Banche e IA: quale scenario?
Come sta cambiando e potrà cambiare il mondo bancario e finanziario con la diffusione dell’Intelligenza artificiale (IA)? Quali effetti sulla condotta delle banche e degli intermediari finanziari, sulla efficienza operativa, ma soprattutto sull’ allocazione delle risorse? Quali ricadute sul mercato e sulla clientela?
A queste domande se ne possono aggiungere altre, più particolari, come quelle riguardanti l’organizzazione del lavoro, l’occupazione del settore, l’evoluzione delle professionalità. Accanto ai possibili vantaggi e alle conseguenze positive che si possono immaginare sul piano economico e sociale – sviluppo economico e progresso – che dovrebbero essere prevalenti, quali nuovi rischi e pericoli si possono prevedere sul piano della sicurezza e della stabilità finanziaria? Quali pericoli per la privacy della clientela e per la tutela dei risparmiatori?
Il dibattito su queste questioni, e su altre ancora a loro connesse, è solo agli inizi; la ricerca volta a verificare le tendenze in atto non ha dato ancora risposte convincenti, i temi da affrontare sono numerosi ma non sono ancora ben chiaramente inquadrabili in una visione unitaria, necessaria per una comprensione soprattutto delle interrelazioni fra i vari aspetti coinvolti. Questi vanno dal generale al particolare, dalla problematica della regolamentazione, ai profili tecnici per passare a quelli strategici e organizzativi, a quelli dello sviluppo economico.
Certamente, partire da una visione ampia e generale, anche se con contorni non ancora ben definiti, è necessario, comprendendovi anzitutto la questione dei produttori-sviluppatori (provider) dei sistemi di IA, degli utilizzatori (deployer) e della loro regolamentazione. La Ue si è mossa in questa direzione con l’Artificial Intelligence Act (regolamento 2024/1689) con l’obiettivo di armonizzare i requisiti di conformità per l’immissione sul mercato, in tutti i settori, di tali sistemi. Le questioni giuridiche coinvolte sono importanti e, da un punto di vista generale, riguardano anzitutto la cybersicurezza e la protezione dei dati personali. Il tema dei rischi e del loro contenimento attualmente prevale con una normativa che guarda alla loro rilevanza (alta, limitata, minima) e di conseguenza agli obblighi più meno stringenti a cui i sistemi sono sottoposti. Si pensi alle differenze tra le applicazioni IA che riguardano i rischi sistemici e quelle che interessano i rischi non sistemici.
Le banche si trovano, prevalentemente, in una posizione di utilizzatori dei sistemi di IA che coinvolgono in modo ampio tutto il framework dei loro rischi. Per comprendere la dimensione del problema, basti pensare che l’IA si prospetta quale innovazione tecnologica-organizzativa determinante per un’ evoluzione ulteriore degli attuali modelli imprenditoriali bancari – già ampiamente digitalizzati, con assetti snelli e piatti, da anni orientati al continuo efficientamento – verso modelli molto più radicali dal punto di vista dell’attuazione del virtual e del digital banking.
La rivoluzione digitale che le banche italiane ed europee hanno intensificato nell’ultimo decennio va vista come una risposta alla necessità di ridurre i costi operativi, in un contesto di crisi permanente e di rallentamento dell’economia, snellendo e semplificando i modelli organizzativi, grazie alla digitalizzazione dei processi, tramite il ridimensionamento delle reti degli sportelli, sostituiti dalle reti digitali, e delle strutture centrali. Queste ristrutturazioni hanno portato a una forte riduzione degli organici del personale ma anche dei livelli direttivi e soprattutto del middle management.
Impatto invasivo dell’IA sui modelli di business bancari
Per comprendere pertanto l’interesse delle banche per i sistemi di IA e il loro impiego, sia a livello strategico che organizzativo, occorre collocarne l’impatto nell’ambito dei trend dei cambiamenti tuttora in corso verso modelli bancari più informatizzati, automatizzati e digitalizzati, basati su piattaforme tecnologiche sempre più complesse in grado di supportare l’intera gestione.
L’orientamento all’efficientamento è accentuato da governance aziendali centrate sulla creazione di valore per gli azionisti e non solo dalle pressioni competitive che risultano peraltro contenute in un settore ad alta concentrazione con la dominanza di un ristretto numero di grandi gruppi bancari. Vi sono d’altra parte, tra questi gruppi, condotte imitative che determinano effetti di isomorfismo tecnologico-organizzativo per cui il settore tende ad evolvere, potremmo dire, a stadi su basi di relativa omogeneità.
Ma con l’IA si possono avere non solo risparmi di costi, l’aspetto più rilevante è certamente l’aumento dell’efficacia decisionale.
Quello del miglioramento del processo di decision-making è uno degli aspetti maggiormente promettenti, ma anche più controversi, tra quelli associati all’ adozione dell’ IA. Secondo quanto dicono i provider di sistemi IA, se intere strutture operative basate sul lavoro umano possono essere sostituite da algoritmi decisionali, di analisi, diagnosi e controllo, è possibile conseguire anche un aumento di efficacia, rapidità, delle stesse decisioni, con la riduzione degli errori, dei rischi, e una loro migliore gestione. Queste potenziali ricadute sul miglioramento delle performance sono di conseguenza molto attrattive per un top management bancario che punta a incrementare il rendimento del capitale e a individuare le migliori combinazioni rischio-rendimento.
L’applicazione dell’AI ai processi decisionali e di controllo delle banche si preannuncia quindi invasiva ma anche con pericoli vista la natura essenzialmente “opaca” degli algoritmi che possono celare scelte di valore e “pregiudizi” (bias) da parte dei produttori nella loro concreta realizzazione. I sistemi di IA possono assegnare implicitamente un peso maggiore a obiettivi di ottimizzazione di specifiche funzioni target al fine di valorizzare l’affidabilità predittiva dei modelli, non tenendo tuttavia in debito conto le possibili implicazioni (anche sistemiche) per il settore bancario e creditizio nel suo insieme, oltre che per le diverse categorie di stakeholders a vario titolo interessate dalle decisioni del top management.
Si pensi, nelle funzioni di staff, alle attività di risk management, programmazione e controllo di gestione, marketing, pianificazione strategica: queste funzioni di supporto possono essere sia integrate dai sistemi di IA sia addirittura sostituite da tali sistemi, restringendo così i team che affiancano il top management. Proprio la scelta di sostituire, anziché integrare, i team di supporto con soluzioni AI-empowered, espone però il top management a rischi di “cattura” da parte dei fornitori di sistemi di IA, i quali possono surrettiziamente orientarne le scelte senza tuttavia assumerne la responsabilità.
Passando a considerare i potenziali benefici dell’IA, sul piano sia dei costi che dell’efficacia, essi sono conseguibili soprattutto nei comparti operativi del core business, come nella valutazione del rischio di credito, nella gestione degli investimenti finanziari, nell’asset management, nella consulenza e nella gestione delle relazioni con la clientela. In linea teorica, una banca può essere gestita da un “sistema di sistemi di IA” interconnessi, che dialogano fra di loro, visto che le banche gestiscono informazioni, mezzi di pagamento e strumenti finanziari immateriali, che circolano nei sistemi informatici e digitali non solo all’interno delle banche ma anche fra le banche e all’esterno, nel mercato, grazie ai collegamenti con il resto del sistema finanziario, con la banca centrale, le autorità di vigilanza e il sistema economico.
Anche a seguito del cambio di paradigma introdotto con l’approccio “guidato dai dati” (data-driven), che si propone come alternativo e in aperto antagonismo con quello “simbolico” che ha caratterizzato la prima fase di sviluppo dell’IA (nota come GOFAI), di cui i “sistemi esperti” costituivano la cifra peculiare, l’attuale fase si caratterizza proprio per la diffusione di modelli di “apprendimento automatico”. Questi modelli non solo sono in grado di fornire risposte a quesiti formulati, ma hanno anche la capacità “autonoma” di individuare i modelli descrittivi reputati più adeguati alla complessità dei fenomeni oggetto di analisi, sulla scorta precipua dell’ elaborazione di moli di dati di enorme dimensione (Big Data Analytics), condotta tramite reti neurali artificiali “profonde” (deep learning).
Si potrebbe quindi pensare che l’IA possa riguardare nelle banche la maggior parte delle decisioni in modo automatico, senza l’intervento umano, per cui sostanzialmente si realizzerebbe un autogoverno mediante piattaforme tecnologiche monitorate da un vertice assistito da una tecnocrazia che, a sua volta assistita da IA, si occupa del monitoraggio dell’intero sistema tecnologico. Tale scenario rivela i rischi di possibile “eterodirezione” delle decisioni, che risulterebbero guidate dalle scelte implicite, implementate nei sistemi di IA da parte dei produttori.
Banche, IA e responsabilità sociale
Questa visione, che stiamo delineando, è certamente lontana dall’ attuale realtà ed esperienza delle banche nell’ applicazione della IA alle proprie attività, ma non è poi così utopistica come potrebbe sembrare. Le traiettorie che si possono prefigurare è verosimile che vadano, o tentino di andare, in tali direzioni sull’onda dell’innovazione tecnologica che sta invadendo il mondo delle imprese, dell’economia e della società. Vi è da chiedersi pertanto quali sono gli effetti sociali ed economici di banche governate dalla IA, tenuto conto dell’evoluzione del settore bancario verso un aumento del suo grado di concentrazione e un minor grado di concorrenza, che ne mettono in discussione anche la sostenibilità sociale.
Come già osservato, siamo in presenza non solo Italia, ma in anche in Europa, di un crescente grado di concentrazione bancaria-finanziaria con la dominanza di pochi grandi gruppi bancari e finanziari che accentrano la gran parte dei flussi finanziari dell’economia. Questo verticismo finanziario, che mette nelle mani di un ristretto numero di persone le decisioni di allocazione delle risorse, è guidato dal rendimento del capitale per cui i sistemi di IA , fino a prova contraria, seguiranno tale principio efficientistico in modo automatico rendendo ancora più selettivo, e meno inclusivo, il processo allocativo.
Vi è quindi un “rischio alto” per un’ economia europea che si propone sostenibile, e che dovrebbe essere supportata da una finanza sostenibile, qualora i sistemi di IA non siano impostati sulla base di criteri di sostenibilità. Questi criteri possono però essere incorporati dall’IA, anzi questa dovrebbe facilitarne l’inclusione rendendo oggettivo e meno arbitrario il rispetto dei criteri ESG (environmental, social, governance). Ma qui entrano in gioco il mercato dell’IA e la condotta delle banche come utilizzatori. Secondo l’AI Act, i deployer devono monitorare tali sistemi qualora si presuma che vi sia un rischio per la salute, la sicurezza o la tutela dei diritti fondamentali delle persone.
Se si traduce questa previsione dal punto di vista dell’attività bancaria, e quindi sul piano economico-finanziario, si può parlare di “alto rischio” dei sistemi di IA bancari, non solo per gli impatti di tipo sistemico ma anche per quelli riguardanti l’allocazione delle risorse, per cui dovrebbero essere sollecitate valutazioni di affidabilità anche da parte dei provider. Sarebbe quindi opportuno che fossero le stesse banche a sviluppare sistemi IA propri, tenuto conto anche dei risvolti competitivi di differenziazione che una banca dovrebbe tutelare a proprio diretto vantaggio.
Utilizzando le banche i medesimi sistemi di IA prodotti dal mercato, possono aversi comportamenti uniformi con problemi anche per la stabilità finanziaria soprattutto quando tali comportamenti sono amplificati dal conformismo indotto da soluzioni tecnologiche standardizzate, basate su logiche algoritmiche reputate “oggettive” ma che comportano effetti pro-ciclici, un’ allocazione distorta delle risorse (risparmio in primis) e, si ripete, rischi sistemici.
Ma a parte questi effetti, i compotamenti possono essere condizionati da determinati interessi economico-finanziari; se, per fare un esempio, le banche europee, nel sostenere una politica industriale comunitaria, che promuova la competitività e la crescita, si trovano a mobilitare il risparmio privato, un approccio tendenzialmente unitario nei servizi di “risparmio gestito” può essere indirettamente guidato dai centri di potere dominanti che controllano anche i flussi informativi.
Non si tratta di una visione fantascientifica ma della possibilità che i sistemi di IA possano essere pilotati da forze dirigistiche che sfuggono al controllo sociale. Siamo peraltro in presenza di problemi che rientrano nell’ambito della cybersicurezza e della data protection, visto che le informazioni rilevanti sono gestite ed elaborate in forma sempre più accentrata, a causa dell’impiego pervasivo e imprescindibile di piattaforme di cloud-computing. Queste, da un lato, amplificano gli effetti negativi legati a indisponibilità dei dati a seguito di malfunzionamenti, dall’altro lato, aggravano i rischi di dipendenza tecnologica legati a pratiche di lock-in realizzate dai fornitori, che condizionano l’effettiva disponibilità del patrimonio informativo aziendale. Ciò che rileva a questi riguardi è l’elevata asimmetria conoscitiva che vi è tra chi progetta, attua e gestisce i sistemi di IA e chi li utilizza, per cui il potere risiede di fatto in questa tecnostruttura che diventa classe professionale e settore dominante. I sistemi di IA sono forniti da grandi imprese tecnologiche per cui il potere di influenza di cui stiamo parlando è fortemente concentrato.
Oltre ai problemi tecnici di sicurezza dei sistemi informativi e di rete, vi sono anche problemi politici di sicurezza riguardanti l’ingente mole di dati che l’IA deve processare. I dati devono essere adeguati e pertinenti e quindi di elevata qualità. Si possono infatti avere decisioni errate e imprecise ma prodotte dall’IA generativa come se fossero corrette, sostenute da informazioni secondarie inventate dalla stessa IA; si parla di “allucinazioni” dell’IA dovute al fatto che, essendo addestrata a ragionare sulla base delle parole statisticamente plausibili, ciò che è linguisticamente probabile non è però sempre fattualmente corretto. Ma a prescindere dalla qualità dei dati, ciò che già sta creando sospetti nell’opinione pubblica è soprattutto la questione della trasparenza del funzionamento dei sistemi di IA, aspetti che non sono comunicati, anche perché non facilmente spiegabili, e quindi non controllabili.
Le decisioni automatiche riguardanti i finanziamenti possono essere discriminanti e inique perché gli algoritmi sono già predisposti per escludere e selezionare in modo prevenuto creando disparità di accesso. La normativa dell’Ai Act stabilisce al riguardo il principio che le decisioni non siano legate univocamente a trattamenti automatizzati che producono effetti giuridici ma che i sistemi siano di supporto; sono previste tuttavia deroghe quando il trattamento automatizzato abbia ricevuto il consenso esplicito degli interessati. Se la questione dell’IA applicata alle banche presenta complicazioni sul piano giuridico, resta di grande interesse quella dei pericoli che abbiamo sollevato a proposito degli effetti economici e sociali.
AI e nuovi dei modelli organizzativi e manageriali bancari
Come la digitalizzazione dei processi ha favorito, nel settore bancario, in questi ultimi decenni, lo sviluppo di assetti organizzativi snelli e piatti con una forte riduzione del personale e della gerarchia soprattutto nei livelli intermedi, così ci si attende effetti simili con la diffusione dei sistemi di IA che sono in grado di sostituire non solo gran parte dei lavori operativi ma anche compiti e attività decisionali affidati al management. Gli obiettivi in parte sono i medesimi e riguardano l’ulteriore riduzione dei costi operativi a cui si deve aggiungere una maggiore efficacia nella gestione dei rischi, nei processi decisionali, nella gestione delle relazioni con il mercato con l’effetto di migliorare la capacità competitiva e le complessive performance aziendali.
L’impatto sull’organizzazione delle banche è certamente un aspetto rilevante in quanto può accelerare ulteriormente le tendenze da tempo in atto della lean & flat organization con un impatto sia sull’organizzazione del lavoro sia sui modelli manageriali. L’art. 3 dell’Ai Act definisce il sistema di intelligenza artificiale come “ un sistema automatizzato progettato per operare con vari livelli di autonomia, con la capacità di adattarsi dopo la distribuzione, generando output come previsioni, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”. Questa definizione è molto ampia e lascia aperta la possibilità di diversi utilizzi nel settore bancario che hanno impatti molti differenti sul piano organizzativo e dei comportamenti.
Due sono i profili dell’IA maggiormente rilevanti, peraltro interconnessi, da considerare: la capacità di operare in autonomia e quella decisionale. Se l’IA viene vista come supporto alle decisioni che vengono già prese dai ruoli sia manageriali sia operativi, l’impatto organizzativo resta confinato nell’ambito della razionalizzazione delle decisioni per cui è sempre centrale il fattore umano la cui intelligenza si trova, potremmo dire, a dialogare con quella artificiale. Le decisioni non sono quindi necessariamente delegate alle macchine e il fattore umano può intervenire sempre con il suo giudizio beneficiando di un confronto che può generare apprendimento. L’effetto apprendimento è un fattore da tenere in considerazione anche perché un approccio fideistico nei confronti dell’IA, come detto, comporta dei rischi, che la singola banca potrebbe non essere disposta a subire. Ne deriva quindi uno stimolo alla comprensione del perché delle previsioni, delle raccomandazioni e delle decisioni forniti dai sistemi di IA.
Se l’IA viene invece utilizzata per sostituire attività e decisioni, di diversa natura e rilievo, che finora sono state prese a livello manageriale e operativo, le conseguenze organizzative sono diverse perché in questo caso le macchine sostituiscono il fattore umano. Ciò significa delegare autonomie decisionali alle stesse macchine. Quindi un ulteriore snellimento organizzativo e la conseguente accettazione di responsi e condotte generate in modo automatico. Qualora il sistema di IA sia predisposto per avere la massima autonomia, esso deve però anche avere la capacità autoapprendimento e di adattarsi dopo la sua implementazione all’evoluzione del contesto in cui opera la banca affinché su di esso si possa contare ritenendolo in grado di “ragionare” molto oltre le capacità umane.
Il peso di questi due diversi approcci – supporto e sostituzione del fattore umano – è una questione che deve essere approfondita sulla base delle strategie che le banche stanno seguendo e seguiranno, ma è probabile che i due approcci saranno variamente combinati. Entrambi sono destinati in ogni caso a produrre un cambiamento organizzativo significativo che può prendere diverse direzioni nell’ evoluzione e innovazione dei modelli organizzativi e manageriali con l’obiettivo di renderli non solo più efficienti ma anche più efficaci.
AI, etica aziendale e corporate democracy
Ciò che interessa qui sottolineare è il fatto che, con la diffusione dell’IA nel settore bancario (come in altri settori), si realizza un salto strutturale sul piano non solo tecnologico ma anche organizzativo perché la banca, come le altre imprese, può semplificare ma anche modificare il proprio assetto in modo sia evolutivo/incrementale che radicale andando verso i modelli de-gerarchizzati che sono proposti dall’Agile Organization e dal Self Management. Queste evoluzioni comportano però che l’innovazione tecnologica sia coniugata con quella organizzativa in modo da favorire e rispettare le coerenze tra le varie componenti dell’intero sistema aziendale. Quanto alle conseguenze per il personale, vi sono ricadute sull’organizzazione che l’innovazione tecnologica non deve trascurare, come la motivazione, il clima aziendale, lo sviluppo del capitale umano.
Può prevalere però l’idea che con l’IA le conoscenze siano incorporabili nelle macchine e negli algoritmi per cui il capitale cognitivo resta di conseguenza accentrato così come il potere decisionale può essere ancor più verticalizzato. Ma questo modo di vedere gli effetti dell’IA è in contrasto con le esigenze che provengono sempre più pressanti dal mondo del lavoro, cioè dalle richieste dei lavoratori per una maggiore valorizzazione della professionalità a favore dello sviluppo professionale tramite la partecipazione e il coinvolgimento nei processi decisionali e nella vita attiva delle aziende.
Un approccio all’IA di tipo sostitutivo andrebbe pertanto a peggiorare il clima organizzativo che non gioverebbe dal punto di vista della produttività e coesione aziendale. Se l’innovazione e il progresso tecnologico devono migliorare le condizioni di lavoro, non peggiorarle, l’approccio all’ IA deve essere soprattutto di tipo supportivo e comunque, quando è sostitutivo, deve consentire di valorizzare le competenze dell’intero sistema aziendale.
Come già ricordato, negli ultimi decenni la digitalizzazione dei processi nelle banche ha soprattutto perseguito la riduzione dei costi operativi in un contesto di crisi economica permanente e di forte aumento dei rischi che ha indotto a un maggiore accentramento decisionale presso il vertice anche per conseguire economie di scala e attuare un più stretto coordinamento e controllo. Le autonomie decentrate si sono pertanto ridotte anche per effetto di una pervasiva proceduralizzazione del lavoro in tutte le funzioni aziendali. Ciò ha determinato, e sta determinando, gravi effetti demotivazionali e di disengagement, che comportano anche situazioni di stress, come emerge dai risultati di diverse survey al riguardo, non solo presso il personale, con ruoli sempre più operativi, ma anche presso il middle management che ha visto svuotarsi di contenuti il proprio tradizionale ruolo di connessione tra il vertice e la base operativa.
Orbene, se applicata a questo contesto, ci si deve chiedere se l’IA rischia di acuire il verticismo organizzativo e decisionale – come è molto probabile – peggiorando così il clima aziendale che andrebbe invece migliorato con modelli organizzativi e manageriali che, come detto, valorizzino le persone e la loro intelligenza emotiva e collaborativa. Oggi stiamo assistendo a un’ evoluzione dei valori sociali che impongono alle imprese nuovi modelli organizzativi. Le persone in azienda, soprattutto le giovani generazioni, richiedono più libertà e responsabilità: l’organizzazione del lavoro deve quindi evolvere verso modelli in cui le persone si sentano libere di esprimersi e di poter dare il proprio contributo alle azioni collettive in un contesto di maggiore fiducia.
Queste pressioni sociali interne alle aziende e alle banche non sembrano attualmente avere risposte dal top management sia perché considerate una componente inevitabile sia perché le stesse direzioni del personale non sanno come poterle gestire se non con cambiamenti nell’organizzazione del lavoro con un maggiore decentramento, coinvolgimento e stili direzionali partecipativi. Ma se la tendenza è il verticismo che l’IA tende ad accentuare, questa prospettiva si allontana, evidenziando che vi sono contraddizioni, come detto, tra tecnologia e organizzazione, non facilmente evitabili ma che vanno evitate e risolte.
Il punto di debolezza su cui riflettere non è tanto la cultura manageriale quanto la governance aziendale da cui la prima discende. La governance dovrebbe mettere al centro dei propri valori, da condividere, quelli della corporate democracy che viene già violata con l’accentramento decisionale e il confinamento del personale a ruoli esecutivi e operativi. Lo sviluppo dell’ IA, perseguita dal management per migliorare l’efficienza e la creazione di valore per gli azionisti, non deve avere effetti peggiorativi e discriminatori nei confronti degli stakeholder come accade quando, con l’accentramento, il personale viene penalizzato sul piano della sua valorizzazione e crescita professionale. Ciò contrasta peraltro con i criteri ESG che le banche dovrebbero osservare anzitutto nei confronti di se stesse.
Una domanda aperta: verso un’ “intelligenza aumentata”?
Resta da rispondere, per completare gli spunti di discussione proposti in questo contributo, alla domanda su quale sia un equilibrato approccio all’IA nelle banche per un positivo impatto sull’organizzazione del lavoro nel settore bancario in cui, oltre alle pressioni competitive esterne, stanno prevalendo le pressioni sociali interne legate alla motivazione e allo sviluppo del capitale umano.
Premesso che l’IA che sostituisce il lavoro operativo, e quindi ruoli essenzialmente poco motivanti, contribuisce certamente a uno sviluppo organizzativo migliorativo, vi è da interrogarsi sulla verticalizzazione delle decisioni che è destinata a rafforzarsi. Anche con un’ IA avente funzioni soprattutto di supporto, la diffusione dei processi automatici tende pur sempre a impoverire le professionalità data la conseguente esclusione di gran parte del personale dalla gestione di spazi di autonomia decisionale. Il potere organizzativo resta infatti confinato nella tecnostruttura delle unità di staff in cui si concentrano le maggiori e più alte competenze.
Contrastare queste tendenze significa mettere al centro del cambiamento le persone e non la tecnologia; ma ciò comporta di progettare modelli aziendali in cui la combinazione tra organizzazione e tecnologia risponde alle aspettative del personale, al mantenimento di un clima e contesto aziendale positivo. Occorre quindi che il decentramento e la delega di spazi di autonomia non siano soffocati dal prevalere delle macchine tecnologiche; l’intelligenza umana deve essere quindi sempre sollecitata per cui le competenze di economia e tecnica bancaria e finanziaria devono essere prevalenti rispetto a quelle tecnologico-informatiche il cui contributo valoriale deve in ogni caso rendersi funzionale ai principi della sana e prudente gestione.
Sarebbe quindi un passo in avanti in questa direzione coinvolgere il personale nel monitoraggio (progettazione-riprogettazione) dei processi digitali evitando una soluzione centralizzata che esclude l’esperienza degli utilizzatori. Del resto, la progettazione dei sistemi di IA nelle banche, per la specialità dell’attività bancaria, sottoposta a una stretta regolamentazione, richiede che le competenze tecnologiche siano al servizio dei sistemi gestionali bancari e non questi a rispondere alle esigenze della tecnologia. Chi progetta i sistemi di IA deve pertanto conoscere l’economia della banca e i suoi processi.
Tuttavia, la tecnologia non solo proviene dall’esterno al mondo bancario ma sta sempre più imponendosi come driver del cambiamento organizzativo delle banche. E il personale bancario lo sta subendo visto che tali sistemi vengono inseriti in contesti che sono costretti ad adattarsi con effetti di maggiore criticità tenuto conto dei problemi esistenti che permangono o si acuiscono, come abbiamo rimarcato in questo contributo, mancando una visione e un approccio sistemici. Occorre quindi che siano attivate più strette relazioni collaborative-integrative tra le funzioni aziendali che in ogni banca presidiano lo sviluppo tecnologico, quello organizzativo e del capitale umano.
A tal fine, piuttosto che assecondare le suggestioni (che potrebbero rivelarsi fatali) di una facile a ampia “sostituzione tecnologica” delle competenze e conoscenze professionali maturate all’interno delle aziende bancarie, andrebbe al contrario adottato un approccio di “intelligenza aumentata”. In altri termini, un approccio equilibrato è quello per cui al centro deve restare l’intelligenza rappresentata proprio da quelle competenze professionali che sono ad appannaggio precipuo delle risorse umane, ma “aumentate” dal supporto dell’IA soprattutto in termini di capacità e rapidità di analisi di grosse quantità di dati e informazioni. In tal modo si valorizzano le capacità di valutazione contestualizzando i risultati offerti dai modelli predittivi automatizzati.
E’ pertanto è auspicabile l’adozione di paradigmi di knowledge management, che superino i vincoli dettati dai silos informativi, inclusi quelli indotti dai sistemi di IA di terze parti, contribuendo così a coinvolgere costruttivamente il personale nei processi di incremento della “conoscenza diffusa”, riducendo la summenzionata asimmetria conoscitiva e migliorando di conseguenza i processi decisionali del top management.