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Banda larga: ecco quanto costa il gap alle imprese

Il grado di connettività dell’Italia risulta tra i più bassi d’Europa, superiore solo al valore della Croazia. Lo rileva la 24esima edizione del Rapporto annuale dell’Istat – ‘La situazione del Paese’ – presentata oggi Montecitorio.

L’Italia, secondo gli indicatori dell’economia della conoscenza, si posiziona in linea con la media europea nell’uso della banda larga (92% contro 94% nel caso delle sole imprese), ma se si considerano anche elementi quali l’accessibilità in termini di costo e la velocità della connessione della rete nazionale ecco che il paese scivola quasi all’ultimo gradino della classifica europea.

Secondo le stime Istat, l’estensione della copertura della banda ultralarga nelle aree bianche porterebbe importanti  incrementi di valore aggiunto e di produttività nelle aree territoriali interessate. A beneficiare dell’introduzione di una banda larga a velocità superiore rispetto a quella già presente nel territorio in particolare la numerosissima platea di aziende con 3-9 addetti.

“Un intervento di copertura totale nelle aree “bianche” o “bianche dirette”porterebbe a un aumento della produttività compreso tra i circa 3.700 euro per addetto nei settori industriali e gli oltre 8 mila euro per addetto nei servizi diversi dal commercio”, stima l’Istat.

Questi ultimi (che comprendono la maggior parte delle imprese e degli addetti) sono anche i comparti che beneficerebbero maggiormente, in termini di valore aggiunto, dell’intervento infrastrutturale (+23%), seguiti dal settore delle costruzioni (+11%) e, infine, da quelli del commercio e dell’industria in senso stretto (entrambi con un aumento di valore aggiunto pari al 9%).

Dal punto di vista territoriale, a beneficiare maggiormente di una copertura totale della banda ultralarga sarebbero le “aree bianche” delle regioni del Centro-nord, con aumenti di valore aggiunto compresi tra il 16% in Valle d’Aosta e l’11% nelle Marche, mentre nel Mezzogiorno si avrebbero aumenti più contenuti compresi tra il 7% in Sicilia e il 10% in Campania e Calabria.

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