano” sempre tra il 7 e l’8, su scala 1-10. Con variazioni, di anno in anno, di un decimale o poco più: a cosa serve (a “chi” serve) questa numerologia?! Cosa indica realmente? Che conseguenze operative ha nella politica editoriale?!
Stranieri ed immigrati completamente assenti…
Che si tratti di un “bilancio” fortemente fuffologico è confermato da un dato soltanto: se è vero che circa un 10 per cento di coloro che vivono in Italia sono stranieri, il termine “stranieri” appare, nelle 310 pagine del documento Rai, 2 volte (due) soltanto, e del tutto incidentalmente.
Si noti che la parola “immigrato” ovvero “immigrati” non è esistente in tutto il file!
E, a proposito di “pluralismo sociale”, non 1 parola una sull’atteggiamento della Rai rispetto agli stranieri ed agli immigrati che vivono in Italia. Incredibile, ma vero… Già denunciammo in passato questa carenza, e nulla è stato messo in atto per superarla.
Altra questione, correlata: e chissà cosa pensano gli stranieri della Rai… La Rai forse lo sa, ma preferisce non dircelo. Auditel, questi dati, almeno a livello di audience, li ha, ovvero li… rileva, ma non li… rivela!
Basterebbe questo deficit a dimostrare che il “Bilancio di Sostenibilità” non risponde nemmeno al suo stesso titolo!
E che dire del simpatico passaggio relativo alla “disabilità”: si legge a pagina 177, nel paragrafo “Rappresentazione delle disabilità”: “Persone e personaggi con disabilità dichiarate o evidenti hanno rappresentato l’1,2 % delle persone e dei personaggi presenti nelle trasmissioni. Questo valore è da considerare del tutto indicativo e non direttamente confrontabile con i dati Istat sulla popolazione, poiché tale caratteristica non è sempre individuabile o nota e non sarebbe opportuno che lo fosse in maniera indiscriminata”. Che simpatico escamotage, per non mettere il dito nella piega di un tema che viene affrontato assai raramente nell’offerta Rai.
Altra ipocrita giustificazione in materia di “rappresentazione della diversità di orientamento sessuale”: “Orientamenti Lgbtqi+ sono esplicitati nell’1,0 % di persone e personaggi”. Un po’ pochino, nevvero? Ma l’abile redattore (o il ricercatore “a servizio Rai”) giustifica simpaticamente: “l’orientamento sessuale è sempre frutto di una scelta privata, resa pubblica solo se e quando lo desidera la persona interessata”. Oh, perbacco!
Potremmo continuare per pagine e pagine, ma si tratterebbe di esercizio intellettuale (e mediologico e politico) destinato scontrarsi contro un muro di gomma di dati e di tesi benevole, che non affrontano in modo realmente serio, onestamente oggettivo, e doverosamente severo la vera verità della Rai e della sua offerta.
Abbiamo ragione di ritenere che i ricercatori e consulenti di cui Viale Mazzini si avvale finiscano per essere per lo più portatori d’acqua del principe.
Non staremo certo qui a sostenere che i capitolati degli appalti della Direzione Marketing (diretta da Roberto Nepote) siano influenzati “ab origine”, e nemmeno che i rapporti finali delle ricerche che sono citate nel “Bilancio di Sostenibilità” siano eterodiretti – o, peggio, manipolati – dal committente.
E ricordiamo qui, in argomento, che in Rai esisterebbe anche una fantasmica Direzione Ufficio Studi, affidata dall’aprile 2021 a Claudia Mazzola, che però ha un budget ridicolo, e non svolge quindi il ruolo che pure sarebbe giusto svolgesse. Non a caso tutte le ricerche Rai sono ormai – ahinoi – “marketing oriented”, da molti (troppi) anni. Il “sociale” è marginale. L’attività di elaborazione strategica e tattica è focalizzata sul mercato, e sganciata dalla funzione di servizio pubblico.
È un dato di fatto che il bilancio Rai si pone come autorappresentazione positiva e – per così dire – bonaria. Totalmente auto-assolutoria. Nemmeno un cenno di autocritica.
Crediamo che “fare ricerca indipendente” significhi (dovrebbe significare) anche identificare le criticità del committente, non contribuire alla sua beatificazione.
Eppure, da Auditel (di cui – si ricordi – Rai è socia al 33 %) e dalle indagini Qualitel e dai tanti istituti coinvolti da Viale Mazzini nelle varie ricerche qualitative e quantitative realizzate anche per il “Bilancio di Sostenibilità” (dal raggruppamento Mg Research, Noto Sondaggi, Emg Different e Gpf Inspiring Research all’rti Isimm Ricerche, Infojouce, Izi; e, ancora, di PricewaterhouseCoopers, quest’ultima per l’analisi di impatto socioeconomico di Rai sul sistema “Paese”…) ci sembra emerga una immagine complessivamente edulcorata della concessionaria di servizio pubblico.
Ma forse chi redige queste note – da eccentrico ricercatore sociale e mediale – ha una concezione troppo eterodossa del concetto di indipendenza.
Svelato il mistero del canale Rai in lingua inglese! Esiste, ma nessun sa dove è…
Una chicca: apprendiamo da questo “Bilancio di Sostenibilità” che fine ha fatto il mitico canale per l’estero in lingua inglese!
Si legge infatti a pagina 128: “Canale in Lingua Inglese. Per il Canale, istituito nel 2020, nel corso del 2021, con formalizzazione nel mese di dicembre, è stata ridefinita la mission, nel rispetto dei vincoli di Servizio Pubblico. Questo nuovo progetto editoriale, che rivolge una particolare attenzione su gran parte degli obiettivi di sostenibilità previsti dall’Agenda Onu 2030, si pone l’obiettivo di: offrire contenuti in lingua (o sottotitolati) sia su canali lineari che digitali; promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo attraverso il racconto di eccellenze produttive e culturali, favorendo altresì la conoscenza della lingua inglese da parte dei cittadini italiani; perseguire la ricerca di supporti finanziari alla produzione dell’offerta, attraverso il reperimento di ulteriori fondi nazionali e internazionali. In questa nuova configurazione editoriale, il Canale è confluito, come detto a partire da dicembre 2021, nella nuova Direzione Offerta Estero, unitamente ai canali Rai Italia e Rai World Premium”. Il canale fantasmico è “confluito” nella novella Direzione, d’accordo, ma dove lo si può concretamente vedere, di grazia?! Su questi temi, si rimanda ancora una volta a “Key4biz”, edizione del 26 gennaio 2022, “Rai, nasce in sordina una nuova struttura: la ‘Direzione Offerta Estero’”.
A proposito di… “sostenibilità” (ci si consenta la battuta!), simili ardite argomentazioni – à la Totò – ci sembrano veramente… insostenibili!
Che la Rai abbia finalmente il coraggio di sottoporre il “Bilancio di Sostenibilità” a pubblica discussione
Conclusivamente, queste graziose (per l’infografica) 310 pagine del “Bilancio di Sostenibilità” servono a poco, se non a nulla.
In ogni caso, se Rai avesse la volontà e la capacità di sottoporre questo documento ad una pubblica discussione, in un’occasione di confronto libero e plurale con la società civile e con gli “stakeholder” tutti, il “Bilancio di Sostenibilità” potrebbe divenire uno strumento di dialettica, di critica e di sana autocritica, utile per consentire alla concessionaria di servizio pubblico di focalizzare la propria “mission”.
Superando il beota autocompiacimento che sembra caratterizzare operazioni come questa del (non) “bilancio sociale”.
A proposito, diverte osservare come la formula “bilancio sociale” è citata 2 volte (due) soltanto nel “Bilancio di Sostenibilità”: a pagina 86, si legge: “in linea con il percorso già intrapreso con le tre edizioni precedenti del Bilancio Sociale / Dnf 2018, 2019 e 2020, anche quest’anno si è voluto mettere in evidenza la stretta convergenza tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030 e l’offerta editoriale del Gruppo Rai”. Una quarta edizione che non registra alcun salto di qualità. A pagina 288, si segnala che, per approfondimenti, ci si può rivolgere alla Direzione Bilancio Sociale: infatti, incredibile ma vero, esiste una struttura “ad hoc” in Rai (diretta da Maurizio Rastrello).
Si ricordi che il “numero zero” del “Bilancio Sociale” Rai è stato realizzato nel 2015, anche grazie ad un qualche input di chi scrive questo contributo manifestato alla allora Presidente Anna Maria Tarantola (vedi “Key4biz” del 29 luglio 2015, “ilprincipenudo. Il numero zero del ‘bilancio sociale’ Rai: più ombre che luci”; vedi “Articolo 21” del 19 novembre 2018, “Bilancio Sociale Rai 2017, di male in peggio”). Da segnalare che quella realizzata nel 2015 è stata finora l’unica “edizione” comunque presentata… pubblicamente! Incredibile, ma vero (bis!).
Riteniamo che un autentico “Bilancio Sociale” di un soggetto come Rai dovrebbe essere elaborato da un ente terzo, totalmente indipendente dalla Concessionaria.
Scompare la Direzione Rai per il Sociale (perché?), nasce la Direzione Environmental, Social e Governance (sic)
Nel novello “Bilancio di Sostenibilità” Rai fresco di stampa, si intona il requiem per una struttura che pure aveva cercato di orientare la concessionaria pubblica proprio verso la dimensione del sociale: sembra ormai evidente che Soldi e Fuortes hanno deciso di “ristrutturare” la Direzione Rai per il Sociale, creata nell’agosto 2020 dal loro predecessore Fabrizio Salini, affidata alla guida dell’appassionato Giovanni Parapini (Direttore della Comunicazione Rai da 2016 chiamato dall’allora Dg Antonio Campo Dall’Orto). Ovvero di… smantellarla (Parapini ne è ancora Direttore ad interim, ma dal gennaio 2022 è stato nominato Direttore della Sede Regionale per l’Umbria).
Una struttura preziosa che non è mai stata dotata delle risorse adeguate, ma che pure ha realizzato iniziative commendevoli di stimolazione e disseminazione: per coordinare al meglio le iniziative editoriali in questo campo e per darne conto anche all’opinione pubblica (ben venga!!!), la Direzione ha prodotto tra l’altro un utile documento di monitoraggio denominato “Progress Sociale”, a cadenza settimanale, dove vengono riepilogate tutte le informazioni aziendali su questo tema (in un’ottica di trasparenza, lo strumento, da settembre 2020, è accessibile a qualsiasi utente sul sito www.rai.it, alla sezione Corporate/Rai per il Sociale).
Una struttura – quella della Direzione Rai per il Sociale – nella cui “giurisdizione” doveva per esempio rientrare – ovviamente – anche quel “bilancio sociale” che è stato snaturato in itinere.
Giusto in un’azienda malata di policentrismo (e di superfetazioni dirigenziali) come Rai potevano “convivere” (…) una Direzione per il Sociale ed una Direzione Bilancio Sociale… completamente isolate l’una dall’altra!
Si legge peraltro nella “lettera agli Stakeholder” (ma perché tutta questa anglofonia in una società come la Rai, che della lingua italica dovrebbe farsi fiera interprete?!) firmata da Soldi e Fuortes: “Rai, anche da un punto di vista organizzativo, ha recentemente deciso di segnare una discontinuità, costituendo un sistema, snello e flessibile, articolato su più livelli che, a partire da un forte coinvolgimento dello stesso Consiglio di Amministrazione, farà perno su una nuova direzione dedicata alle tematiche Esg, coadiuvata da una rete di “sostenitori” diffusa nelle strutture maggiormente coinvolte, sia da un punto di vista produttivo, sia da un punto di vista editoriale”. Oh, perbacco! Discontinuità, ma nella pratica operativa… di cosa si tratta?!
Sappiamo che l’artefice primario della destrutturazione della Direzione Rai per il Sociale (le ragioni di questa scelta sono incomprensibili) e della creazione della Direzione Esg (sic) è la Presidente Marinella Soldi (anche per il tema rientra tra le poche deleghe assegnatele). A naso, ci sembra un approccio più da ideologia da gruppo privato, pur sensibile ai temi – generali e spesso generici – della “sostenibilità”.
Non è questa la “mission” di un servizio pubblico mediale, che dovrebbe essere centrata proprio sulla funzione sociale e culturale. Basti evocare la cultura aziendale della storica Olivetti…
Vedremo come, nel passaggio tra la teoria e la pratica, questa novella Direzione “Environmental, Social e Governance” (senza la benedizione dell’Accademia della Crusca, temiamo) della Rai saprà caratterizzare meglio il servizio pubblico radiotelevisivo nella prospettiva di un suo profilo identitario differenziato rispetto ai broadcaster commerciali: un profilo più sociale (e non nel senso di “social”), e meno asservito alle logiche del mercato.
La scadenza del mandato dell’attuale C.d.A. è al 31 dicembre 2023. Il rinnovo del Consiglio deve avvenire entro il 30 giugno 2024, in occasione dell’Assemblea di approvazione del bilancio (ovvero entro 180 giorni dal 31 dicembre 2023).
Il Cda in carica ha quindi davanti a sé ancora due anni. Non pochi.
Da segnalare che martedì 28 giugno è prevista a Milano la presentazione dei novelli palinsesti Rai, di cui il Cda ha “preso atto” ieri, con il Consigliere Riccardo Laganà (rappresentante dei lavoratori) che ha manifestato dissenso, giustificando il proprio parere contrario anche perché “il ricorso agli appalti è ancora massiccio”. Abbiamo certezza che, nell’occasione “spettacolare” meneghina, il “Bilancio di Sostenibilità” non verrà nemmeno citato.
Da segnalare che Laganà ha denunciato anche che “il tema della disabilità è affidato ad un solo lodevole programma, che fatica a trovare stabilità nel palinsesto”: si tratta di “O Anche No”, curato da Paola Severini Melograni, che – come abbiamo segnalato più volte su queste colonne – è relegato a fasce sepolcrali del palinsesto di Rai3, con un budget irrisorio. A proposito di Rai… “per il sociale”, appunto!
Requiem per il qualificato e prezioso blog specializzato: BloggoRai sospende le trasmissioni
Infine, una nota luttuosa: martedì scorso 21 giugno, la fonte informativa sulla Rai forse più preziosa (assieme a “Vigilanza Tv” diretto da Marco Zonetti) del sistema mediale italiano, ovvero il blog indipendente specializzato attivato da un redattore anonimo (un qualificato ex dirigente di Viale Mazzini) ormai quattro anni fa, il qualificato e pugnace Bloggorai, ha deciso di… sospendere le pubblicazioni.
Questa la comunicazione di sospensione (però – si precisa – non… interruzione): “dopo 4 anni ininterrotti con 1.569 post e centinaia di migliaia di visualizzazioni, anche Bloggorai prende atto che il mondo intorno alla Rai è cambiato e l’interesse sul futuro del Servizio Pubblico si è drasticamente indebolito”.
Il Redattore Anonimo sospende le trasmissioni lamentando – giustamente ed amaramente – un diffuso silenzio delle istituzioni (l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il Consiglio Nazionale degli Utenti, la Commissione di Vigilanza…), della politica (dei partiti tutti), dei sindacati (tutti), della società civile (accademia inclusa), rispetto al futuro della Rai.
Tutti rassegnati? Tutti assuefatti? Tutti intorpiditi?
Ed elenca i dossier che nessuno sembra voler affrontare:
(1.) il rinnovo del “Contratto di Servizio” avvolto nel mistero con nessuna trasparenza e nessuna pubblico confronto (quello attuale scade a fine dicembre 2022);
(2.) il nuovo “Piano Industriale” anch’esso nelle nebbie (procede con esasperante lentezza e non se ne ha la minima pubblica evidenza);
(3.) l’aggiornamento dell’offerta editoriale (qualcosa di innovativo verrà forse disvelato il 28 giugno a Milano?!);
(4.) la nuova modalità di riscossione del canone (una vera mina vagante, per la Rai, perché potrebbe determinare una riduzione notevole dei ricavi, a fronte di rinnovata evasione);
(5.) il completamento della transizione Dvb-T2 (tematica correlata con la imminente inutilità delle “torri” di RaiWay);
(6.) le proposte di legge di riforma della “governance” (che stagnano in Parlamento, e di cui nessuno discute)…
Tutti temi essenziali per la Rai che verrà.
E che nessuno (almeno pubblicamente) affronta. Nessuno.
E forse dimentica (volutamente) il tema dei temi: il ruolo futuro del servizio pubblico mediale nel nuovo scenario digitale.
Conclude, con preoccupazione, il Redattore Anonimo: “… e si arriva vicini al rinnovo della Concessione nel 2027, dove già volteggiano i predatori del Servizio Perduto pronti a sostenere la richiesta di gara di assegnazione”. Speriamo che BloggoRai si sbagli, e non sia profeta di sventura.
Auguriamoci veramente che non si debba intonare presto il Kaddish dell’italico servizio pubblico televisivo e mediale.
ULTIM’ORA
Il dossier IsICult per “Key4biz” sul “bilancio di solidarietà” Rai è stato pubblicato oggi 24 giugno alle 14:55.
Una mezz’ora dopo, alle 15:25, l’agenzia stampa Agi dirama un comunicato di Viale Mazzini, comunicato rilanciato poi da Agenzia Nova, e poi Ansa ed infine, alle 16:34, da Adnkronos.
Comunicato peraltro non pubblicato ancora sulla sezione “Corporate” dell’Ufficio Stampa Rai.
Naturale sorge il quesito: la pubblicazione su “Key4biz” avrà forse stimolato la potenza di fuoco dell’Ufficio Stampa della televisione pubblica?
Possibile che l’anteprima di “Key4biz” abbia convinto i vertici della Rai a rendere finalmente pubblico ovvero a prestare maggiore attenzione a quel storicamente è sempre apparso in sordina, anzi in semi-clandestinità?!
Non siamo così presuntuosi, ma, cercando bene nell’archivio delle agenzie, va segnalato che questa mattina la notizia era stata proposta (poco prima di mezzogiorno) da due agenzie stampa minori, come 9colonne e LaPresse, e poi da Askanews.
Quali siano le concause della decisione, va dato atto alla Rai di aver finalmente dedicato un minimo di attenzione ad un documento che pure dovrebbe essere oggetto di ben altre strategie di comunicazione. Il tono del comunicato stampa conferma l’approccio autoreferenziale e totalmente deficitario di autocritica, ma questo è un altro discorso.
Che Presidente ed Amministratore Delegato si convincano questa volta a organizzare un’occasione di pubblico confronto con gli “stakeholder” e la società civile, a partire proprio dal “Bilancio di Sostenibilità”?
Magari fosse. Che il dibattito sui futuri possibili della Rai esca dalle nebbie e dalla stagnazione in cui versa.
Clicca qui per il documento Rai “Bilancio di Sostenibilità del Gruppo Rai / Dichiarazione Non Finanziaria. Anno 2021”, Roma, 14 giugno 2022 (data del file .pdf).