Presentato questa mattina in occasione del convegno annuale dell’Associazione Italiana Internet Provider – (AIIP) lo studio “Dare fibra al futuro dell’Italia. Scenari di sviluppo della rete a banda ultralarga” organizzato in collaborazione con l’Istituto per la Competitività (I–Com).
Lo studio intende analizzare lo stato dell’arte delle infrastrutture e parallelamente lo sviluppo dei servizi digitali che sulle reti poggiano per migliorare la vita delle persone e aumentare la competitività delle imprese e l’efficienza della PA.
“Lenta digitalizzazione del Paese”
“L’attività delle imprese associate, un ecosistema di imprese che forniscono servizi di telecomunicazioni e ICT avanzati ed innovativi, formato da soggetti che contribuiscono a creare occupazione diretta e indotta, garantisce un contributo significativo alla purtroppo lenta digitalizzazione del Paese – spiega Giuliano Claudio Peritore, Presidente AIIP – nell’introduzione dello studio. “Regole certe a tutela della concorrenza aiutano le imprese a recuperare la voglia di innovare, l’entusiasmo e la volontà di realizzare in Italia le infrastrutture di telecomunicazioni e i servizi che costituiscono i più potenti driver per lo sviluppo del paese”.
“Sebbene sia in atto un graduale processo di convergenza verso elevati standard di digitalizzazione, le diverse realtà nazionali continuano a rivelare performance diverse sia con riguardo al livello di sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazioni, sia rispetto al grado di penetrazione ed utilizzo dei servizi digitali da parte di cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. Con l’Italia – conclude il Presidente – “che deve ancora recuperare il gap accumulato negli anni nei confronti della media europea”.
“Ancora troppi ostacoli di natura regolamentare”
“Lo studio ha registrato un sensibile recupero dell’Italia nei confronti della media dei Paesi europei dal punto di vista dell’offerta, anche se non è affatto il tempo di rilassarsi. Sia perché la copertura della fiber to the home (FTTH) è ancora insufficiente, sia perché ci sono ostacoli di natura regolamentare che si frappongono agli investimenti già previsti dalle imprese del settore. Tuttavia, il lato più preoccupante è quello della domanda: in questo senso sono certamente positivi gli annunci del governo sulla seconda fase del piano Bul, ha dichiarato Stefano da Empoli – presidente Istituto per la Competitività, I-Com. “Benissimo intervenire su scuole e imprese, soprattutto piccole e medie, ma non dobbiamo dimenticarci delle fasce di popolazione più esposte al digital divide. “Il rapporto – ha concluso Empoli – mostra come per gli over 65 solo il 34% sia utente abituale di Internet contro il 52% dell’Europa e l’80% e oltre dei Paesi Nordici. Occorre dunque una strategia complessiva che interessi tutte le classi socio-demografiche”.
“Avendo effettuato un’indagine qualitativa del mercato degli ISP,” – spiega il report – “risulta che la partita attuale si gioca sulla capacità di fornire servizi di connessione ultraveloci insieme all’implementazione delle reti 5G e fibra ottica per raggiungere un soddisfacente livello di penetrazione dell’FTTH (che tuttavia non sarà in linea con l’agenda digitale e obiettivi UE per il 2025).
Il Wholesale only solo in grado di liberalizzare il mercato
“Il modello “wholesale only” – continua il report – fortemente incentivato dall’ultimo regolamento europeo sulle comunicazioni elettroniche (EECC – Europen Electronics Communication Code COM/2016/0590), sembra essere il solo in grado di liberalizzare il mercato, rendendo capaci le imprese più piccole di competere con i colossi quasi monopolistici.
“La competizione è invero possibile attraverso fusioni, come dimostra il caso di Linkem e Go Internet, o con aumenti di capitale come l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti in OpenFiber. I costi da sostenere per l’investimento in reti 5G e FTTH rappresentano altresì una profittevole opportunità per il mercato, vista la dinamicità e il successo dimostrati da Go Internet al momento dell’aumento di capitale. Inoltre, la possibilità di integrare i servizi di rete fissa e mobile in un’unica infrastruttura porterebbe all’eliminazione di eventuale dispersione della domanda. Sul piano degli investimenti, il settore privato gioca un ruolo fondamentale se consideriamo comunque l’insufficienza di investimenti pubblici (si ricordi il surplus di 4 miliardi derivante dall’asta delle frequenze 5G destinato al finanziamento della spesa corrente), di cui l’ultimo stanziamento si ritrova nel piano Industria 4.0 con il riconoscimento dell’importanza delle infrastrutture digitale per avere imprese competitive.
“Infine”, conclude lo studio – “la concorrenza nel mercato ha per ora un risultato incerto. Se da un lato è vero che più operatori concorrono al progressivo switch verso la banda ultra-larga, dall’altro una pratica di prezzo eccessivamente aggressiva (almeno per quanto riguarda la telefonia mobile) potrebbe significare una perdita di qualità a fronte di mancati guadagni”.
Per scaricare lo studio ‘Dare Fibra al futuro dell’Italia’ clicca qui.