Fiducia, sorpresa, attesa. Queste le parole più frequentemente associate al digitale da parte dei consumatori. Un clima positivo, di curiosità più che di timore rispetto all’innovazione quello delineato dalla ricerca Retail Transformation, realizzata dal Digital Transformation Institute e dal CFMT in collaborazione con SWG e Assintel. Ricerca i cui dati saranno presentati nel loro insieme nelle prossime settimane e che ha messo a confronto il punto di vista degli utenti finali con quello degli attori del digitale sui principali trend tecnologici in atto, ovvero Intelligenza Artificiale, Big Data e IoT, Blockchain e Social Media.
Il dati che sono stati presentati oggi a Milano presso la sede del CFMT riguardano il rapporto di fiducia delle persone per il digitale. Alla domanda circa il rapporto con internet e, più in generale, con la tecnologia, gli intervistati rispondono con un “sono un utente medio” (31%), “me la cavo piuttosto bene” (30%) e ben un 20% “sono un appassionato”. Un 58% degli intervistati sono a proprio agio con la tecnologia, condizione che aumenta in modo significativo nel caso dei millennials (+23) o della generazione Z (+12), ma anche tra i più istruiti (+15) e gli uomini (+9).
Le emozioni verso il progresso in campo tecnologico e le principali tecnologie digitali sono prevalentemente positive: fiducia (47%), sorpresa (39%), attesa (33%), passione (27%) e gioia (22%). La paura, tanto spesso evocata, si ferma invece a un 16%, vicina ad ansia (18%) e tristezza (9%). Gli impatti dell’innovazione sulle vite sono pertanto visti in modo decisamente positivo dall’80% degli intervistati, numero che cresce nel caso di senior e anziani (+7), persone con reddito elevato (+7) e con competenze digitali avanzate (+7).
La percentuale di utenti fiduciosi che si autovalutano “advanced” dal punto di vista delle competenze digitali è molto elevata (47%), in particolare tra giovani istruiti. Alta, tuttavia, anche quella delle persone meno digitalizzate (38%), con soltanto un 11% di soggetti più anziani e meno istruiti (da sommare a un 25% di popolazione che non accede a internet), che si sentono completamente esclusi dal digitale: poco competente, poco confidente nelle proprie capacità e sfiduciata dall’innovazione.
La familiarità con alcuni termini quali Intelligenza Artificiale (AI), Realtà aumentata e virtuale, Big Data, Internet of Things (IoT) non tocca livelli elevati: si va da un 34% di utenti che ritiene di conoscere bene il tema AI fino ad arrivare a un 14% per IoT. Percentuali che si alzano di diversi punti per un “so in generale di cosa si tratta”. Diversa la situazione per l’IoT,: il 41% degli intervistati non ne ha mai sentito parlare.
Esperienze con le tecnologie
Quando si supera la dimensione dell’autopercezione e si vanno ad indagare le esperienze “digitali” realmente fatte, la situazione non è particolarmente rosea. Solo il 14% degli utenti intervistati ha ricevuto notizie su un negozio visitato, il 12% ha dialogato con un assistente vocale, l’11% ha pagato contactless con lo smartphone, il 10% ha interagito la smart TV. Solamente il 4% dei consumatori interrogati, infine, ha condiviso un mezzo di trasporto usando un’app.
Nonostante in molti, secondo la ricerca, si rivelino interessati alle esperienze indagate, diversi sono i timori che persistono rispetto all’utilizzo delle tecnologie di riferimento, a volte legati alla scarsa confidenza verso uno strumento nuovo, altre volte a questioni di privacy, al timore di essere truffati o, semplicemente, al desiderio di contatto umano.
“La nostra ricerca indaga i diversi aspetti del rapporto tra persone e tecnologie nell’ambito del retail e dei servizi. Partire dall’analisi dell’auto-percezione del consumatore è fondamentale, in quanto definisce il setting della relazione intercorrente tra persone e strumenti: quegli strumenti che sempre più spesso oggi diventano elementi di rimediazione nel rapporto e nella relazione con i propri interlocutori, nella gestione dell’esperienza d’acquisto così come nella relazione con il retailer” afferma Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute. “molte sono le discrasie che emergono dai dati raccolti: se da una parte c’è la diffusa convinzione di conoscerle dall’altra si evidenzia come tale conoscenza sia del tutto superficiale, con il portato di paure e di incertezze che vanno prese in considerazione quando si progettano nuovi servizi”.
“Per questo motivo – continua Mario Sassi, Direttore Generale del CFMT – per supportare i processi di trasformazione digitale è fondamentale comprendere quali siano le reazioni dei consumatori alle novità introdotte dalla tecnologia. A queste reazioni deve corrispondere una sufficiente capacità da parte delle aziende di implementare percorsi di trasformazione. Per questo è fondamentale sviluppare percorsi di formazione che consolidino le competenze del management”.