Modena è stata il palcoscenico di una riuscitissima manifestazione dedicata all’innovazione e alla cultura digitale: “After Futuri Digitali. Modena Smart Life”. Ideata per avvicinare concretamente i cittadini alle tecnologie oggi disponibili sul mercato, attraverso demo, prototipi, installazioni, punti di informazione ben diffusi sul territorio cittadino.
Internet delle cose, big data, applicazioni mobili di nuova generazione, realtà virtuale e aumentata, iper connettività e molto altro ancora per una volta si aprivano al cittadino, si mostravano nella loro utilità ed efficacia per il singolo quanto per la collettività.
Entro pochissimo tempo queste soluzioni tecnologiche saranno tutte nelle nostre automobili e nelle nostre case, in strada, sugli autobus pubblici, nei negozi e negli uffici. After ha immerso il pubblico nel panorama dell’innovazione mondiale in maniera semplice e diretta, trasformando prodotti e servizi high tech in oggetti di uso quotidiano.
LepidaSpA, in qualità di partner della manifestazione, ha dato il suo contributo per l’attuazione e la buona riuscita del festival. Abbiamo chiesto al suo direttore Gianluca Mazzini in che modo l’Emilia Romagna è riuscita ad intraprendere un cammino così virtuoso verso la smart region.
Come siete riusciti ad organizzare una manifestazione così riuscita come After Futuri Digitali a Modena?
Gianluca Mazzini: Abbiamo avuto un ruolo strumentale, di supporto a Governo e Regione nell’organizzazione della manifestazione. Abbiamo calendarizzato gli incontri con gli stakeholder e consentito una rappresentazione efficace di tutto ciò che si sta facendo di pubblico e non in chiave digitale e di innovazione tecnologica. Tanti sponsor e grande visibilità a livello regionale e nazionale.
After per certi versi è stata una vera e propria esperienza per migliaia di cittadini e curiosi, un modello da replicare a livello nazionale?
Gianluca Mazzini: Fin dall’inizio il Festival è stato immaginato come un evento di rilevanza nazionale e non solo prettamente regionale, tant’è che si è parlato di banda ultralarga non solo riferendosi all’Emilia Romagna, ma a tutto il Paese. E si è pensato da subito ad un evento “pop”, non tanto per gli addetti ai lavori, ma per quelli che la tecnologia la vivono nel quotidiano, la usano e la useranno sempre di più.
È possibile replicarlo certamente e ce lo auguriamo, ma servono soggetti che ci credano. A Modena la prima edizione è ben riuscita grazie ad una forte coesione tra Istituzioni nazionali, enti e operatori locali.
Scuole, amministrazione pubblica, imprese, cittadinanza, la banda ultralarga continua la sua corsa in Emilia Romagna, qual è il passo successivo?
Gianluca Mazzini: l’obiettivo principale è connettere tutte le scuole. Il passo da fare è connettere tutti gli edifici scolastici, ma c’è differenza tra portare la fibra e utilizzare la fibra. Si deve avere la consapevolezza che la tecnologia è uno strumento per apprendere.
Successivamente, si deve arrivare all’accesso ubiquo alla rete via WiFi. Per questo abbiamo creato EmiliaRomagnaWIFI, cha al momento conta quasi 2.000 punti sul territorio, ad accesso libero e con un unico SSDI con l’obiettivo di arrivare a 4.000 punti, uno ogni 1.000 abitanti, entro il 2019. Avere un WiFi vero che funzioni ovunque è possibile solo con la banda ultralarga. Dove c’è densità abitativa, di persone, o anche turisti, ci deve essere rete. Un obiettivo futuro, ad esempio, sarà coprire con la banda ultralarga il 100% della popolazione in mobilità.
Le infrastrutture che abilitano la trasformazione digitale di un territorio sono diverse, tra cui i data center, a che punto è il lavoro di Lepida in Emilia Romagna?
Gianluca Mazzini: i datacenter in costruzione al momento sono tre, mentre il quarto a Bologna è in standby. A Bologna, infatti, è prevista la realizzazione del data center del Centro Meteo Europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, l’Ecmwf. Resta da capire che tipo di interazione ci sarà con le infrastrutture preesistenti e quelle nuove. Si tratta di una grande conquista per il territorio emiliano romagnolo e per l’Italia. Non dobbiamo dimenticare che qui ci sono il 70% dei centri di calcolo e supercalcolo a livello nazionale, tra cui CNR, Enea, Ingv e Cineca.
Come si realizza una giga society e quali i vantaggi per cittadini e imprese?
Gianluca Mazzini: sono due le chiavi principali per comprendere questo concetto: immersività dei servizi, con il tentativo di porre la persona al centro e, quindi, di costruire attorno ad essa varie applicazioni, e ancora una volta l’ubiquità.
In termini di promozione di cultura digitale, la tv può ancora avere un ruolo?
Gianluca Mazzini: sarebbe bello, ma l’esperienza di Alberto Manzi non è più replicabile. Forse la TV non è il driver giusto. Abbiamo tentato anche noi sperimentazioni del genere, evolvendo il modello di fruizione – come per LepidaTV – in modalità anche on demand. Chi ascolta non ha probabilmente interesse in tali contenuti e in tale esperienza. In una dimensione asincrona ognuno può accedere ai contenuti quando vuole, mentre la tv è sincrona. Rispetto ad un mondo che diventa sempre più on demand, servirsi di uno strumento monodirezionale risulta inconcepibile per molti. Per i giovani potrebbe addirittura rappresentare un ostacolo.
C’è qualcosa che è stato fatto in Emilia Romagna e che potrebbe tornare utile al Governo per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda digitale nazionale?
Gianluca Mazzini: sicuramente l’interfaccia con gli enti locali nei confronti del piano nazionale. Non è pensabile una norma che garantisca di ottenere in tempi brevi i risultati attesi con l’installazione di un semplice software. L’intermediazione tecnologica, invece, è un meccanismo che funziona bene. Abbiamo esposto un migliaio di service provider verso lo Spid, tanti altri ancora verso PagoPA. Avendoli raggruppati e avendo fatto intermediazione tecnologica è stato possibile realizzare un modello federativo in grado di portare avanti la centralizzazione delle piattaforme e studiare il modo migliore per arrivarci. Il software unico e il database unico per tutti non esistono, ma intermediati sì. In tal senso il percorso delle 9 Comunità Tematiche che hanno permesso a più di 500 persone impegnate nella Pubblica Amministrazione locale di definire insieme il piano per la trasformazione digitale rappresenta un chiaro esempio di come il coinvolgimento attivo delle persone possa produrre risultati molto positivi. E come è stato ricordato a Modena un possibile modello nazionale per la gestione del cambiamento.
Parlando di infrastrutture e servizi è inevitabile affrontare il tema della cyber sicurezza, a riguardo cosa state facendo a livello regionale?
Gianluca Mazzini: rispetto a qualche anno fa la cybersecurity è piuttosto avvertita dal cittadino. Cinque anni fa le persone perdevano identità per colpa del phishing e ora sanno che si devono difendere da questi attacchi. Lo sanno anche persone non particolarmente portate per l’uso della tecnologia. Mi sembra che oggi ci sia un minimo di coscienza di quello che si può fare o meno in rete. Semmai il problema è che i cyber criminali sono molto più scaltri e ben equipaggiati, trovano sempre nuove soluzioni più minacciose, efficaci e difficilmente aggirabili. Servirebbe una evoluzione parallela anche lato utente. Per questo si deve continuare ad investire in protezione dei dati e delle reti. Ci sono diversi strumenti, anche gratuiti, e il backup è alla portata di tutti. Fondamentale, però, è che la sicurezza non porti al rallentamento di rete e dei servizi. Il rischio concreto è che ci venga offerta una rete ultra sicura, ma dalle performance limitate proprio a causa dei sistemi preposti alla sicurezza informatica.