Come sarà l’Italia a banda ultralarga da qui al 2018? Un’Italia a due velocità, ma per una volta a parti invertite, con le regioni meridionali più connesse di quelle del Nord? E, ancora una volta, sarà l’intervento pubblico a ‘fare il grosso’ o gli operatori da soli riusciranno a portare la fibra ottica nelle case di tutti gli italiani?
Sono le domande a cui ha cercato di dare risposta la consultazione Infratel, i cui risultati, resi noti ieri, rappresentano la base di partenza per i bandi volti a portare la banda ultralarga nelle aree cosiddette a fallimento di mercato.
Uno fra i primi dati a emergere con chiarezza dalla consultazione, è il gap, ancora oggi presente in ogni Regione, rispetto agli obiettivi Ue 2020 di copertura totale della popolazione a 30Mbit/s e di attivazione da parte del 50% dei cittadini di servizi a 100Mbit/s.
Si viene quindi a delineare il quadro di come sarebbe l’Italia da qui a tre anni senza l’intervento pubblico, sempre ammesso che i 2,2 miliardi di fondi sbloccati dal Cipe quest’estate (e di cui non si tiene conto in questa consultazione) bastino a coprire le 83 mila aree (sulle quasi 95 mila sottoposte a consultazione) snobbate dagli operatori.
Ebbene, dai dati forniti da Infratel emerge chiaro che senza investimenti pubblici, circa un terzo delle unità abitative (il 36,3%) risulterebbe sfornito di banda ultralarga da qui al 2018.
Emerge altresì che il numero di operatori interessati a coprire il territorio sale a 30 dai precedenti 7 e che le unità immobiliari che passano dai Cluster C e D (fallimento di mercato) ai Cluster A e B sono pari a 415.000 UI ovvero l’1.5% del totale. Di contro, però, quelle che passano dai cluster A e B al cluster C sono pari al 5%. in soldoni, l’area classificata “ a fallimento di mercato” si è ampliata.
Altro elemento interessante che si rileva dalle tabelle Infratel è che a partire avvantaggiate per una volta sono le Regioni del Sud, dove sono stati spesi soldi per i bandi europei Eurosud: grazie ai fondi europei molte regioni del meridione d’Italia arriveranno al 2018 con una copertura decisamente migliore di copertura con tecnologia FTTN, ossia la fibra fino al cabinet e il rame fino a dentro la casa.
In Calabria, ad esempio, dove attualmente risulta non servito l’81% delle unità immobiliari, solo il 3% di queste non dovrebbe avere fibra da qui ai prossimi tre anni, in Puglia la percentuale scenderà all’1%, in Sicilia al 20% e in Basilicata al 24%, contro il 62% del Friuli Venezia Giulia, l’85% della Val D’Aosta, il 69% del Trentino Alto Adige.
Per una volta, insomma, il Sud Italia riesce a spendere bene i fondi pubblici? Questo è un bene perchè se fosse lasciata mano libera ai privati, la copertura FTTH, FTTB, FTTDP al 2018 si fermerebbe in Calabria all’8,31% (15,27% quella FTTN), in Basilicata al 6,2% (16,69% in architettura FTTN) e in Campania al 16,84% (35,5% in FTTN).
La Regione che si ritroverebbe con una maggiore copertura solo ‘privata’ sarebbe la Liguria, dove l’FTTN si attesterebbe nel 2018 al 60,87% mentre la la copertura FTTH, FTTB, FTTDP al 24,84%.
Ricordiamo che il Piano nazionale banda ultralarga prevede il collegamento del 100% delle abitazioni a 30 Mbps e l’85% del territorio a 100 Mbps entro il 2020 e che l’esito della consultazione al 2018 non tiene conto del 2,2 miliardi della delibera Cipe sbloccati questa estate, relativi alle aree bianche.
Fino al 15 dicembre sarà intanto aperta una nuova consultazione relativa alle aree oggetto di intervento pubblico, nella quale gli operatori potranno ulteriormente confermare, modificare o migliorare i loro piani.
Dovrà passare ancora un po’ tempo prima di capire realmente l’entità e la modalità degli interventi dei 30 operatori che hanno risposto alla consultazione.
Forse così si capirà perché in alcune aree con 4 unità immobiliari, ad esempio, un operatore decide di portare la fibra fino al 17% delle case e non a tutte. Ma questi sono dettagli, dirà qualcuno. L’importante è partire, e presto.