Il progetto banda ultralarga che coinvolge governo, operatori di tlc, autorità di regolazione non trova pace.
Ogni giorno emerge un nuovo elemento, imprevisto e imprevedibile, che rischia di far saltare ogni previsione. Su tutto, pesa la condizione di stallo delle posizioni cui si è pervenuti per il combinato disposto di più fattori: la tradizionale e marcata conflittualità tra operatori (che non ha eguali in Europa), il ruolo del governo nello sviluppo dell’economia digitale, l’impiego dei fondi europei per la costruzione della rete in fibra.
Con essi, altri fattori di secondo livello che certo non aiutano ad uscire dall’impasse.
Ma vediamo quali sono gli elementi più rilevanti che compongono questo quadro.
#1. La Strategia banda ultralarga del governo rischia di restringersi
Approvata dal Consiglio dei Ministri del 3 marzo scorso, è stata preceduta dal una consultazione pubblica e da una sottomissione del documento alle autorità UE competenti.
Avrebbe dovuto dar luogo immediatamente a un percorso veloce ed efficace verso le scadenze di calendario, poggiando tutte le azioni su due requisiti: azione comune con un unico progetto nazionale capace di tenere tutti gli operatori on-board ed impiego dei fondi europei per 6 miliardi di euro.
L’intera strategia del governo poggia inoltre su un ulteriore pre-requisito: il ruolo di pivot riconosciuto a Metroweb, come società veicolo capace di aggregare tutti gli operatori su un’unica piattaforma.
Questi requisiti sono tutti al momento in discussione: tutti gli operatori impegnati in un unico progetto nazionale, l’uso dei fondi europei per 6 miliardi di euro, il ruolo centrale di Metroweb.
Cos’è che non ha funzionato e cosa si può fare?
#2. Tutti gli operatori in un unico progetto nazionale?
Praticamente una mission impossible: altro che cammello nella cruna di un ago.
Risalgono al 2008 i primi tentativi di tavoli tra operatori (da quelli formali – tavolo Romani e tavolo AGCOM – a quelli informali), tutti andati in malora, per l’alto tasso di litigiosità tra le parti in commedia (incumbent e OLO) e l’incapacità del governo di imporre una strategia industriale capace di coordinare le forze di mercato.
Dopo 8 anni c’è molto poco di più, se non un ulteriore peggioramento di tutti gli indicatori sia oggettivi che soggettivi.
Tra i primi, la congiuntura economica, che non dà tregua da oltre un lustro, e l’abbassamento dei margini delle imprese di tlc, un dato questo che non consente loro di poter programmare investimenti significativi e tessere strategie di lunga gittata, ancorandoli a tattiche di mantenimento di posizione.
Tra i secondi, il peggioramento delle singole posizioni degli operatori, per aumento o mancato ridimensionamento delle situazioni debitorie, in alcuni casi, per forte contrazione degli utili, in altri.
Difficile in questi contesti guardarsi anche solo con rispetto…mentre la strategia che prevale non è tanto quella del “fare”, bensì quella del “non far fare agli altri”.
#3. La disputa su Metroweb
Metroweb viene scelta dal governo come società veicolo per imbastire l’intera operazione di un unico progetto nazionale con tutti gli operatori on-board.
Il ruolo riconosciutogli dal governo è chiaro: tenerli tutti assieme e diventare l’hub attraverso cui trovano impiego i 6 miliardi di fondi pubblici destinati al cofinanziamento del progetto nazionale di rete a banda ultralarga.
Ma Metroweb è al tempo stesso una società da tempo al centro di interessi di mercato da parte degli operatori di tlc, indipendentemente dal progetto del governo e da ben prima che quest’ultimo decidesse di dar luogo alla Strategia nazionale sulla banda ultralarga.
Telecom Italia si dice interessata a Metroweb e vuole acquistarne il 51%.
Parallelamente prendono corpo gli interessamenti di altre società: Vodafone dice chiaramente di essere intenzionata a entrare anche con quota di minoranza, ma non può ovviamente accettare un eventuale posizionamento di Telecom Italia al 51%.
Tali interessamenti vanno in sovrapposizione con la strategia del “tutti dentro in un’unica società”.
Franco Bassanini presidente di Metroweb diventa il personaggio chiave dell’intera strategia del governo, ma le circostanze delle ultime ore (l’incontro a Palazzo Chigi con Vittorio Colao AD del gruppo Vodafone e con Marco Patuano e Giuseppe Recchi, ad e presidente di Telecom Italia) indicano che lo stesso Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha valutato di dover entrare in scena direttamente.
Insomma le difficoltà sono maggiori di quanto non si pensasse e il rischio è che salti il banco.
#4. La chance dei 6 miliardi di fondi europei
A questo punto appare evidente la difficoltà di mettere assieme tutti gli operatori in un unico progetto nazionale di infrastruttura a banda ultralarga.
Già questa circostanza fa rizzare i capelli ai più, perché senza una disponibilità ecumenica di tutti gli operatori è impossibile utilizzare i fondi europei, quei 6 miliardi di euro di cofinanziamento che fanno gola agli operatori.
L’Europa non lo permetterebbe mai.
Eppure, nonostante le apparenze quei soldi servono a tutti.
Nonostante le ritrosie di principio o di merito di questo o quell’operatore, difficile infatti immaginare che le società di tlc italiane siano in condizione di muoversi autonomamente: tasche vuote e debiti fin sopra i capelli, almeno per i ¾ dei principali soggetti di mercato.
Se però non c’è un’azione unitaria (in questo caso sotto l’egida del governo e con Metroweb come società veicolo), difficile o meglio impossibile poter usare quei fondi europei.
Per mettersi tutti assieme occorre che ciascuno rinunci a qualcosa.
Ci sono le condizioni?
#5. Enel spariglia le carte, si riapre la consultazione pubblica. Ma funzionerà?
La vera grande novità è l’ingresso inaspettato di ENEL nell’agone delle tlc italiane.
Più che un ingresso, sarebbe un ritorno: ENEL era già proprietaria di Wind, di cui si è disfatta senza esitazione nel 2005.
Ma perché questo colpo di scena?
Proprio per questo appare difficile immaginare un interesse vero di ENEL.
La mossa spariglia però le carte e muove acque sin troppo stagnanti.
Questo spinge il Sottosegretario Antonello Giacomelli ad annunciare la riapertura per qualche giorno della consultazione pubblica sulla Strategia governativa sullo sviluppo della banda ultralarga.
L’interesse di ENEL è una ragione più che valida per riaprire i giochi.
Il che vuol dire, però, che la decisione dello scorso 3 marzo del governo dovrà essere rivista e genererà inevitabilmente una nuova approvazione di Palazzo Chigi in materia.
Ma quanto ENEL è davvero interessata alle tlc?
Francamente appare tutto molto inverosimile, potrebbe però funzionare molto come deterrenza nei confronti della riottosità di questo o quell’operatore.
Per il resto affiora la possibilità che ENEL punti a valorizzare i 450.000 siti fisici (cabine e armadi di strada) di cui dispone in tutta Italia.
Ma è un’ipotesi del tutto remota.
#6. E ora?
Lo stato delle cose appare ormai concitato.
Se si indugerà ancora, senza trovare una via d’uscita da questo cul de sac, lo ripetiamo, rischia di saltare il banco.
Il che non farebbe bene per niente al Paese.
Vedremo quello che succederà nelle prossime ore….