Cresce la copertura e l’offerta di servizi a banda larga in Italia, ma non decolla la domanda che stenta a recuperare il gap con il resto dell’Europa, nonostante la presenza di reti fisse e mobili, soprattutto 4G (in aumento del 12,7%, per una copertura del 90% del territorio), sempre più capillari.
L’acqua arriva (in termini di infrastrutture di rete) ma il cavallo ancora non beve (in termini di domanda di servizi da parte degli utenti). Servono incentivi fiscali per diffondere nuovi servizi e far crescere la cultura digitale del paese, soprattutto quella delle Pmi. Per non parlare dei ritardi della PA digitale, ben lontana dagli obiettivi fissati per i macroprogetti di sistema come SPID, Anagrafe Unica e digitalizzazione dei processi.
Ed è così che il nostro paese resta inchiodato anche nel 2016 in posizione di retroguardia per livello di digitalizzazione, al 23° posto nella speciale classifica annuale elaborata da I-Com Istituto per la Competitività, che ha presentato oggi a Roma il suo rapporto annuale sulle reti e i servizi di nuova generazione (ORES), fotografia del grado di digitalizzazione del paese rispetto alla Ue.
Copertura vs domanda
Ma servono dei distinguo: in un anno la diffusione della banda ultralarga fissa (fibra e mobile è nettamente aumentato, ma non abbastanza per spingere gli utenti a sottoscrivere una massa critica di abbonamenti tali da trainare in modo decisivo la domanda. Che ci siano ritardi sul fronte della domanda è stato recentemente ribadito anche dal rapporto Asstel: industria e sindacati richiamano infine l’attenzione sulla necessità di stimolare la domanda, di puntare sull’aggiornamento delle competenze e sulla formazione dei più giovani e di perseguire i buoni propositi del piano Industria 4.0.
In base all’indice IBI elaborato dall’Istituto (I-Com Broadband Index), per valutare la maturità digitale dei paesi Ue – che prende in considerazione il lato della domanda (accesso alla banda larga, ricorso ai servizi online, abbonamenti) e l’offerta (copertura del territorio e abitazioni raggiunte) – l’Italia mostra ancora pesanti ritardi, anche se a livello di copertura cresce più degli altri (anche perché il gap da colmare è ampio).
I-Com Broadband Index 2016 (lato domanda)
Rispetto ai Paesi più maturi sotto questo profilo (i Paesi del Nord Europa), che avvicina il nostro Paese molto più al 45,5 della Romania e, in generale, ai Paesi UE del Sud-Est che occupano il fondo della graduatoria (Bulgaria, Grecia e Romania), piuttosto che alla Finlandia che occupa il gradino più alto del podio. il nostro Paese ha, infatti, registrato una variazione del punteggio IBI complessivo tra il 2015 e il 2016 pari al 6,5%, quasi il doppio rispetto al tasso medio di crescita a livello UE (pari al 3,6%).
“Dalla nostra analisi, emerge ancora un ritardo significativo dell’Italia rispetto alla media Ue, tuttavia si evidenzia una dinamica molto interessante: il nostro paese, infatti, ha registrato una variazione del punteggio IBI, tra il 2014 e il 2015, pari al 6,5%, quasi il doppio rispetto al tasso medio di crescita della Ue (pari al 3,6%) – ha detto Stefano da Empoli, presidente di I-Com – Dunque, pur essendo ancora molto distante dal tasso di sviluppo digitale dei paesi nordici, l’Italia rientra a pieno titolo tra i cosiddetti paesi fast movers, ossia quelli che, pur partendo da condizioni di ritardo, possono sperare nel giro di 3-5 anni di chiudere il gap, qualora riusciranno a mantenere un livello di crescita significativamente superiore alla media degli altri Paesi”.
Crescono Netflix &Co
La seconda parte del rapporto I-Com prende in esame lo sviluppo del mercato audiovisivo con particolare attenzione al fenomeno di Netflix e delle altre piattaforme di video streaming. Gli italiani che fruiscono di un’offerta di servizi streaming online sono più di un terzo (36%) e lo fanno mediamente da 2 o 3 device, con una prevalenza di smartphone e tablet. Dai 700 mila utenti di inizio anno, I-Com stima che a fine 2016 gli abbonati a una piattaforma di servizi video on demand supereranno i 2 milioni. I ricavi del comparto si attesteranno su una cifra compresa tra i 50 e i 95 milioni di euro.