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Bandi ed avvisi ‘a sportello’, trasparenza teorica e storica opacità

L’Italia è un Paese nel quale il predicar bene e razzolare male finisce purtroppo per essere spesso una regola costante, dei vecchi “governanti” e dei nuovi: abbiamo già segnalato – anche su queste colonne – come il tanto auspicato slogan grillino “apriremo il Parlamento come una scatola di sardine” (Beppe Grillo, gennaio 2013) sia stato contraddetto dalla frequente ri-produzione di novelle “scatole di sardine” da parte anche di esponenti di quello stesso Movimento 5 Stelle che aveva promesso uno scardinamento radicale delle storiche “regole del gioco”…

È sufficiente studiare il dataset che si sedimenta, settimana dopo settimana, nell’archivio di una struttura di monitoraggio indipendente e di analisi critica dei processi decisionali del potere italiano, qual è la Fondazione OpenPolis (che spesso citiamo su queste colonne), uno dei rarissimi casi di “watch dog” attivi in Italia: si approvano finanche leggi dello Stato che dovrebbero imporre ai “governanti” la massima trasparenza, ma spesso non vengono attuate, o, se attuate, si rivelano fallaci e inadeguate.

È senza dubbio questo il caso del “Foia”, l’acronimo che indica – nella formula anglosassone “Freedom of Information Act” – la nuova legge italiana sulla trasparenza amministrativa e sull’accesso civico ai dati ed ai documenti pubblici introdotta nell’ordinamento italiano nel maggio del 2016: si tratta del Decreto Legislativo n. 97 del 25 maggio 2016.

A distanza di oltre cinque anni, si può tranquillamente sostenere che questa nuova legge ha determinato assai deboli risultati.

Trasparenza tradita, il Foia – Freedom of Information Act: un’etichetta vuota?

La legge, in sintesi, prevede che non è più necessario fornire una motivazione specifica per “avere accesso” alla documentazione prodotta dalle Pubbliche Amministrazioni: i documenti sono aperti (dovrebbero essere aperti) cioè accessibili a tutti nel segno della trasparenza. Eccezion fatta per alcuni casi in particolare, in cui la P. A., può rifiutarsi, ovvero per ragioni di “ordine pubblico superiore” (segreto di Stato, motivi di sicurezza pubblica, difesa militare…) o di tutela della “privacy” (protezione dei dati personali, libertà di corrispondenza, diritto d’autore e anche segreti commerciali…). Soprattutto questa seconda area di “protezione” è stata e viene spesso addotta come motivazione per impedire l’accesso. Sul tema, per un approfondimento tecnico-giuridico, si rimanda al recente saggio curato da Gianluca Gardini e Marco Magri, “Il Foia italiano: vincitori e vinti. Un bilancio a tre anni dall’introduzione”, pubblicato per i tipi di Maggioli nel 2019 (si ricorda che Gardini è il Direttore della rivista di studi giuridici e politici – edita anch’essa da Maggioli – “Istituzioni del Federalismo”).

Si ricordi anche che l’emergenza Coronavirus ha peraltro determinato la temporanea sospensione del Foia: il decreto legge denominato “Cura Italia”, il 17 marzo 2020, ha previsto che le amministrazioni pubbliche avrebbero sospeso le risposte a richieste di accesso documentale (legge n. 241/1990), civico e civico generalizzato (D. Lgs. 33/2013) che non avessero carattere di “indifferibilità e urgenza” fino al 31 maggio 2020… Non entriamo qui nel merito dell’evoluzione di una dinamica che viene monitorata in modo discretamente critico dalla sezione italiana di Transparency International, associazione contro la corruzione. In un comunicato del 10 aprile 2020 si leggeva: “ci auguriamo che questa situazione sia di lezione per il futuro: non possiamo più permetterci un’amministrazione pubblica che lavora e produce su carta, incapace di interloquire con i cittadini a distanza. Quando parliamo di digitalizzazione, parliamo anche di questo. Ovvero di modalità di lavoro che consentano, anche in situazioni di emergenza e crisi, di mantenere intatti i diritti dei cittadini”. Sacrosante parole, che evidenziano come spesso la Pubblica Amministrazione italiana si “nasconda” dietro procedure complicate e finanche ancora su “carta”!

Il cittadino – ed anche il giornalista – che cerca di “scavare”, si scontra spesso con un muro di gomma di resistenze, che sono culturali, psichiche, e certamente politiche: una sana cultura della trasparenza non caratterizza ancora la gran parte delle pubbliche amministrazioni italiane.

Sull’argomento, si rimanda anche all’intervento di un esperto ed attivista come Marco Dotti, sulle colonne del mensile “Vita”, il 1° aprile 2020, intitolato “Chi controlla il controllore? L’emergenza si mangia la trasparenza: sospeso il Foia”. La settimana scorsa, lunedì 28 settembre 2020, in occasione della Giornata Internazionale dell’Accesso alle Informazioni Transparency International Italia ha pubblicato il suo primo report sul tema, “Foia4Journalists 2019”, denunciando che, per tutta la durata della sospensione del Foia, iniziata alla fine di febbraio e terminata il 15 mag­gio, le Pubbliche Amministrazioni hanno lasciato “di fatto cittadini e appartenenti al mondo dell’informazione privi di un diritto fondamentale per lungo tempo”, Ha dichiarato Davide Del Monte, Direttore Esecutivo di Transparency International Italia: “l’emergenza Covid-19 ci ha dimostrato che il termine ‘diritto’ per ciò che concerne la trasparenza è al momento solo un’etichetta vuota”. E ciò basti.

Regione Lazio, due piccoli “case study”, ovvero dell’assurdità dei bandi “a sportello”

Passando dai “massimi sistemi” alle vicende della quotidianità, vogliamo accendere i riflettori su due piccole vicende che riguardano la Regione Lazio, che pure, nelle dichiarazioni del Presidente Nicola Zingaretti, tende a farsi gran vanto della trasparenza delle proprie procedure amministrative.

Una logica di trasparenza e di meritocrazia dovrebbe poi caratterizzare tutte le procedure pubbliche: bandi e concorsi.

Nella esperienza quotidiana di imprese e cittadini, questa logica di trasparenza e di meritocrazia viene contraddetta continuamente.

Si tratta di due bandi promossi dalla Regione Lazio, che presentano caratteristiche simili: nell’aprile 2020, la Regione Lazio annuncia che, con il “Piano Pronto Cassa”, metterà a disposizione di piccole società (imprese fino a 9 dipendenti e professionisti a partita Iva) prestiti di 10.000 euro a tasso zero per 5 anni, attraverso una piattaforma dedicata, “Fare Lazio”… Attivato dal 10 aprile, il principio è stato quello del bando “a sportello”, ovvero… chi prima arriva, meglio alloggia, ovviamente con la premessa di dover rispondere comunque ai pre-requisiti previsti.

Nel linguaggio burocratico delle Pubbliche Amministrazioni, i “bandi a sportello” sono quelli che consentono di presentare la domanda di partecipazione senza limiti di tempo ma fino all’esaurimento delle risorse stanziate. In questo, si differenziano da tutti quei bandi di gara che invece prevedono una data di inizio e una di fine all’accoglimento delle domande e quindi una scadenza.

La logica dello “sportello” rappresenta una modalità che, senza giungere all’estremo dell’automatismo, rinuncia però a valutazioni qualitative ed in particolare a quelle che deriverebbero, in un bando di tipo tradizionale, dall’analisi comparativa dei progetti presentati a finanziamento, con produzione della relativa graduatoria… Si pone come una sorta di scorciatoia, che evidenzia la rinuncia dello Stato ad entrare nel merito, a valutare adeguatamente ed a selezionare secondo una logica meritocratica.

È la logica del finanziamento “a pioggia”, tanto criticato ma spesso applicato da coloro stessi che lo criticano.

In Regione Lazio, nel caso in ispecie, il sistema del “Piano Pronto Cassa” è andato presto in crash, e, al di là delle criticità informatiche della piattaforma, il bando è stato presto chiuso, perché le quasi 36.000 domande pervenute hanno presto superato di gran lunga le risorse disponibili.

Molti partecipanti non hanno però avuto chance di perfezionare le istanze, perché il sistema è andato in tilt… Quel che lascia interdetti è stata la logica: si legge nella delibera del Direttore regionale Tiziana Petucci in data 20 aprile 2020, che le richieste di finanziamento agevolato potevano essere presentate esclusivamente online, sul portale www.farelazio.it, accedendo alla pagina “Fondo Rotativo per il Piccolo Credito”: “lo sportello sarà accessibile, per la compilazione e la firma delle domande, a partire dalle ore 10 del 10 aprile 2020. La protocollazione delle domande, che definisce l’ordine cronologico delle richieste, sarà consentita dalle ore 10 del 20 aprile 2020”. Compilazione delle istanze dal 10 aprile, ma protocollazione delle stesse soltanto dal 20 aprile. Ed il giorno stesso di apertura della “protocollazione”, il 20 aprile, risultando alle ore 17 protocollate correttamente 35.845 domande, considerando che “tale numero supera di ben oltre 5 volte le domande che possono essere accolte in considerazione delle risorse disponibili”, si chiudeva “immediatamente” (!) lo sportello…

I fondi sono stati poi integrati ed il 16 luglio 2020 risultavano essere 28.334 i prestiti erogati da Fare Lazio, per un totale di oltre 280 milioni di euro entrati nelle casse delle imprese e dei professionisti del Lazio per sostenere il fabbisogno di liquidità conseguente all’emergenza pandemia… Delle 41.997 domande ricevute e protocollate (ma le domande non erano 35.845 al 20 aprile 2020?), erano state a quella data deliberati positivamente 34.186 finanziamenti, di cui 32.611 avevano già completato la verifica sul “de minimis”. Dei 32.611 finanziamenti, 28.882 erano stati già stipulati mentre 3.729 erano in attesa di stipula da parte dei beneficiari.

Un caso surreale: un bando “a sportello” che ha premiato chi ha presentato istanza nei primi 7 secondi

A distanza di qualche settimana, sempre nella logica “danari pubblici per contrastare l’emergenza”, viene pubblicato – questa volta nel silenzio dei più – sul Bollettino della Regione Lazio nella sua edizione del 18 giugno 2020 (ma incredibilmente senza segnalazione di sorta sul sito web della Regione stessa) un bando, dalla modesta dotazione: si tratta di 780mila euro affidati alla società “in-house” Lazio Innova, che gestisce la gran parte dei bandi regionali; il bando recita pomposamente (al di là dell’esiguità della dotazione finanziaria): “Contributi per la realizzazione di iniziative di promozione della cultura e dello sport, di animazione territoriale e di inclusione sociale”.

Tre caratteristiche di questo bando avevano tratti surreali: sono previsti contributi per la promozione di iniziative culturali e sportive, ma la modulistica per presentare le istanze non prevede un nemmeno un “format” schematico (un “template” digitale), bensì consente di presentare le proposte in modo libero e discrezionale (non agevolando così granché il lavorio della commissione di selezione, si immagine); l’elemento più incredibile è che verranno finanziati progetti, fino al 100 per cento dei costi, con un limite di 35mila euro, ma senza prevedere alcun acconto o anticipazione (!); ultima chicca, il bando è – anche questo – “a sportello”, ovvero chi… prima arriva, meglio alloggia. Abbiamo segnalato questa anomalia su queste colonne (vedi “Key4biz” del 26 giugno 2020, “Dal Cinema America alla Rai, da Cinecittà alla Regione Lazio: 4 casi di scarsa trasparenza”).

Questo bando merita però una ulteriore attenzione: nel silenzio dei più (senza alcuna comunicazione via email alla massa di postulanti), il 6 agosto 2020 viene resa nota una determinazione del Direttore Generale di Lazio Innova spa Andrea Ciampalini (curiosamente pubblicata nella sezione “Privati” del Bollettino Ufficiale della Regione Lazio), nella quale si legge che il bando era stato pubblicato il 18 giugno 2020, con un termine a partire dal quale potevano essere presentate le domande fissato al 28 giugno 2020, “ore 00:00:00” (testuale, ed il lettore tra poco comprenderà perché cotanta precisione temporale); che la dotazione finanziaria era pari a 780.000 euro; che il 9 luglio 2020, in considerazione dell’elevato numero di domande ricevute di gran lunga superiore alla dotazione finanziaria prevista, veniva disposta la “chiusura dello sportello” per la ricezione delle domande alle “ore 17:59:59” del 9 luglio stesso… Non veniva nemmeno indicato, in questo caso, a quante istanze corrispondesse, numericamente, questo indefinito “elevato numero di domande”. La Commissione di valutazione (la cui composizione non veniva resa di pubblico dominio, trattandosi di una determinazione interna della società) si riuniva il 23 ed il 29 luglio.

E veniamo al sodo: i risultati.

Il Dg di Lazio Innova Ciampalini scrive, testualmente: “la Commissione ha valutato complessivamente 58 Progetti – relativi alle domande pervenute il 28/06/2020 (data apertura sportello), dalle ore 00 minuti 00 secondi 00 fino alle ore 00 minuti 00 secondi 07 – per complessivi Contributi richiesti pari a euro 1.811.684,10”.

Si prega il lettore di fare attenzione: la Regione Lazio ovvero Lazio Innova ha preso in considerazione le istanze, di questo altro bando “a sportello”, che sono pervenute entro i primi 7 secondi (dicesi “secondi”, non “minuti”) dalla apertura del bando (bando che pure è stato chiuso soltanto il 9 luglio, anche qui per inspiegabili ragioni: perché così “tardi”, se la pubblica amministrazione ha tempestivamente avuto cognizione e coscienza delle “troppe” domande pervenute?!).

Nel battere d’ali di un uccello, quindi, la dotazione si è esaurita, e molti dei postulanti sono rimasti a bocca asciutta: 7 secondi sette.

Questi due bandi della Regione Lazio sono sintomatici di due dinamiche: la crisi determinata dal Covid ha indebolito in modo tremendo il tessuto imprenditoriale del Paese, ed imprese e professionisti boccheggiano, bussando ad ogni possibile porta (nazionale, regionale, comunale…) per acquisire sostegni, sovvenzioni, contributi; al contempo, la inadeguatezza della Pubblica Amministrazione, che non dispone della strumentazione tecnica necessaria per valutare “chi” e “perché” sostenere con un minimo di criterio selettivo, e ricorre quindi ad una procedura amministrativa veramente primitiva e rozza, qual è giustappunto quella dei bandi “a sportello”.

Chi prima arriva, meglio alloggia. Anzi, chi arriva “tardi” – rispetto a criteri cronologici del tutto opinabili – non alloggia proprio. E va per tetti, o – come s’usa dire a Roma – per ponti…

Con buona pace di logiche trasparenti e meritocratiche…

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