Doppio colpo Biden-Trump ai chip
In una sola seduta a Wall Street, le aziende di chip hanno visto evaporare centinaia di miliardi di dollari negli Stai Uniti. È il risultato di una doppia azione, con Joe Biden che invoca regole più severe sulle vendite di chip prodotti da imprese occidentali alla Cina e Donald Trump che lascia intendere la volontà di abbandonare Taiwan al suo destino.
In un momento particolarmente delicato per la democrazia americana, i piani di comunicazione dei due leader non mancano di impattare, anche molto severamente, su mercati considerati da tutti estremamente strategici in chiave geopolitica.
Andiamo per ordine. Ieri i titoli tecnologici e relativi all’intelligenza artificiale (AI) hanno subito un forte ribasso, causando nel pomeriggio un calo del Nasdaq (-2,79%) e dello S&P 500 (-1,32%), con gli investitori che hanno dato l’impressione netta di esser pronti alla fuga.
La stretta di Biden alle forniture di chip avanzati verso la Cina
I motivi sono diversi. Dopo l’annuncio di Bloomberg di nuove severe restrizioni commerciali decise dall’amministrazione Biden nei confronti delle aziende che continuavano a fornire chip alla Cina, tra cui Tokyo Eletrcon e la Big olandese ASML, c’è stato un primo serio colpo ai titoli legati all’AI.
Nessun chip che contenga componenti prodotte negli Stati Uniti, o semplicemente parti sotto proprietà intellettuale americana, deve entrare in territorio cinese, come prevede la Foreign direct product rule.
A quanto riportato dalla stampa, Washington avrebbe già chiesto ai funzionari giapponesi e olandesi di rafforzare i controlli sulle esportazioni tecnologiche verso la Cina.
D’altronde, a quanto risulta dalle pubblicazioni di Bloomberg, quasi il 50% dei ricavi di ASML (unica azienda al mondo che produce le componenti necessarie alla produzione di chip avanzati), relativi al secondo trimestre dell’anno in corso, deriverebbe direttamente dall’export in Cina.
Trump attacca Taiwan, il Regno dei semiconduttori
Quasi nelle stesse ore, l’ex Presidente Trump, oggi in corsa nuovamente per la Casa Bianca e diretto sfidante di Biden, aveva tuonato contro Taiwan, affermando che il piccolo ma strategico Stato, a mollo nel Mar cinese meridionale, non fornisce alcun vantaggio all’America e che anzi, “dovrebbe pagare per esser difeso dagli Stati Uniti”.
Taiwan “ha preso il controllo di quasi il 100% del business dei semiconduttori”, ha precisato Trump, compresa un’ampia fetta di ‘made in US’ strappata via da Taipei.
La taiwanese TSMC, con sede a Hsinchu, è oggi il più grande produttore di chip al mondo, che ritroviamo praticamente in quasi tutti i prodotti elettronici di consumo più diffusi, iPhone e altri smartphone compresi, fino all’intelligenza artificiale.
L’AI e la fuga degli investitori
Proprio riguardo all’AI, ieri sera i principali titoli del comparto segnavano tutti un profondo rosso: Nvidia (-7,08%), AMD (-8,48%), SMCI (-6,8%), Broadcom (-7,04%), Micro Technology (-5,54%), ASML (-11,48%).
Stesso discorso per le azioni della Tokyo Electron (-11,12%) e della TSMC (-6,33%).
Unica in controtendenza è stata Intel, che a sorpresa ha guadagnato il 5%. Neanche tanto una sorpresa, a dire il vero, visto che il produttore americano da tempo ha avviato un piano di investimenti nazionale per aumentare la propria autonomia strategica, di lungo periodo certo, ma che già paga, tesa alla costruzione di fonderie di proprietà in diversi Paesi ‘occidentali’ (arrivando a slegare col tempo i propri chip da quello che accade e accadrà in Asia, Taiwan compresa).
Significativo anche il risultato di un’altra americana, la GlobalFoundries (la terza fonderia indipendente più importante al mondo), che ha guadagnato il 13%.
Di fatto, si sta assistendo ad un momento di riflessione, quasi una presa di distanza cautelativa dalle azioni legate all’AI, e anche Apple, Meta e Alphabet (attuale casa madre di Google) hanno registrato rispettivamente perdite del 2,6%, del 5%, del 3% e dell’1,6%.