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Big Data: migliorano la vita dei pazienti (e fanno risparmiare il sistema sanitario)

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Secondo uno studio di McKinsey & Company, il settore potrebbe valere tra 300 e 450 miliardi.

I Big data possono migliorare la sanità? E’ la domanda a cui cerca di rispondere la Technology Review del MIT, sottolineando come le principali aziende del settore hi-tech, come Apple, Qualcomm e IBM, stiano investendo pesantemente nelle tecnologie legate al settore medico, siano esse app per gli smartphone o sistemi di analytics da miliardi di dollari.   La torta, in effetti, è molto ghiotta: secondo uno studio di McKinsey & Company, il settore potrebbe valere tra 300 e 450 miliardi. E l’entusiasmo ha coinvolto anche le società di venture capital – Greylock Partners e Kleiner Perkins Caufield & Byers, ma anche i fondi di Google, Samsung e Merck – che dall’inizio del 2013 hanno investito più di 3 miliardi di dollari nelle tecnologie sanitarie digitali – tecnologie mobili, sensori, software analitici. Tutto ciò, insomma, che rende possibile raccogliere informazioni sulla salute individuale e l’ambiente che ci circonda. Informazioni che sommate, dice la MIT Technology Review, possono trasformare la medicina in una scienza ‘su misura’ per ciascun paziente, spostando su quest’ultimo il controllo e la responsabilità fin qui in capo ai medici. Attualmente, la gran parte dei dati medici dei cittadini sono sotto il controllo delle assicurazioni e dei prestatori di servizi sanitari: i loro dati, in effetti, stanno già contribuendo a cambiare le cure mediche. L’articolo della Technology Review fa l’esempio di Express Scripts, azienda Usa che si occupa della gestione delle prescrizioni mediche esamina ogni anno quasi 1,5 miliardi di ricette. La società ha raccolto i dati di farmacie, medici e laboratori per identificare schemi in grado di allertare i dottori di potenziali interazioni nocive di farmaci e altre questioni legate alla prescrizioni mediche. In questo modo, ad esempio, i medici possono sapere con 12 mesi di anticipo e con una precisione del 98%, quali dei loro pazienti potrebbero avere problemi coi farmaci, migliorando così le cure e riducendo la spesa di 317 miliardi di dollari l’anno legata a visite inutili al pronto soccorso e altri trattamenti.   E questo non è che l’inizio: le tecnologie mobili, ad esempio, possono fornire preziose informazioni sulle abitudini quotidiane dei pazienti dando al medico la possibilità di modificare stili di vita deleteri e di interagire col paziente in maniera più frequente. I dati provenienti dalle cartelle cliniche elettroniche si andranno ad aggiungere all’intuizione del medico, ai risultati delle analisi e alla storia medica del paziente. I dati genetici permettono quindi di sapere se i pazienti sono predisposti a determinate patologie o come potrebbero reagire a una cura.   Tutte queste informazioni, insomma, aprirebbero la porta a una medicina più analitica e basata su evidenze, contribuendo anche a cambiare il ruolo dei pazienti, ai quali verrebbe offerta la possibilità di svolgere un ruolo centrale nella cura. Da una parte utilizzando le tecnologie mobili per monitorare il ciclo del sonno, il battito cardiaco, i livelli di attività e così via. In cantiere ci sono poi dispositivi avanzati in grado di monitorare costantemente parametri essenziali come l’ossigeno nel sangue, i livelli di glucosio, e anche lo stress. Non a caso, aziende come Apple e Google sono già in prima fila nello sviluppo di sistemi in grado di consentire alle persone di tenere sotto controllo la loro salute: Google, ad esempio, prosegue spedito nel progetto di realizzazione delle lenti a contatto per diabetici ma gli esempi concreti di come le nuove tecnologie possono migliorare le condizioni di malati cronici sono già tanti. Ginger.io, ad esempio, col permesso degli utenti raccoglie i dati del cellulare e di altri device per monitorare il comportamento di persone affette da depressione e verificare se hanno chiamato i loro cari, se dormono a sufficienza e cosi via. Se le informazioni mostrano segnali allarmanti, si informa qualcuno (il medico o un congiunto) che c’è qualcosa che non va. E ancora, le famiglie colpite da sindrome di Phelan-McDermid, una malattia genetica rara causata dalla perdita della porzione terminale di un cromosoma 22 e che causa un ritardo dello sviluppo motorio e intellettivo, stanno costruendo un database di informazioni dai test genomici, cartelle cliniche, indagini approfondite, storie di famiglia, e altro ancora. L’obiettivo è quello di creare un database centrale dove i ricercatori possono esaminare più fonti di dati contemporaneamente. Col vantaggio che i dati che un tempo sarebbero stati rinchiusi in laboratorio saranno facilmente reperibili e a disposizione degli esperti.

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