l'analisi

Banking Innovation e AI. Vantaggi ma anche pericoli per la corporate democracy e la sostenibilità sociale

di Maurizio Baravelli, Università di Roma La Sapienza e Alessandro Parisi, AI & Cybersecurity Specialist |

Come sta cambiando e potrà cambiare il mondo bancario e finanziario con la diffusione dell’Intelligenza artificiale ? Quali effetti sulla condotta delle banche e degli intermediari finanziari, sulla efficienza operativa, ma soprattutto sull’ allocazione delle risorse?

Banche e  IA: quale scenario?

Come sta cambiando e potrà cambiare il mondo bancario e finanziario con la diffusione dell’Intelligenza artificiale (IA)? Quali effetti sulla condotta delle banche e degli intermediari finanziari, sulla efficienza operativa, ma soprattutto sull’ allocazione delle risorse? Quali ricadute sul mercato e sulla clientela?  

A queste domande se ne possono aggiungere altre, più particolari, come quelle riguardanti l’organizzazione del lavoro, l’occupazione del settore, l’evoluzione delle professionalità. Accanto ai possibili vantaggi e  alle conseguenze positive che si possono immaginare  sul piano economico e sociale –  sviluppo economico e  progresso – che dovrebbero essere prevalenti, quali nuovi rischi e pericoli  si possono prevedere sul piano della sicurezza e della stabilità finanziaria? Quali pericoli  per la privacy  della clientela e  per la tutela dei risparmiatori?

Il dibattito su queste questioni, e su altre ancora a loro connesse, è solo agli inizi; la ricerca volta a verificare le tendenze in atto non ha dato ancora risposte convincenti, i temi  da affrontare sono numerosi ma non sono ancora ben  chiaramente  inquadrabili in una visione unitaria, necessaria per una comprensione soprattutto delle interrelazioni fra i vari aspetti coinvolti. Questi vanno dal generale al particolare, dalla problematica della regolamentazione, ai profili tecnici per passare a quelli strategici e organizzativi, a quelli dello sviluppo economico.

Certamente, partire da una visione ampia e generale, anche se con contorni non  ancora ben definiti,   è necessario, comprendendovi anzitutto  la questione dei produttori-sviluppatori (provider) dei sistemi di IA, degli utilizzatori (deployer) e della loro regolamentazione. La Ue si è mossa in questa direzione con  l’Artificial Intelligence Act (regolamento 2024/1689) con l’obiettivo  di armonizzare i  requisiti  di conformità per l’immissione sul mercato, in tutti i settori, di tali sistemi. Le questioni giuridiche coinvolte sono importanti  e, da un punto di vista generale, riguardano anzitutto  la cybersicurezza e la protezione dei dati personali. Il tema dei rischi e del loro contenimento attualmente  prevale  con una normativa che guarda alla loro rilevanza (alta, limitata, minima) e  di conseguenza agli obblighi  più meno stringenti a cui i sistemi sono sottoposti. Si pensi alle differenze tra le applicazioni IA che riguardano i rischi sistemici e  quelle che  interessano i rischi non  sistemici.  

Le banche si trovano, prevalentemente, in una posizione di utilizzatori  dei sistemi di IA che coinvolgono in modo ampio tutto il framework dei loro rischi. Per comprendere la dimensione del  problema, basti pensare che l’IA si prospetta quale innovazione tecnologica-organizzativa determinante  per un’ evoluzione ulteriore  degli attuali modelli imprenditoriali bancari – già ampiamente digitalizzati, con assetti  snelli e piatti, da anni orientati al continuo efficientamento – verso modelli molto più radicali  dal punto di vista dell’attuazione  del virtual e del digital  banking

La rivoluzione digitale che le banche italiane ed europee hanno intensificato nell’ultimo decennio va vista  come  una risposta alla necessità di ridurre i costi operativi, in un contesto di crisi permanente e di rallentamento dell’economia, snellendo e semplificando i modelli organizzativi, grazie alla digitalizzazione dei processi, tramite il ridimensionamento delle reti degli sportelli, sostituiti dalle reti digitali,  e delle  strutture centrali. Queste ristrutturazioni hanno portato a una forte riduzione degli  organici  del personale ma anche dei livelli direttivi e soprattutto del middle management.

Impatto invasivo dell’IA sui modelli di  business bancari

Per comprendere pertanto  l’interesse delle banche per i sistemi di IA e il loro impiego, sia a livello strategico che organizzativo, occorre  collocarne l’impatto  nell’ambito dei trend dei cambiamenti tuttora in corso    verso modelli bancari più informatizzati, automatizzati e digitalizzati,  basati su piattaforme tecnologiche sempre più complesse in grado di supportare l’intera gestione.

L’orientamento all’efficientamento è accentuato da governance aziendali centrate sulla creazione di valore per gli azionisti e non solo dalle pressioni competitive che risultano  peraltro contenute in un settore ad alta   concentrazione con la  dominanza di un ristretto numero di grandi gruppi bancari. Vi sono  d’altra parte, tra  questi gruppi,  condotte imitative che determinano effetti di isomorfismo  tecnologico-organizzativo per cui  il  settore tende ad evolvere, potremmo dire,  a stadi  su basi di relativa omogeneità.

Ma con l’IA si possono  avere non solo  risparmi di costi,  l’aspetto più rilevante è certamente l’aumento  dell’efficacia decisionale.

Quello del miglioramento del processo di decision-making è uno degli aspetti maggiormente promettenti, ma  anche più controversi, tra quelli associati all’ adozione dell’ IA. Secondo quanto  dicono i provider di sistemi IA, se intere strutture  operative  basate sul lavoro umano possono essere sostituite da  algoritmi decisionali, di analisi, diagnosi e  controllo,  è possibile conseguire anche un aumento di efficacia, rapidità, delle stesse  decisioni,   con  la riduzione degli errori, dei rischi,  e una loro migliore gestione.  Queste potenziali  ricadute sul miglioramento delle  performance sono di conseguenza  molto  attrattive per un top management bancario che punta a incrementare il rendimento del capitale e a individuare le migliori combinazioni rischio-rendimento.

L’applicazione dell’AI ai processi decisionali e di controllo delle banche si preannuncia quindi  invasiva ma anche con pericoli vista la  natura essenzialmente “opaca” degli algoritmi che possono celare scelte di valore e “pregiudizi” (bias)  da parte dei produttori nella loro  concreta realizzazione. I sistemi di IA possono assegnare implicitamente un peso maggiore a obiettivi di ottimizzazione di specifiche funzioni target al fine di valorizzare l’affidabilità predittiva dei modelli, non tenendo tuttavia in debito conto le possibili implicazioni (anche sistemiche) per il settore bancario e creditizio nel suo insieme, oltre che per le diverse categorie di stakeholders a vario titolo interessate dalle decisioni del top management.

Si pensi, nelle funzioni di staff,  alle attività di risk management, programmazione e controllo di gestione, marketing, pianificazione strategica:  queste funzioni di supporto  possono essere sia integrate  dai sistemi di IA  sia addirittura sostituite da tali sistemi, restringendo così i  team  che affiancano il top management.  Proprio la scelta di sostituire, anziché  integrare, i team di supporto con soluzioni AI-empowered, espone  però il top management a rischi di “cattura” da parte dei fornitori di sistemi di IA, i quali possono surrettiziamente orientarne le scelte senza tuttavia assumerne la responsabilità.

Passando a considerare i potenziali benefici dell’IA, sul piano sia dei costi che dell’efficacia, essi  sono conseguibili  soprattutto nei comparti operativi del core business, come nella valutazione del rischio di credito, nella gestione degli investimenti finanziari, nell’asset management, nella consulenza e nella gestione delle relazioni con la clientela. In linea teorica, una banca può essere gestita da un “sistema di  sistemi di IA” interconnessi,  che dialogano fra di loro, visto che le banche gestiscono informazioni, mezzi di pagamento e strumenti finanziari immateriali,   che circolano nei sistemi informatici e digitali non solo all’interno delle banche ma anche fra le banche  e  all’esterno,  nel mercato,   grazie ai collegamenti  con il resto del sistema finanziario,  con la banca centrale, le autorità di vigilanza  e  il sistema  economico.

Anche a seguito del cambio di paradigma introdotto con l’approccio “guidato dai dati” (data-driven), che si propone come alternativo e in aperto antagonismo con quello “simbolico” che ha caratterizzato la prima fase di sviluppo dell’IA (nota come GOFAI), di cui i “sistemi esperti” costituivano la cifra peculiare, l’attuale fase si caratterizza proprio per la diffusione di modelli di “apprendimento automatico”. Questi modelli non solo  sono in  grado  di fornire risposte a quesiti formulati, ma hanno anche  la capacità “autonoma” di individuare i modelli descrittivi reputati più adeguati alla complessità dei fenomeni oggetto di analisi, sulla scorta precipua dell’ elaborazione di moli di dati di enorme dimensione (Big Data Analytics), condotta tramite reti neurali artificiali “profonde” (deep learning).

Si  potrebbe quindi pensare che l’IA  possa riguardare  nelle banche la maggior parte delle decisioni in modo automatico, senza l’intervento umano,  per cui sostanzialmente si realizzerebbe un  autogoverno  mediante piattaforme tecnologiche monitorate da un vertice assistito da una  tecnocrazia che, a sua volta assistita  da IA,  si occupa del monitoraggio  dell’intero  sistema tecnologico. Tale scenario rivela i rischi di possibile “eterodirezione” delle decisioni, che risulterebbero guidate dalle scelte implicite, implementate nei sistemi di IA da parte dei produttori.

Banche, IA e responsabilità sociale

Questa visione, che stiamo delineando, è certamente lontana dall’ attuale realtà ed esperienza delle banche  nell’ applicazione della  IA alle  proprie attività, ma non è poi così utopistica come potrebbe  sembrare.  Le  traiettorie che si  possono prefigurare è  verosimile che vadano, o tentino di andare, in tali direzioni sull’onda dell’innovazione tecnologica che sta invadendo   il mondo delle imprese, dell’economia e della società. Vi è da chiedersi  pertanto quali sono gli effetti sociali ed economici di banche governate dalla IA, tenuto conto  dell’evoluzione del settore bancario verso un aumento del  suo grado di concentrazione e   un minor grado  di concorrenza,   che  ne mettono  in discussione  anche la sostenibilità sociale.

Come  già osservato, siamo in presenza non solo  Italia, ma in  anche in Europa,  di un crescente grado di  concentrazione bancaria-finanziaria  con la dominanza di  pochi grandi gruppi bancari e finanziari  che accentrano la gran parte dei flussi finanziari dell’economia. Questo verticismo finanziario, che mette nelle mani di un ristretto numero di persone le decisioni di allocazione delle risorse,  è guidato dal rendimento del capitale per cui i sistemi di  IA , fino a prova contraria, seguiranno tale  principio efficientistico in modo automatico rendendo ancora più selettivo, e meno inclusivo,  il processo allocativo.

Vi è quindi un “rischio alto” per un’ economia europea  che si propone sostenibile, e che dovrebbe essere supportata da una finanza sostenibile, qualora i sistemi di IA non siano impostati sulla base  di criteri di sostenibilità. Questi criteri possono però essere incorporati dall’IA, anzi questa dovrebbe facilitarne l’inclusione   rendendo oggettivo e meno arbitrario il rispetto dei criteri ESG (environmental, social, governance). Ma qui entrano  in gioco il mercato dell’IA e la condotta  delle banche come utilizzatori. Secondo l’AI Act,  i deployer  devono monitorare tali sistemi qualora  si presuma che vi sia un rischio per la salute, la sicurezza o la tutela dei diritti fondamentali delle persone.

Se si traduce questa previsione  dal punto di vista dell’attività bancaria, e quindi  sul piano economico-finanziario, si può parlare di “alto rischio”  dei sistemi di IA bancari, non solo per gli impatti  di tipo sistemico  ma anche  per quelli riguardanti l’allocazione delle risorse, per cui  dovrebbero essere  sollecitate  valutazioni  di affidabilità  anche da parte dei provider. Sarebbe quindi  opportuno che fossero le stesse banche a sviluppare sistemi IA propri,  tenuto conto anche dei  risvolti competitivi di  differenziazione che una banca dovrebbe   tutelare a proprio diretto vantaggio.

Utilizzando  le banche i medesimi  sistemi di IA prodotti dal mercato,  possono aversi comportamenti  uniformi  con  problemi anche per  la stabilità finanziaria soprattutto quando  tali comportamenti sono amplificati dal conformismo indotto da soluzioni tecnologiche standardizzate, basate su logiche algoritmiche reputate “oggettive” ma  che comportano  effetti pro-ciclici,  un’ allocazione distorta delle risorse (risparmio in primis)  e, si ripete,  rischi sistemici.

Ma  a parte questi effetti,  i compotamenti  possono  essere condizionati da determinati interessi economico-finanziari;  se, per fare un esempio, le   banche europee, nel sostenere una  politica industriale comunitaria,  che promuova la  competitività e la crescita, si trovano a mobilitare   il risparmio privato,      un approccio tendenzialmente  unitario  nei servizi di “risparmio gestito”  può essere indirettamente  guidato dai centri di potere  dominanti  che controllano anche  i flussi    informativi.

Non si tratta di una visione fantascientifica ma della possibilità  che i sistemi di IA   possano essere pilotati da forze dirigistiche che sfuggono al controllo sociale.  Siamo  peraltro in presenza di problemi  che rientrano  nell’ambito della cybersicurezza e della data protection, visto  che le informazioni rilevanti sono gestite ed elaborate in forma sempre più accentrata, a causa dell’impiego pervasivo e imprescindibile di piattaforme di cloud-computing. Queste,  da un lato, amplificano gli effetti negativi legati a indisponibilità dei dati a seguito di malfunzionamenti, dall’altro lato,  aggravano i rischi di dipendenza tecnologica legati a pratiche di lock-in realizzate dai fornitori, che condizionano l’effettiva disponibilità del patrimonio informativo aziendale. Ciò che rileva a questi riguardi  è  l’elevata asimmetria conoscitiva che vi è tra chi progetta, attua e gestisce i sistemi di IA e chi li utilizza, per cui il potere risiede  di fatto in questa tecnostruttura che diventa classe  professionale e settore dominante. I sistemi di IA sono forniti da grandi imprese tecnologiche  per cui il potere di influenza di cui stiamo parlando  è fortemente concentrato.

Oltre ai  problemi tecnici di sicurezza  dei sistemi informativi e di rete, vi sono  anche  problemi politici di sicurezza  riguardanti  l’ingente mole di  dati  che l’IA deve processare. I dati  devono essere  adeguati e pertinenti  e quindi di  elevata qualità. Si possono infatti avere decisioni errate e imprecise   ma prodotte dall’IA generativa  come se fossero corrette, sostenute da informazioni secondarie inventate dalla stessa IA; si parla di “allucinazioni” dell’IA  dovute al fatto che, essendo addestrata a ragionare sulla base delle parole statisticamente plausibili,  ciò che è linguisticamente probabile non è però  sempre fattualmente corretto.  Ma  a prescindere dalla qualità dei dati,  ciò che già sta creando sospetti nell’opinione pubblica è soprattutto  la questione della trasparenza del funzionamento dei sistemi di IA,  aspetti che  non sono comunicati, anche perché non facilmente spiegabili, e quindi non controllabili. 

Le  decisioni  automatiche riguardanti i finanziamenti  possono essere discriminanti  e inique perché gli  algoritmi sono  già predisposti per escludere e selezionare in modo prevenuto  creando disparità di accesso. La normativa dell’Ai Act stabilisce al riguardo  il principio che  le decisioni non siano legate univocamente  a  trattamenti automatizzati che  producono  effetti giuridici ma che  i sistemi siano  di supporto; sono previste tuttavia  deroghe quando  il trattamento automatizzato abbia ricevuto il consenso esplicito  degli interessati. Se la  questione dell’IA applicata alle banche presenta complicazioni  sul piano giuridico,  resta di grande interesse  quella dei  pericoli che  abbiamo sollevato a proposito  degli effetti economici  e sociali.

AI e nuovi dei modelli organizzativi e manageriali bancari

 Come la  digitalizzazione dei processi ha  favorito, nel settore bancario, in questi ultimi decenni, lo sviluppo di assetti   organizzativi snelli e piatti con una forte riduzione del personale  e della gerarchia soprattutto nei livelli intermedi, così  ci si attende effetti simili con la diffusione dei sistemi di IA  che sono in grado di  sostituire non solo gran parte dei lavori operativi ma anche compiti e attività decisionali affidati  al management.  Gli obiettivi in parte sono i medesimi   e riguardano l’ulteriore riduzione dei costi operativi a cui si deve aggiungere  una maggiore efficacia nella gestione dei rischi, nei processi decisionali, nella gestione delle relazioni con il mercato  con l’effetto di migliorare la capacità competitiva e  le  complessive performance aziendali.  

L’impatto sull’organizzazione delle banche è certamente un aspetto rilevante in quanto può accelerare   ulteriormente le tendenze da tempo in atto  della lean & flat organization con un impatto sia sull’organizzazione del lavoro sia sui  modelli manageriali. L’art. 3 dell’Ai Act definisce il sistema di intelligenza artificiale come  “ un sistema automatizzato progettato per operare  con vari livelli di autonomia, con la capacità di adattarsi dopo la distribuzione, generando output come previsioni, raccomandazioni o decisioni  che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”. Questa definizione è  molto ampia  e lascia aperta la possibilità di diversi utilizzi nel settore bancario che hanno impatti molti differenti sul piano organizzativo e dei comportamenti.

Due sono i profili dell’IA  maggiormente rilevanti, peraltro  interconnessi,  da  considerare:   la capacità di operare in autonomia e quella decisionale.  Se  l’IA viene vista come supporto alle decisioni  che vengono già prese  dai  ruoli sia manageriali sia operativi,  l’impatto organizzativo resta confinato nell’ambito della razionalizzazione delle decisioni per cui  è  sempre centrale il fattore umano la cui intelligenza si trova, potremmo dire,  a dialogare con quella artificiale. Le decisioni non sono quindi necessariamente delegate  alle macchine e il fattore  umano può  intervenire sempre con il suo giudizio beneficiando  di un confronto che può generare apprendimento. L’effetto apprendimento   è un fattore da tenere in considerazione anche perché un approccio fideistico nei confronti dell’IA, come detto, comporta dei rischi, che la singola  banca potrebbe non essere  disposta a subire. Ne deriva quindi uno  stimolo alla comprensione del perché  delle previsioni, delle raccomandazioni e delle decisioni forniti dai sistemi di IA. 

Se l’IA viene invece  utilizzata  per sostituire attività e   decisioni, di diversa natura e rilievo,  che finora sono state prese a livello manageriale e operativo,   le conseguenze organizzative sono diverse perché in questo caso le macchine sostituiscono il fattore umano. Ciò significa  delegare autonomie  decisionali  alle stesse macchine. Quindi  un ulteriore snellimento organizzativo  e la  conseguente  accettazione di  responsi e condotte generate in modo automatico. Qualora il sistema di IA sia predisposto per avere la massima autonomia, esso  deve però anche  avere   la capacità  autoapprendimento e di adattarsi  dopo la sua implementazione all’evoluzione del contesto in cui opera la banca  affinché   su di esso si possa contare  ritenendolo in grado  di  “ragionare” molto oltre le capacità umane. 

Il peso di questi  due diversi approcci –  supporto e sostituzione del fattore umano –  è una questione che deve  essere   approfondita sulla base delle strategie che le banche  stanno seguendo e seguiranno,  ma è probabile che  i due approcci saranno variamente  combinati. Entrambi sono destinati in ogni caso  a produrre un   cambiamento organizzativo  significativo che  può prendere diverse  direzioni  nell’ evoluzione e innovazione dei  modelli organizzativi e manageriali  con l’obiettivo di renderli non solo più efficienti ma anche più efficaci.  

AI, etica aziendale e corporate democracy

Ciò che interessa qui sottolineare è il fatto che,  con la   diffusione dell’IA  nel settore bancario (come in altri settori),   si  realizza  un salto strutturale  sul piano non solo tecnologico ma anche organizzativo perché la banca, come  le altre imprese,    può semplificare ma  anche modificare il proprio assetto  in modo  sia evolutivo/incrementale  che radicale   andando verso i modelli  de-gerarchizzati  che sono proposti dall’Agile Organization  e dal  Self Management.   Queste evoluzioni comportano però  che l’innovazione tecnologica sia coniugata con quella organizzativa in modo da favorire e rispettare  le coerenze  tra le varie componenti dell’intero sistema aziendale. Quanto alle conseguenze per il personale,  vi sono  ricadute sull’organizzazione  che l’innovazione tecnologica non deve trascurare, come la motivazione, il clima aziendale, lo sviluppo del capitale umano.

Può prevalere però  l’idea che con l’IA le conoscenze siano incorporabili nelle macchine e negli algoritmi per cui  il capitale cognitivo resta di conseguenza accentrato  così  come il potere decisionale  può essere ancor più verticalizzato. Ma  questo modo di vedere gli effetti dell’IA è in contrasto  con le esigenze che  provengono sempre più pressanti dal mondo del lavoro,  cioè dalle richieste dei lavoratori  per  una maggiore valorizzazione della professionalità   a favore dello sviluppo professionale   tramite la partecipazione e il  coinvolgimento nei processi decisionali e nella  vita attiva delle aziende.

Un approccio all’IA di tipo sostitutivo andrebbe pertanto  a peggiorare  il clima organizzativo  che   non gioverebbe  dal punto  di vista della produttività e  coesione aziendale.  Se l’innovazione e il progresso  tecnologico  devono migliorare le condizioni di lavoro,  non peggiorarle, l’approccio all’ IA  deve essere soprattutto di tipo supportivo  e  comunque, quando  è sostitutivo, deve  consentire di valorizzare le  competenze dell’intero sistema aziendale.

Come già ricordato,  negli ultimi decenni la digitalizzazione dei processi nelle banche ha   soprattutto  perseguito la riduzione dei costi  operativi in un contesto di  crisi economica  permanente e di forte aumento dei rischi  che ha  indotto a  un maggiore accentramento decisionale presso il vertice anche per  conseguire economie di scala e attuare un più stretto coordinamento e controllo.  Le autonomie decentrate si sono  pertanto ridotte anche per effetto di una pervasiva proceduralizzazione del lavoro in tutte le funzioni aziendali.  Ciò ha determinato, e sta determinando, gravi effetti demotivazionali e di disengagement,  che comportano anche situazioni di stress, come emerge dai risultati di diverse survey al riguardo, non solo presso il personale, con ruoli sempre più operativi, ma anche presso il middle management che ha visto svuotarsi di contenuti il proprio tradizionale ruolo di connessione tra il vertice e la base operativa.  

Orbene, se  applicata a questo contesto, ci si deve chiedere se l’IA rischia di  acuire il verticismo organizzativo  e decisionale – come è molto probabile – peggiorando così il clima aziendale che andrebbe invece migliorato con modelli organizzativi e manageriali che, come detto, valorizzino le persone e la loro intelligenza emotiva e collaborativa. Oggi stiamo assistendo a un’ evoluzione  dei valori sociali che impongono alle imprese nuovi modelli organizzativi. Le persone in azienda, soprattutto le giovani generazioni,  richiedono più libertà e responsabilità: l’organizzazione del lavoro deve quindi  evolvere verso modelli in cui le persone  si sentano   libere di esprimersi e di poter dare il proprio contributo alle azioni collettive in un contesto di maggiore fiducia.

Queste pressioni sociali interne alle aziende e alle banche non sembrano attualmente avere risposte dal top management  sia  perché  considerate una componente inevitabile sia perché le stesse direzioni del  personale non sanno come poterle gestire se non con cambiamenti nell’organizzazione del lavoro con un maggiore decentramento, coinvolgimento e stili direzionali partecipativi. Ma se la tendenza è il verticismo che l’IA tende ad  accentuare,   questa prospettiva si allontana,  evidenziando che vi sono contraddizioni, come detto,  tra tecnologia e organizzazione, non facilmente evitabili ma che vanno evitate e risolte.

Il punto di debolezza su cui riflettere non è tanto la cultura manageriale quanto la   governance aziendale  da cui la prima discende. La governance dovrebbe mettere  al centro dei  propri valori,  da condividere,  quelli della corporate  democracy che viene già  violata con l’accentramento decisionale   e il  confinamento del personale a ruoli esecutivi e operativi. Lo sviluppo dell’ IA,   perseguita dal management per migliorare l’efficienza e la creazione di valore per gli azionisti, non deve avere effetti peggiorativi e  discriminatori nei confronti degli  stakeholder come accade quando, con l’accentramento, il personale viene penalizzato  sul piano della sua valorizzazione e crescita professionale. Ciò contrasta peraltro con i criteri ESG che le banche dovrebbero osservare anzitutto nei confronti di se stesse.

Una domanda aperta: verso un’ “intelligenza aumentata”?

Resta da rispondere, per completare gli spunti  di discussione proposti in questo contributo,  alla domanda su quale sia un equilibrato  approccio all’IA  nelle banche per un positivo impatto sull’organizzazione del  lavoro nel settore bancario in cui, oltre alle pressioni competitive esterne, stanno  prevalendo  le pressioni sociali  interne legate alla motivazione e allo sviluppo del capitale umano.

Premesso che l’IA  che sostituisce il lavoro operativo, e quindi  ruoli essenzialmente  poco motivanti,  contribuisce  certamente a uno sviluppo organizzativo migliorativo, vi è da interrogarsi sulla verticalizzazione delle decisioni che è   destinata a rafforzarsi. Anche con un’ IA avente  funzioni soprattutto  di supporto, la diffusione dei  processi automatici tende  pur sempre a impoverire  le professionalità data la conseguente esclusione di gran parte   del personale dalla gestione di  spazi di autonomia decisionale. Il potere organizzativo resta infatti  confinato nella tecnostruttura delle unità  di staff  in cui si concentrano le maggiori e più alte  competenze.

Contrastare queste tendenze significa mettere al centro del cambiamento le persone e non la tecnologia; ma ciò comporta di progettare modelli aziendali in cui la combinazione tra organizzazione e tecnologia risponde alle aspettative del personale, al mantenimento di un clima e contesto  aziendale positivo. Occorre quindi che il  decentramento e la delega di spazi di  autonomia non siano soffocati dal prevalere delle macchine tecnologiche; l’intelligenza umana deve essere  quindi sempre sollecitata  per cui le  competenze di economia e tecnica bancaria e finanziaria devono essere  prevalenti rispetto a quelle tecnologico-informatiche il cui contributo  valoriale   deve in ogni caso rendersi funzionale ai principi  della sana e prudente gestione. 

Sarebbe quindi  un passo in  avanti in questa  direzione coinvolgere il personale nel monitoraggio (progettazione-riprogettazione) dei processi digitali evitando una soluzione centralizzata che esclude l’esperienza degli utilizzatori. Del resto, la progettazione dei sistemi di IA nelle banche, per la specialità dell’attività bancaria, sottoposta a una stretta regolamentazione,  richiede   che le competenze tecnologiche siano   al servizio dei sistemi gestionali bancari e  non questi a    rispondere alle esigenze  della tecnologia.  Chi  progetta i sistemi di  IA deve  pertanto conoscere l’economia della banca e i suoi processi. 

Tuttavia, la   tecnologia  non solo proviene dall’esterno al mondo bancario ma sta  sempre più imponendosi come driver del cambiamento organizzativo delle banche.  E il  personale  bancario lo  sta subendo  visto che   tali sistemi  vengono inseriti in contesti che sono costretti  ad  adattarsi   con effetti di maggiore criticità tenuto conto dei problemi esistenti che permangono o si acuiscono, come abbiamo  rimarcato in questo contributo, mancando una visione e un approccio  sistemici. Occorre quindi che siano attivate più strette relazioni collaborative-integrative tra le funzioni aziendali che in ogni banca presidiano lo sviluppo tecnologico, quello organizzativo e del capitale umano.

A tal fine, piuttosto che assecondare  le suggestioni (che  potrebbero rivelarsi fatali) di una facile a ampia  “sostituzione tecnologica” delle competenze e conoscenze professionali maturate all’interno delle aziende bancarie, andrebbe al contrario adottato un approccio di “intelligenza aumentata”. In altri termini, un approccio  equilibrato è quello per cui  al centro deve restare  l’intelligenza rappresentata proprio da quelle competenze professionali  che sono ad appannaggio precipuo delle risorse umane, ma “aumentate” dal supporto dell’IA soprattutto in termini di capacità e rapidità di analisi di grosse quantità di dati e informazioni. In tal modo  si valorizzano  le capacità di valutazione  contestualizzando i risultati offerti dai modelli predittivi automatizzati.

E’ pertanto  è auspicabile l’adozione di paradigmi di knowledge management, che superino i vincoli dettati dai silos informativi, inclusi quelli indotti dai sistemi di IA di terze parti, contribuendo così a coinvolgere costruttivamente il personale nei processi di incremento della “conoscenza diffusa”, riducendo la summenzionata asimmetria conoscitiva e  migliorando di conseguenza i processi decisionali del top management.

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