Le leve con cui il Governo interviene sull’economia digitale sono due: o mette direttamente i soldi per finanziare gli investimenti in perdita nelle aree a fallimento di mercato. Oppure, per quegli stessi fini, decide di riconoscere delle agevolazioni fiscali a chi investe in dette aree. Per decidere le qualità dei soggetti futuri beneficiari è stata investita l’Autorità Antitrust Italiana. Ed il risveglio nel day after è stato a dir poco traumatico.
Si, perché il parere del Garante della Concorrenza ha gettato tutti in un ginepraio di buone intenzioni, tutte teoricamente valide ma tutte indistintamente irrealizzabili. Vediamo perché.
L’esclusione di Telecom Italia
Pitruzzella ha escluso tra i beneficiari gli operatori verticalmente integrati: vale a dire che i principali protagonisti italiani della rete, no, non possono partecipare alla festa. Escludere Telecom Italia in questo modo, è come se in Formula 1 il direttore di gara impedisse due rifornimenti alla Ferrari perché il cavallino rampante vende anche al pubblico auto sportive con targa e fanali, libere di circolare in strada.
La posa di fibra ottica è un tipo di investimento ma la vendita dei servizi è tutta un’altra cosa. Poi si può discutere delle regole, e questo semmai lo deve fare AGCom che peraltro sta togliendo certi vincoli nelle aree contendibili.
L’Antitrust in questo caso è stata chiamata in causa molto prematuramente visto che la stessa deve intervenire ex post, quando c’è un problema, quando c’è un fallimento di mercato, quando c’è un abuso di posizione dominante. Mentre qui siamo ancora ex-ante: siamo ancora nell’ambito delle regole, stiamo ancora cercando di capire come creare un mercato pro-competitivo, non ha alcun senso ammazzarlo con i veti incrociati proprio adesso che sta nascendo, e non è ancora nella culla. Perché Matteo Renzi non ha interpellato AGCom?
Divario digitale e questione meridionale
Metroweb investe solo al nord, è presente solo al nord. E’ inutile che ci giriamo intorno. I dati parlano chiaro: Milano, Torino, Bologna, Brescia non sono Napoli, Caltanissetta, Oristano e Catanzaro. Che significa questo? Che il digital divide è un divario di natura culturale ed è riconducibile ad un tipo di problema tecnico dovuto anche alla carenza di infrastrutture.
Poi però in Italia, c’è pure il divario politico per cui sarebbe grave che il Governo decidesse di privilegiare esclusivamente Metroweb come operatore wholesale-only, senza tener conto che oggi siamo di fronte ad un operatore locale e localizzato al nord, che non conosce l’Italia che c’è sotto Firenze.
Divario digitale e questione meridionale, dunque, sono un aspetto vero, nuovo sì, ma neanche troppo, di cui non possiamo non tener conto in un mercato che resta nazionale, governato da una strategia che vuole essere universale e non comunale, provinciale o regionale.
Wholesale only: chi era costui?
La lettura della clausola “Wholesale only” fa pensare maliziosamente a “Metroweb only”. Ma non è così. Le strade individuate dall’Antitrust come percorribili per fruire dei benefici pubblici per la banda ultralarga sono sostanzialmente due. Da un lato c’è il condominio litigioso: ossia una società della rete partecipata dagli stakeholders che però cedono la propria sovranità avendo ciascuno una quota della newco ma senza che alcuno di essi ne abbia il controllo.
Poi c’è la soluzione B, del tutto residuale, ossia che si proceda ad uno scorporo della rete da parte dell’operatore verticalmente integrato.
Queste due ipotesi sono entrambe difficilmente percorribili, per usare un eufemismo, perché richiederebbero uno sforzo che Telecom Italia non è in grado di sostenere. L’ex monopolista non può alienare la sua rete, ma nemmeno ci sono le volontà ed i tempi per procedere ad una più semplice separazione. Ecco quindi che si sta stringendo sempre di più il cerchio su Metroweb con le manifestazioni di interesse, già pervenute ed oggi agli atti, sia di Vodafone che di Wind. Ma è ancora presto per dire se sarà davvero questa la strada giusta da intraprendere.