Italia apripista in Europa della corsa alla regolazione dei Big Data, il mare magno dei dati disaggregati raccolti in rete che rappresentano il nuovo petrolio dell’economia digitale, e che sta incendiando i rapporti fra Usa e Ue visto che le maggiori piattaforme online sono a stelle e strisce (Google, Amazon, Facebook, WhatsApp, Instagram, Netflix, Uber ecc.).
Le tre autorità indipendenti di casa nostra (Antitrust, Agcom, Garante Privacy) uniscono le forze con l’avvio di un’indagine conoscitiva, ognuna dal suo punto di vista e per le sue competenze ma dal valore altamente simbolico e a tutto tondo (multidisciplinare) sui Big Data. L’obiettivo delle tre Authority è fare un quadro completo sull’utilizzo alquanto nebuloso che le piattaforme online fanno dei nostri dati personali.
Ma cosa sono i Big data?
Lo chiarisce la nota congiunta diffusa oggi dalle tre Authority: “I big data si differenziano dagli altri dati per la particolare estensione della quantità di dati raccolti (volume), la continua evoluzione dei dati e la rapidità di analisi in tempo reale effettuata tramite l’utilizzo di complessi algoritmi (velocità) e la diversità e ricchezza a seconda del contenuto e del formato dei dati (varietà). Tali dati sono divenuti essenziali per la crescita economica, l’offerta di servizi innovativi, la creazione di posti di lavoro e il progresso sociale, ma il loro uso può comportare anche potenziali rischi per la riservatezza delle persone”.
“I big data rappresentano infatti un notevole patrimonio informativo e l’utilizzo di queste informazioni comporta specifici rischi per la tutela della riservatezza delle persone, tenuto conto anche del fatto che, grazie alle nuove tecnologie e alle tecniche di analisi, elaborazione ed interconnessione dei dati, risulta in molti casi possibile “re-identificare” un individuo attraverso informazioni apparentemente anonime – aggiunge la nota – La potenzialità dei big data, anche rispetto a dati anonimi o aggregati, può tradursi in profilazioni sempre più puntuali ed analitiche, con il rischio di nuove forme di discriminazione per le persone e, più in generale, in possibili restrizioni delle libertà”.
“Le Autorità intendono quindi analizzare se, e al ricorrere di quali condizioni, i big data possano tradursi in barriere all’entrata nei mercati o favorire comportamenti restrittivi della concorrenza tali da ostacolare lo sviluppo e il progresso tecnologico nonché ledere il diritto alla protezione dei dati delle persone coinvolte – si legge ancora nella nota –L’analisi si concentrerà sull’impatto delle piattaforme e dei relativi algoritmi sulle dinamiche competitive nei mercati digitali, sulla tutela della privacy e della capacità di scelta dei consumatori e sulla promozione del pluralismo informativo. Ciò anche al fine di verificare gli effetti sull’ecosistema digitale dell’aggregazione di informazioni e dell’accessibilità ai big data ottenuti attraverso forme non negoziate di profilazione dell’utenza”.
Tre Authority unite, è la prima volta in Europa
E’ la prima volta in Europa che tre Authority si alleano per un’analisi di questa portata che potrebbe cambiare profondamente il quadro di regole alla base della nostra economia.
Si tratta quindi di un atto politico rilevante, in un settore di grande criticità come la Rete e i dati che su di essa viaggiano in estrema libertà. Una sfera che tocca la nostra vita privata e pubblica, quella delle aziende e di tutti noi intesi come consumatori.
I dati hanno un valore economico molto rilevante, scarsa è la consapevolezza degli utenti sull’utilizzo che ne viene fatto. Utenti che troppo spesso disseminano di dati personali le diverse piattaforme online senza pensare ai tanti rischi cui vanno incontro: dal “furto” legalizzato dei loro dati personali, alla pesca a strascico in rete, passando per lo sfruttamento commerciale delle abitudini di vita dei consumatori attraverso l’analisi delle loro abitudini e dei loro gusti troppo spesso a loro insaputa.
Un’indagine a tutto tondo sotto tre profili regolatori distinti: concorrenza (basti pensare al rischio concentrazione da parte di pochi grandi player della Rete); comunicazioni, (basti pensare all’utilizzo crescente dei dati personali a fini commerciali su fisso e mobile); Data Protection (basti pensare alla raccolta dati a strascico, alla profilazione massiva e al nodo del consenso sul trattamento troppo spesso aggirato in rete o al telemarketing).
Big Data, concorrenza e tutela dei consumatori
In dettaglio, L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha deciso di procedere con l’indagine conoscitiva per individuare “eventuali criticità concorrenziali connesse ai Big Data” e procedere alla definizione di un quadro di regole “atto a promuovere e tutelare la concorrenza dei mercati dell’economia digitale, anche per individuare, ove necessario, forme di collaborazione (con Agcom e Garante Privacy ndr) per consentire a ciascuna Autorità il più efficace perseguimento dei rispettivi fini istituzionali”.
L’analisi “just in time” effettuata tramite l’utilizzo di complessi algoritmi di grandi quantitativi di dati eterogenei e in continua evoluzione (Big Data) costituisce un aspetto centrale del processo competitivo nell’ecosistema digitale. Lo sviluppo della data driven economy potrebbe essere potenzialmente intralciato da comportamenti restrittivi della concorrenza e/o da vincoli al corretto dispiegarsi degli incentivi all’investimento e all’innovazione ad opera di operatori, in particolare dalle piattaforme online”, prosegue l’Antitrust, che intende verificare se i Big Data possono essere “input o asset idonei a creare e/o rafforzare il potere di mercato di alcuni operatori, generare effetti di lock-in per gli utenti e costituire barriere all’entrata, e se ciò possa dar luogo a condotte anti concorrenziali volte a escludere nuovi entranti sui mercati dell’economia digitale.
Faro su estrazione massiva, profilazione, pluralismo nel digitale
L’Agcom in particolare punterà il faro sul crescente ricorso da parte delle piattaforme online “all’estrazione, al trattamento e all’elaborazione di informazioni derivanti da profili personalizzati, la cui disponibilità aumenta in relazione alla crescente intensità d’uso della Rete da parte dei cittadini, consumatori, imprese e istituzioni, con modalità innovative e con l’obiettivo di creare nuove forme di valore”, si legge nella delibera n.217/17 approvata ieri in Consiglio. Agcom ha già avviato un’indagine sulle piattaforme online, in seguito alla Delibera 357/15 per esplorare gli interventi normativi che si potrebbero rendere necessari al fine “di assicurare una concorrenza sostenibile, lo sviluppo delle reti e dell’innovazione e la tutela dei consumatori”. L’obiettivo è creare un quadro di regole a tutela della concorrenza, della privacy e dei profili di promozione del pluralismo nell’ecosistema digitale.
Sharing economy e GPS
In quell’indagine, fra le altre cose, l’Autorità ha rilevato, nella parte relativa ai consumer services, che “la maggior parte delle applicazioni analizzate risulta raccogliere i dati degli utenti (frequenza di accesso alla app, tempo medio di utilizzo, informazioni personali come la localizzazione GPS), per poi valorizzarli, in alcuni casi, tramite la vendita a imprese dedicate alla profilazione degli utenti, anche al fine di consentire l’elaborazione di annunci pubblicitari mirati, pratica che tuttora alimenta il dibattito in merito alla privacy dei consumatori, pur riguardando un modello di business ancora incerto”. Un’altra parte dell’indagine ha riguardato la sharing economy, mentre una distinta indagine conoscitiva (delibera 309/16) ha iniziato a indagare l’impatto delle piattaforme online sul sistema dell’informazione e sul funzionamento dei meccanismi adottati dalle piattaforme digitali per la loro diffusione, mettendo in luce le criticità sotto il profilo del pluralismo.
Insomma, “il modo in cui le piattaforme raccolgono e gestiscono le informazioni personali (ricorrendo spesso alla logica dei Big Data) desta non poche preoccupazioni e assume dimensione rilevante nell’ambito del dibattito riguardante le piattaforme digitali”, si legge nella delibera. Agcom scrive poi nero su bianco che “le piattaforme online dovrebbero rispondere a queste preoccupazioni spiegando agli utenti in modo più efficace quali sono i dati personali che vengono raccolti e come vengono condivisi e utilizzati”.
Uso secondario dei dati e privacy
Chissà che i big della rete non comincino ad alzare di più il velo sull’uso che fanno dei Big data proprio in Italia, grazie a questa indagine congiunta. Di certo l’Agcom indagherà a fondo, visto che i mercati toccati dai Big Data sono tutti di sua competenza (comunicazioni fisse e mobili, servizi media e audiovisivo e servizi postali). Al centro dell’indagine non solo l’uso primario dei dati, ma anche quello secondario, per la cui realizzazione in consenso esplicito (liberamente espresso dagli utenti) “potrebbe non essere più sufficiente a garantire il rispetto della privacy degli utenti”. Un’altra preoccupazione, che riguarda sempre l’uso secondario dei dati, è che questo sia “all’origine del potere di mercato per alcune imprese con impatti che interessano non solo l’ambito delle scelte economiche sul mercato ma anche la formazione di opinioni in un ambiente aperto al pluralismo informativo”, Insomma, l’algoritmo è sotto esame come un altro aspetto non secondario, al di là della net neutrality e la fruizione delle news che sempre più spesso avviene, con il rischio di essere pilotata dall’algoritmo, sui social media. Un altro aspetto riguarda l’aggregazione di dati rilevanti per la salute dei cittadini o per altre importanti finalità pubbliche.