Auto connesse in rete, tutti si gettano sull’oro digitale: i dati
Oggi ci sono 237 milioni di auto connesse in rete sulle strade di tutto il mondo e secondo proiezioni Statista saranno oltre 400 milioni entro il 2025. Non un fenomeno straordinario, ma una nuova normalità: andremo in giro sempre più in veicoli con capacità crescente di connettersi in rete in ogni momento, fino all’always on.
Andremo in giro in automobili polifunzionali, un vero e proprio hub mobile di applicazioni in-vehicle, che ci consentono di acquistare prodotti, fare la classica spesa online, informarsi, vedere video (magari film se ci sono le condizioni), fino ai pagamenti digitali di bollette e servizi, solo per fare alcuni esempi pratici. Soprattutto, produrremmo un enorme mole di dati.
Attorno a questi dati si sta combattendo una battaglia asprissima, che sarà anche al centro di una nuova consultazione europea, che potrebbe partire in settimana e che dovrebbe portare ad una nuova legislazione, la prima del suo genere al mondo.
I dati sono una miniera inesauribile, il nuovo oro del XXI secolo, il secolo più connesso della storia, come dicono in molti, il problema è che in questa corsa all’oro digitale ci si sono gettati un po’ tutti, dalle Big Tech alle case automobilistiche, dalle assicurazioni alle officine di riparazione, fino alle società di leasing.
Se non hai accesso ai dati sei fuori dalla competizione
“Chi non avrà accesso ai dati dei veicoli sarà tagliato fuori dal mercato”, ha dichiarato secco Tim Albersten, CEO di ALD, l’unità leasing auto di Societé Générale, “perché non sarai competitivo, non potrai offrire i servizi più giusti e innovativi, fino a non riuscire più ad operare in maniera efficace e produttiva”.
È per questo che il Gruppo Stellantis, nel suo piano industriale al 2030, ha stimato ricavi dalle tecnologie software pari a 20 miliardi di euro, mentre General Motors si attende entrate per 280 miliardi di dollari proprio grazie ai servizi e alle app a pagamento da attivare in auto.
Le case automobilistiche stanno cercando di conquistare una posizione di vantaggio assoluto rispetto a tutti gli altri attori, che vogliono ovviamente un maggiore accesso ai dati. Spesso usano la privacy come un bastone sugli avversari.
Ad esempio, i produttori pur di salvaguardare i propri vantaggi in termini di accesso e gestione dei dati generati dal settore auto, fanno leva sulla necessità di tutelare maggiormente i dati degli automobilisti e dei loro passeggeri.
Nessuna accesso illimitato, serve una legge
L’Acea, infatti, assicurando a tutti un maggiore impegno per regolare un accesso più ampio ai dataset delle auto connesse in rete, ha comunque ricordato che tale accesso non potrà essere totalmente libero, perché una significherebbe un accesso incontrollato che metterebbe in serio pericolo la privacy e la sicurezza stessa del veicolo (la cybersecurity del mezzo).
Le officine di riparazione, però, non accettano questo stato di cose e la International Federation of Automotive Aftermarket Distributors, o FIGIEFA, ha già denunciato costi crescenti per l’accesso ai dati dei veicoli su cui operare.
Il mercato mondiale delle auto connesse in rete potrebbe raggiungere entro il 2026 i 56 miliardi di dollari.
Un settore in rapida crescita, con un tasso medio annuo del +20% (Cagr 2021-2026).
La voce dei consumatori europei
Non più di un mese fa il BEUC, l’associazione europea dei consumatori, ha scritto una lettera aperta alla Commissione Ue per proteggere i dati prodotti nel settore auto, aprendo un nuovo fronte caldo della data protection, contro lo sfruttamento incontrollato dei dati raccolti in auto.
“Ulteriori ritardi nell’adozione di provvedimenti legislativi non faranno altro che aprire la porta a ulteriori abusi da parte delle case automobilistiche o delle aziende tecnologiche. In effetti – si legge nel documento dell’associazione – le case automobilistiche non agiscono semplicemente come guardiani (gatekeepers ndr) dell’accesso e dell’utilizzo dei dati dei consumatori. L’emergere di piattaforme applicative e il crescente coinvolgimento dei giganti della tecnologia pongono serie preoccupazioni su come verranno utilizzati questi dati”.
Occhi puntati ora sull’esito della prossima consultazione.