Lo stupore permane: perché il bilancio della Rai sembra non interessare proprio a nessuno?!
Non si deve essere economisti o appassionati di finanza, per capire che il “bilancio di esercizio” è una fonte preziosa di dati e informazioni per comprendere come funziona il servizio pubblico radiotelevisivo. Eppure…
Può sembrare incredibile: abbiamo già denunciato su queste colonne come venerdì della scorsa settimana, 24 giugno 2022, la Rai abbia reso noto il “Bilancio di Sostenibilità” (alias “Bilancio Sociale”) relativo all’esercizio 2021, ma la notizia è stata ignorata da tutti i media, che fossero “mainstream” o di nicchia, generalisti o specialistici, fatta salva l’eccezione unica del quotidiano online “Key4biz”, che ha proposto, venerdì 24 stesso, un dossier esclusivo curato da IsICult: vedi “Bilancio Sociale Rai 2021. I ricavi crescono da 2,51 a 2,69 miliardi di euro (+179 milioni)”.
Su questo “Bilancio di Sostenibilità” (310 pagine zeppe di numeri, tabelle, analisi), nessuno ha scritto una riga. Lo abbiamo segnalato, manifestando ingenuo stupore: vedi “Key4biz” del 27 giugno, “Rai, Bilancio di Sostenibilità 2021 ignorato completamente da tutti”.
Ancora più sorprendente, però, è che, se è vero che l’Ufficio Stampa di Viale Mazzini ha diramato venerdì 24 almeno un comunicato in relazione al “Bilancio di Sostenibilità”, nemmeno una parola, da parte della stessa Rai, rispetto alla avvenuta pubblicazione, ieri l’altro 28 giugno 2022, del bilancio vero e proprio, ovvero il “Bilancio di Esercizio” 2021 (approvato il 23 giugno anche dall’Assemblea dei soci, Ministero dell’Economia e delle Finanze – Mef e Società Italiana Autori Editori – Siae).
Non un comunicato stampa da Viale Mazzini, e soltanto 1 citazione una nella rassegna stampa e web: in effetti, questa notizia non poteva sfuggire al confindustriale “Il Sole 24 Ore” e vi ha dedicato ieri una qualche attenzione Andrea Biondi, in parallelo alla presentazione dei palinsesti Rai, avvenuta a Milano martedì scorso. A parte “Il Sole”, nessuno ha scritto una riga (una qualche attenzione era emersa, sulla stampa e sui media, in occasione dell’approvazione del bilancio da parte del Consiglio di Amministrazione dell’11 maggio scorso, ma allora vennero rese note soltanto alcune cifre essenziali).
310 pagine il “Bilancio di Sostenibilità” Rai, 400 pagine il “Bilancio di Esercizio” Rai.
Ricaduta mediatica?! 0 (zero) citazioni nella rassegna stampa e web.
Qualcosa non quadra.
La Corte dei Conti sul bilancio Rai (2020): “eliminare inefficienze e sprechi, contenere i costi, migliorare l’equilibrio economico e gestionale”
Una curiosa coincidenza: a distanza di due giorni dalla pubblicazione, ancora una volta in sordina (martedì 28 giugno), del “Bilancio di Esercizio” Rai per l’anno 2021, giunge la voce della Corte dei Conti, che oggi giovedì 30 giugno pubblica il suo “referto” su Viale Mazzini, ovviamente riferito all’esercizio precedente, l’anno 2020. Esattamente si tratta della “Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rai – Radiotelevisione Italiana spa”.
Sarà interessante osservare se domani venerdì 1° luglio anche questo documento verrà completamente ignorato da “media mainstream” e testate specializzate, e finanche dal web tutto.
Il comunicato stampa della Corte dei Conti lascia trapelare, tra le righe, un qualche rilievo critico. Ci limitiamo a riportare questo passaggio: “viene rilevato, sul fronte contratti, un inappropriato ricorso alle proroghe di quelli già in essere, dovuto all’avvio non tempestivo di procedure aperte di affidamento e a una mancata programmazione operativa, necessaria per un’attività contrattuale corretta ed efficiente”.
Ed è severa la conclusione: “è necessario che la Rai spa ponga in essere ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, per eliminare inefficienze e sprechi, assicurando un maggior contenimento dei costi e migliorando l’equilibrio economico e gestionale, viste le perdite, per il terzo anno consecutivo, di conto economico”.
Con il suo linguaggio burocratico e felpato, qualcosa di critico emerge quindi, nelle 165 pagine della Determinazione assunta dalla Sezione del Controllo sugli Enti della Corte dei Conti, che reca la firma di Ermanno Granelli (documento approvato nell’“adunanza” del 31 maggio 2022).
Si legge a pagina 150, tra le “Conclusioni”: “con riferimento all’attività contrattuale, la Corte deve rilevare un inappropriato ricorso a proroghe di contratti in essere, frutto di intempestivo avvio di procedure aperte di affidamento, unito alla mancata programmazione delle attività necessarie per un corretto ed efficiente espletamento dell’attività stessa”.
Ancora più pesante qui, il parere dei giudici contabili: “tenuto conto di episodi che si sono verificati all’interno dell’azienda (di violazione di norme di condotta, con profili penali, contabili e disciplinari), ferme restando le responsabilità dei soggetti che dovranno essere definitivamente accertate dall’Autorità giudiziaria, ad avviso della Corte è necessario un adeguato processo di revisione del sistema dei controlli interni volto, da una parte, a garantire una più efficace e corretta utilizzazione delle risorse aziendali, dall’altra, a scongiurare condotte illecite, con particolare riferimento al settore degli acquisti e alla gestione dei beni mobili. È necessario, inoltre, rafforzare le modalità per dare corso ai processi di adeguamento in ordine alle criticità evidenziate in sede di audit”.
Sarà necessario tempo adeguato ed attenzione estrema, per una “lettura incrociata” del bilancio di esercizio 2021 e della relazione della Corte dei Conti sul bilancio 2020, qui ci limitiamo a ribadire come sia veramente curioso che nessuno presti attenzione a questi documenti, che non sono una arida proposizione di numeri, ma la strumentazione indispensabile per comprendere come funziona il servizio pubblico mediale in Italia.
Si segnala in particolare che quest’anno la Corte dei Conti si sofferma con attenzione sui costi delle “sedi regionali” (vedi pagine 28-31).
Interessante anche il dato sul costo medio dei 317 dirigenti del Gruppo Rai: 232.000 euro ognuno, per un costo complessivo – nell’anno 2020 – di 73,4 milioni di euro.
Presentazione dei palinsesti Rai 2022/2023: da qualche settimana è operativa la riorganizzazione per “Generi”, che supera la strutturazione per “Reti”. Al centro, “il prodotto”
Notevole attenzione e discreta rassegna stampa e web, invece, per la presentazione dei palinsesti, avvenuta a Milano l’altro ieri (martedì 28), la mattina per quanto riguarda Rai ed in serata per quanto riguarda Rai Pubblicità.
Alcune annotazioni “coreografiche”: al di là di coloro che hanno assistito in presenza alle due presentazioni, va segnalato che, dopo una mezz’ora dall’inizio della presentazione mattutina, è saltato il collegamento via web del canale dell’Ufficio Stampa, che è stato costretto a comunicare ai giornalisti collegati che la presentazione poteva essere seguita anche sul canale web di RaiNews… Ed i giornalisti che in quelle ore mattutine e serali erano impegnati in altre attività non hanno avuto (e non hanno chance!) di rivedere la videoregistrazione dell’evento mattutino, perché Rai non lo ha poi messo a disposizione (mentre l’evento meneghino è fruibile: clicca qui, per rivederlo, sul sito web di Rai Pubblicità). Sono dinamiche normali? A noi, non sembra, ma che qualcosa non funzioni nella “comunicazione” Rai è ormai evidente.
Non intendiamo analizzare qui ed ora le “novità” (poche) e le “conferme” (tante) della nuova offerta dei palinsesti 2022/2023, e ci limitiamo ad alcune osservazioni: l’Amministratore Delegato Carlo Fuortes ha enfatizzato, sia in mattinata sia in serata (di fatto riproducendo esattamente lo stesso discorso), la bontà della nuova organizzazione per “direzioni di genere”, strutture manageriali che sono trasversali rispetto ai canali.
“Accanto a me, vedete 10 direttori: fino a ieri, ci sarebbero stati solo i 3 direttori di rete”, ha esordito Fuortes (anche se in verità non è proprio così, perché anche l’anno scorso i palinsesti sono stati presentati dai responsabili delle varie “fasce” e strutture…).
Va ricordato anzitutto che non è peraltro esattamente una “rivoluzione” di Fuortes, quella del passaggio dalle “reti” ai “generi” – la cosiddetta “transizione” – perché egli l’ha ricevuta in eredità dal suo predecessore Fabrizio Salini (in carica fino al 16 luglio del 2021).
Questa novella organizzazione dovrebbe stimolare un superamento della vecchia impostazione di Viale Mazzini, molto legata soprattutto ai tre canali generalisti, e dovrebbe consentire il salto nella fantastica dimensione della “media company”, concentrando gli sforzi sul “prodotto” (al di là dei canali di veicolazione nell’offerta).
Si va nella direzione di un modello “content-centric”. Ovvero in habitat “multi-piattaforma”.
Facile a dirsi, difficile a farsi.
“Da qualche settimana, è infatti operativa la trasformazione organizzativa per Generi”, ha spiegato l’Ad.
Apparentemente, la prospettiva è quella giusta, ma si dovrà attendere il 2023 per verificare se si tratta di belle intenzioni o di pratiche di successo.
Quel che abbiamo notato, soprattutto nella presentazione serale curata da Rai Pubblicità, è un approccio molto “marketing oriented” e soprattutto “cross-mediale”.
Eppure restiamo assolutamente convinti che Rai non debba essere serva di due padroni. Basta lo Stato, non serve anche il Mercato.
La televisione pubblica dovrebbe essere liberata dalla schiavitù della pubblicità, come avviene nei migliori casi di servizio pubblico mediale a livello europeo. E non si può non ricordare il “benchmark” della britannica Bbc, che pure la stessa Presidente Marinella Soldi ha citato come modello di riferimento in alcune sue interviste.
Fino a quando ciò non avverrà, assisteremo ad una continua ibridazione, e ad una continua sudditanza nei confronti del mercato, oltre che della politica.
Rai Pubblicità rivendica la ricchezza dei propri “dati di prima parte”: ma questo è “servizio pubblico”?
Ed invece la conferenza stampa dell’offerta 2022/2023, nelle parole dell’Amministratore Delegato di Rai Pubblicità Gian Paolo Tagliavia e del Direttore dell’Area Digital e Cinema Francesco Barbarani, ha confermato l’immagine di un “servizio pubblico” che opera con la stessa logica di un “broadcaster” commerciale. Anzi – per parafrasare l’Ad Fuortes – di una vera e propria “media company” che ha sempre maggior coscienza delle informazioni comportamentali dei propri clienti.
Interessante, in particolare, l’enfasi posta sui cosiddetti “dati di prima parte” (in inglese, “first party data”), formula che sfugge ai più e che merita una spiegazione: nello slang dei pubblicitari, del marketing e degli “data strategist” (ovvero dei centri media e degli investitori), si tratta delle informazioni che un’impresa riesce ad acquisire dal proprio pubblico ovvero dalla propria clientela, ai fini della miglior definizione dell’identikit dei consumatori/navigatori ed alla profilazione dell’offerta…
Ha sostenuto Barbarani, a chiare lettere (e finanche con orgoglio manageriale): “noi lavoriamo sui dati di prima parte, che sono i più pregiati, cercando un’armonia tra tutti gli schermi e guardando alle pianificazioni in maniera sempre più integrata. Possiamo partire dalle audience televisive, che oggi grazie alle banche dati esistenti riusciamo a elaborare con più precisione. Oppure possiamo partire dalle audience digitali, che ci consentono di lavorare di fino su comportamenti, profili, target valoriali e obiettivi di marketing, appoggiandoci sui nostri contenuti qualitativi premium e sui 20 milioni di utenti registrati”.
Si ricordi che, negli ultimi anni, il marketing digitale si è alimentato soprattutto di dati di terza parte, ovvero le informazioni che vengono messe a disposizione dell’azienda per raggiungere un pubblico, ma non sono in suo possesso: si tratta soprattutto dei “cookie” di (appunto) “terze parti”, quelli che all’inizio del 2020 Google e gli altri produttori di “browser” hanno deciso di abbandonare entro il 2022, spinti dalle richieste delle persone di una maggior tutela della propria “privacy”… dati di terza parte sono composti da informazioni raccolte o vendute (o prestate, per essere più precisi) da fornitori di dati. In generale, sono considerati di qualità inferiore ai dati di prima e seconda parte, ma con alcune eccezioni: Facebook, per esempio, ha informazioni complete e continuamente affidabili sui propri utenti. Unisce i dati che raccoglie come dati di prima parte con quelli che ottiene attraverso gli inserzionisti. I dati di seconda parte sono invece sostanzialmente dati di “prima parte” che appartengono a una “terza parte” che li condivide, nell’ambito di un accordo di collaborazione. La misura nella quale i dati “di seconda parte” possono completare i propri di dati “di prima parte” dipende dal tipo di partner con cui si lavora. I dati “di seconda parte” consentono di ottenere ovviamente profili utenti più completi, soprattutto in termini di interessi e altri aspetti che non sono necessariamente coperti dai dati di prima parte…
Ci si domanda: ben vengano tecniche di marketing sempre più evolute, grazie all’habitat digitale sempre più pervasivo, ma… cosa c’azzeccano queste pratiche con il “servizio pubblico” radiotelevisivo e mediale?
Poco, anzi – a parer nostro – nulla.
Rai Pubblicità si vanta di aver registrato un +20 % di raccolta “digital”, da gennaio a maggio 2022, ma noi ci domandiamo se il cittadino/utente deve proprio sopportare l’invadente flusso di pubblicità senza il quale non è possibile fruire della programmazione offerta su RaiPlay: perché, di grazia?! Ah, certo, si tratta di un’offerta che fuoriesce dalla regolamentazione normativa dei limiti pubblicitari… Ed anche questo dovrebbe essere oggetto di riflessione critica, se qualcuno in Agcom ci pensasse…
Martedì 12 luglio 2022 ci sarà una ulteriore “presentazione dei palinsesti” Rai, questa volta a Roma. Sarà interessante osservare se verrà semplicemente ri-prodotto quel è emerso a Milano, o se emergerà qualcosa di nuovo.
BloggoRai: “la Grande Pernacchia dei Palinsesti futuri”?
Ha commentato ieri il Redattore Anonimo sul blog specializzato “BloggoRai – La Rai prossima ventura” (che aveva annunciato martedì 21 giugno la “sospensione delle trasmissioni”, ma che ha invece ripreso a martellare le sue preziose osservazioni critiche), in un post intitolato polemicamente “Rai: la Grande Pernacchia dei palinsesti futuri” (non elegante titolazione, va osservato): “tutti attenti alla vera grande novità dei palinsesti 2022-23: la fine del telespettatore e la nascita del “follower” con annesse faccine e pollicini”. Battute brutali, ma efficaci, per identificare il nuovo “trend”.
Nelle more, nessuna reazione da parte della società civile, degli “stakeholder”, delle istituzioni (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – Agcom, Consiglio Nazionale degli Utenti – Cnu, Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi…), dei partiti, dei sindacati, dell’accademia, del terzo settore… sul “Bilancio di Sostenibilità” Rai e nemmeno sul “Bilancio di Esercizio”.
Ancora una volta, sembra prevalere acquiescenza e rassegnazione.
Uniche voci fuori dal coro: il Consigliere di Amministrazione Riccardo Laganà (rappresentante dei dipendenti) che ha dichiarato di “non aver preso atto dei palinsesti e votato i piani di produzione e trasmissione perché, nonostante il nuovo modello per generi approvato anche per ottimizzare le risorse ideative e produttive, registro, nel prime time di Rai1 e Rai2, un massiccio ricorso a collaboratori esterni e produzioni in appalto totale, parziale o acquisto diritti di ripresa riferibile alle solite grandi società di produzione; addirittura la sperimentazione che si sviluppa su Rai2 è per la stragrande maggioranza prodotta in appalto totale o parziale”; ed i sindacati aziendali, che lunedì scorso hanno simpaticamente denunciato che “il Piano Industriale di Fuortes è un Piano di Distruzione” (sic) con firma plurima e plurale, ovvero Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Fnc-Ugl, Snater, Libersind-Confsal (e… chi più ne ha, ne metta),
E nulla si sa del “Contratto di Servizio”, in gestazione nelle misteriose stanze del Settimo Piano di Viale Mazzini: a distanza di quel che pubblicavamo in esclusiva su queste colonne, anche su questo… tutto tace (vedi “Key4biz” del 19 maggio 2022, “Contratto di servizio Rai-Mise, l’atto di indirizzo del Governo (Esclusiva IsICult/Key4biz)”. Scrivevamo allora: “ancora una volta, molte belle intenzioni, ma in assenza di una definizione precisa di ‘prestazioni’ e ‘controprestazioni’. Prevale genericità”.
E l’“Atto di Indirizzo” del Governo approvato il 17 maggio 2022 ha forse provocato una qualche reazione? No. Nemmeno quello ha provocato un conato di attivismo civile, intellettuale, politico.
Nessun confronto pubblico, nessuna polemica, nessuna dialettica.
E, da parte della Rai, nessuna iniziativa di ascolto della società civile.
Tutto tace.
Latest news: campagna del Ministero della Cultura “#soloalcinema”
È stata annunciata ieri dalla Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni la nuova campagna per la promozione del consumo di film nelle sale cinematografiche, intitolata “#soloalcinema”.
Qui il link al video “Torna a sognare a occhi aperti. Quest’estate vai al cinema”, sul canale YouTube del Ministero della Cultura.
Ci limitiamo a segnalare che gli attori protagonisti (in primis Alessandro Siani) indossano abiti… invernali!
Da non crederci.
Clicca qui per il documento Rai “Relazione e bilanci al 31 dicembre 2021”, pubblicato sulla sezione “Trasparenza” del sito web Rai il 28 giugno 2022
Clicca qui per il documento Rai “Bilancio di Sostenibilità del Gruppo Rai / Dichiarazione Non Finanziaria. Anno 2021”, Roma, pubblicato sulla sezione “Trasparenza” del sito web Rai il 24 giugno 2022
Clicca qui per il documento Corte dei Conti “Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rai – Radiotelevisione Italiana spa”, pubblicato il 30 giugno 2022
P. S.
Non sappiamo se a seguito della segnalazione da parte di “Key4biz”, ma va apprezzato che la videoregistrazione della presentazione dei palinsesti Rai di ieri l’altro martedì 28 è… magicamente apparsa, poco fa, sul sito web dell’Ufficio Stampa di Viale Mazzini. Buona visione (per gli appassionati del genere):