Si ha la sensazione che la strategia del Governo incontri più di una difficoltà. Ne abbiamo contezza da tempo. Lo spettacolo che osserviamo tutti i giorni sui giornali sembra quello di una paralizzante indecisione dell’esecutivo su come procedere.
Se è vero che la mancata attuazione del piano banda ultralarga non ci fa progredire è ancora più vero che le velate minacce che emergono sui giornali sembrano degli avvertimenti alle aziende private di probabili ritorsioni. Tutto ciò non aiuta, ed anzi fa regredire.
A tal proposito, l’articolo di oggi sul Corriere della Sera a firma del Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli non sembra aggiungere nulla di nuovo al panorama sconfortante che stiamo vivendo come osservatori a causa della scarsa capacità di azione del Governo per sbloccare il dossier della banda ultralarga. Il perdurare di questo periodo di indeterminatezza sembra la causa prima della paralisi degli investimenti da parte degli operatori privati, ma non è chiaro se di questo il premier Matteo Renzi abbia contezza e se qualcuno provi a spiegarglielo.
Abbiamo avuto già abbastanza da dire nei mesi scorsi sul possibile ingresso di Telecom Italia in Metroweb. E per mesi abbiamo valutato ogni aspetto fosse trapelato intorno a questa vicenda. Purtroppo tutto questo tempo è passato a discettare di un tema che ancora una volta si è dimostrato impraticabile, cioè quello di creare un condominio litigioso con operatori così eterogenei da non poter condividere alcuna strategia comune.
Archiviata dunque la vicenda Metroweb, in molti si sono fermati a valutare i resti di una battaglia che resta ancora tutta da interpretare. Infatti, dagli strascichi di questa vicenda, tra dichiarazioni pubbliche e accordi privati, possono nascere diversi dubbi interpretativi sul ruolo che è stato giocato ad esempio, da Franco Bassanini, Presidente di Metroweb e deus ex machina degli intrigati rapporti tra Governo e operatori telefonici.
Cronache recenti ci hanno restituito i documenti segreti che lasciano trapelare una volontà surrettizia delle parti di arrivare ad un accordo ma effettivamente poi a questa volontà non sono seguiti i fatti. Che cosa ci resta oggi allora?
Per capirlo basta guardare alla costruzione della figura di Enel come possibile risolutore del groviglio in cui si trova il Governo. Ed è di questi giorni la notizia che anche altri operatori non telefonici si siano uniti alla fila di volontari, disposti a posare la fibra ottica nel territorio nazionale italiano. Tra questi non possiamo non ricordare il ruolo delle Ferrovie dello Stato e di Terna, l’operatore elettrico che gestisce la rete dell’alta tensione.
Non è chiaro perché Terna – che si è affrettata a smentire il suo interesse per la banda ultralarga – abbia deciso di confidare al premier Matteo Renzi la sua volontà di affasciare la fibra ottica sul trefolo di guardia della sua infrastruttura elettrica. Crediamo che questa scelta dipenda unicamente dall’azienda, dai suoi investitori e dal suo Consiglio di Amministrazione.
A questo punto una domanda nasce spontanea: se esiste un forte commitment da parte di Terna a investire su business collaterali che riguardano campi in cui l’operatore elettrico non è naturalmente portato a operare, allora perché non procede speditamente e con denari privati in questa direzione?
Non è chiaro quanto e che tipo di ruolo abbia giocato il Governo su questa nuova partita. Non è chiaro nemmeno quali siano le reali intenzioni dei responsabili di Palazzo Chigi.
Vero è che tutto questo discettare intorno a tematiche non attuali e talvolta peregrine ci allontana sempre di più temi veri di cui si dovrebbe occupare almeno uno dei tanti responsabili designati dal Governo su queste materie.