Conto alla rovescia per i primi bandi per la realizzazione della rete ultrabroadband nelle aree a fallimento di mercato, con le prime gare previste quest’estate in Abruzzo, Molise, Emila Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto. E’ per questo che oggi l’Anci ha scritto ai tutti i Comuni italiani, chiedendo espressamente l’invio delle mappe dettagliate delle infrastrutture di rete esistenti di cui sono proprietari nei territori entro il 30 luglio.
Una richiesta in linea con quanto previsto dal decreto legislativo 33/2016 che prevede “l’obbligo dei soggetti pubblici e privati, gestori di infrastrutture di rete, di fornire le informazioni relative” alle mappe del sottosuolo per consentirne “l’accesso e la condivisione” a fronte di un compenso economico, in ottica di ottimizzazione dei costi e minimizzazione delle attività di scavo per nuove reti nei territori non raggiunti dalla banda ultralarga, in linea con i desiderata di Bruxelles.
Ce la faranno i Comuni italiani a rispondere all’appello in tempi oggettivamente strettissimi?
Se non lo faranno che succede?
C’è il rischio che le gare vengano indette anche se la mappa del sottosuolo di certe aree per la condivisione delle reti non sarà disponibile?
E per quanto riguarda i soggetti privati che gestiscono reti di proprietà?
Che succederà se non forniranno le informazioni richieste?
Si andrà avanti ugualmente con le gare, rinunciando all’idea di risparmiare sui costi di scavo?
La richiesta del presidente dell’Anci Veronica Nicotra non è banale, anche perché fra i criteri di valutazione che concorreranno all’assegnazione delle commesse nelle aree bianche e dei relativi contributi pubblici – 1,6 miliardi per la realizzazione della rete pubblica di Infratel nei Cluster C e D – c’è appunto quello del riuso di infrastrutture esistenti. Le aziende che parteciperanno alle gare nelle aree bianche, quindi, avranno bisogno del quadro dettagliato delle infrastrutture esistenti per presentare i loro progetti di posa della fibra e sperare di vincere.
Le mappe dell’esistente confluiranno nel Sistema nazionale federato delle infrastrutture (SINFI), più noto come catasto delle reti.
Il SINFI è stato istituito con un Decreto l’11 maggio 2016, ma se ne parla da anni senza che sia mai stato realizzato. A gestire il sistema sarà il Ministero delle Infrastrutture, lo scopo è incentivare gli investimenti ultrabroadband.
Il Decreto stabilisce le regole tecniche per la definizione del contenuto del Sistema, le modalità di prima costituzione, di raccolta, di inserimento e di consultazione dei dati, nonché le regole per il successivo aggiornamento, lo scambio e la pubblicità dei dati territoriali detenuti dalle singole amministrazioni competenti, dagli altri operatori di rete e da ogni proprietario o gestore di infrastrutture fisiche funzionali ad ospitare reti di comunicazione elettronica.
C’è da dire che in Italia un progetto analogo di catasto delle reti è stato realizzato a partire da una decina di anni fa dalla Regione Lombardia, ma ci sono voluti 5 o 6 anni per popolare il sistema di dati, soprattutto per la reticenza degli operatori a condividere le mappe delle loro reti. Soltanto dopo un conflitto con la Regione durato un paio di anni e dell’istituzione di una sanzione di 25 euro per ogni metro lineare di infrastruttura non dichiarato gli operatori sono scesi a più miti consigli.
La speranza è che questa volta le cose vadano meglio e che i tempi vengano rispettati, senza danni (assenza delle mappe) alle aziende che parteciperanno alle gare.