Le gare per la realizzazione delle reti a banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato garantiranno la ‘neutralità tecnologica’ e privilegeranno gli operatori non verticalmente integrati, ossia quelli che operano solo all’ingrosso, rispetto a quelli presenti nel mercato dei servizi di accesso alla rete all’ingrosso e al dettaglio.
“La procedura di selezione attribuisce punti supplementari all’offerente che direttamente o tramite società del medesimo gruppo opera esclusivamente nei mercati all’ingrosso” si legge nel piano degli investimenti per la banda ultralarga nelle aree bianche (a fallimento di mercato) che rimarrà in consultazione sul sito di Infratel Italia per 30 giorni.
Il piano per la banda ultralarga è stato approvato più di un anno fa ed è stato notificato a Bruxelles a fine marzo. Manca però ancora il via libera della Ue, essenziale per l’avvio dei bandi il primo dei quali, secondo il premier, doveva partire lo scorso 29 aprile.
Le gare nelle prime sei Regioni – Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Toscana e Veneto -partiranno “a giorni”, ha comunque assicurato stamani il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, spiegando che dopo la notifica formale del piano alla Commissione europea “…la fase istruttoria è chiusa e si può partire”.
Per la pubblicazione del bando si attende inoltre il parere di Anac, Agcm, Agcom e Autorità per l’energia ai quali lo schema è stato inviato nei giorni scorsi.
Obiettivo della strategia per la banda ultra larga e del relativo “Piano di Investimenti” posto a consultazione è quello di raggiungere entro il 2020, come richiesto dalla Ue, una copertura ad almeno 100 Mbit/s fino all’85% della popolazione italiana; una copertura ad almeno 30 Mbit/s della totalità della popolazione italiana; una copertura ad almeno 100 Mbit/s di sedi ed edifici pubblici (scuole e ospedali in particolare), delle aree di maggior interesse economico e concentrazione demografica, delle aree industriali, delle principali località turistiche e degli snodi logistici.
La copertura delle reti di accesso di nuova generazione, come si legge anche nel documento, è ancora ferma al 44% delle famiglie, a fronte di una media europea del 71%: siamo in una non certo lusinghiera penultima posizione.
Per le aree bianche “a fallimento di mercato”, quelle cioè in cui gli operatori privati non sono interessati ad investire, che riguardano 7.300 comuni pari al 24,6% della popolazione, il Governo prevede di investire insieme alle Regioni circa 3 miliardi di euro e di mantenere quindi la proprietà della rete.
Un intervento ritenuto necessario per “correggere disuguaglianze sociali e geografiche generate dall’assenza d’iniziativa privata da parte delle imprese e consentire, pertanto, una maggiore coesione sociale e territoriale mediante l’accesso ai mezzi di comunicazione tramite la rete in banda ultra larga”, si legge nel Piano.
Allo stesso modo, l’intervento pubblico garantisce la creazione di un mercato dei servizi di accesso all’ingrosso, altrimenti assente, nonché lo sviluppo di un mercato dei servizi digitali avanzati a valle. In quest’ottica si esclude ogni rischio che l’intervento pubblico così configurato possa produrre uno spiazzamento d’investimenti privati.
Il documento posto a consultazione descrive caratteristiche e modalità operative dell’intervento diretto, che prevede l’attribuzione, ad uno o più soggetti, di finanziamenti pubblici per la “progettazione, costruzione, manutenzione e gestione in modalità wholesale di infrastrutture passive e attive abilitanti a un servizio di accesso alla rete NGA nelle aree bianche presenti sull’intero territorio nazionale, aggregate in lotti geografici”.
Le Regioni, nello specifico, impiegheranno risorse per circa 1,8 miliardi di euro della programmazione dei fondi strutturali comunitari. Fondi garantiti nei Programmi operativi (regionali e nazionali) già approvati o in corso di approvazione da parte della Commissione Europea, tra cui 230 milioni programmati attraverso il Programma Operativo Nazionale “Imprese e Competitività” 2014-2020, approvato il 23 giugno 2015 dalla Commissione.
Nel documento viene esplicitato che “nel caso in cui l’aggiudicatario sia un operatore verticalmente integrato…ad esso è richiesta l’adozione delle misure necessarie per garantire l’applicazione del principio di non discriminazione (le c.d. misure di equivalence), secondo quanto previsto dagli Orientamenti comunitari e dalla regolazione dell’Agcom”.
Agli operatori verticalmente integrati che dovessero aggiudicarsi la concessione – di durata ventennale – viene inoltre data la possibilità di “costituire entro un congruo periodo dall’aggiudicazione una società separata per la gestione dei servizi”.
Allo stesso modo, se ad aggiudicarsi la gara fosse un operatore attivo esclusivamente all’ingrosso, questo non potrà nel periodo svolgere attività nel mercato dei servizi al dettaglio per tutta la durata della concessione, pena la revoca del contratto.