Clima e finanza

Banche e rischio climatico. Per chiedere un prestito, le imprese dovranno dimostrare di operare in ambienti eco-sostenibili?

di Maurizio Baravelli, Professore del Dipartimento di Management, Università di Roma La Sapienza |

Dopo l’alluvione dell’Emilia -Romagna, l’ultimo di una lunga serie di disastri ambientali in un paese ad alto rischio idrogeologico, le imprese italiane subiranno anche un maggiore costo del credito bancario?

Clima e finanza

Sempre più complicata anche la vita delle banche per effetto del cambiamento climatico. La Bce ha stabilito che entro la fine del 2024 le banche europee dovranno tenere conto degli effetti che i rischi ambientali e climatici hanno sull’ attività creditizia. Ciò significa che, rispetto al passato, le banche dovranno stabilire in quale misura i propri prestiti sono esposti a tali rischi, rivedere le strategie creditizie e adeguare il capitale per rafforzare la propria stabilità. Se le banche non si allineeranno alla nuova normativa, sarà il regolatore a imporre i maggiori requisiti patrimoniali[1].

Di fronte al ripetersi ormai frequente di disastri ambientali per effetto del clima, la Bce ha calcolato che le banche europee potrebbero perdere oltre 70 miliardi di euro in seguito alla crisi delle imprese finanziate per il verificarsi di situazioni di rischio fisico acuto come siccità, bombe d’acqua, tempeste, alluvioni, frane, cicloni e incendi. Pertanto, la vigilanza europea ha stabilito che le banche devono attrezzarsi per identificare, misurare, monitorare e mitigare tali rischi e fronteggiarli rafforzando il proprio capitale.

Quali saranno le conseguenze finanziarie ed economiche del nuovo quadro normativo?

Le banche italiane finanziano economie territoriali con un rischio idrogeologico tra i più alti in Europa, le nostre imprese saranno pertanto a loro volta penalizzate da possibili restrizioni creditizie e da un maggior costo del credito?

La questione sta diventando calda perché finora la Bce si è limitata a raccomandazioni. Le banche italiane sono in ritardo e risultano attualmente impreparate a gestire questi rischi nonostante gli eventi fisici estremi, come la siccità e le alluvioni, che si stanno verificando con maggiore frequenza. Soprattutto non si sta parlando delle ricadute finanziarie della nuova normativa sulle imprese nonostante siamo un paese a rischio idrogeologico diffuso, acuito dal degrado ambientale e da uno Stato che non provvede al riassetto e alla tutela territoriale.

Rischi climatici e costo del credito

Nell’affrontare i nuovi rischi finanziari connessi al mutamento del clima, le banche dovranno cambiare su diversi fronti perché è coinvolta non solo la policy creditizia con possibili restrizioni e razionamenti alle imprese ma anche quella del pricing, cioè dei tassi applicati ai prestiti erogati nelle aree geografiche a maggiore rischio ambientale. Alla valutazione del merito creditizio le banche aggiungeranno il rischio di insolvenza dovuto a cause ambientali e climatiche, oltre quindi al rischio legato all’andamento gestionale. Le imprese che operano nelle aree territoriali più a rischio saranno pertanto quelle più penalizzate.

I rischi climatici sono connessi a eventi di grande impatto ma relativamente rari, nonostante si stiano ripetendo.  Stabilire quanto capitale aggiuntivo le banche devono mantenere per fronteggiarli implica calcoli molto approssimativi. Si può tenere conto delle perdite medie annue che la banca si attende, ma vi è anche il problema di stabilire le variazioni rispetto agli eventi estremi. Sono di fatto questi eventi eccezionali ad avere maggiore rilievo perché minano la stabilità delle banche intaccandone il capitale. In che misura e con quali regole la vigilanza europea imporrà alle banche di considerare questi rischi massimi ha grande influenza sul costo del credito perché le banche italiane potrebbero essere obbligate a mantenere molto più alto il capitale con un effetto di lievitazione sistematica del livello dei tassi sui prestiti alle nostre imprese.

Strategie bancarie

Anzitutto le banche dovranno valutare la convenienza a fare prestiti in certe aree geografiche e quindi a certi settori; potranno scegliere di non finanziarli o di applicare razionamenti nei casi di rischio molto alto; tassi differenziati potranno essere stabiliti in rapporto al grado di rischio nelle varie aree. Così l’aumento dei tassi sarà maggiore dove il rischio ambientale è più alto, soprattutto se le garanzie che presidiano i prestiti, come immobili, impianti e altri beni, sono localizzate in tali aree.

Come le banche, anche le imprese hanno accettato fino ad ora, passivamente, di subire i rischi ambientali e climatici. Le banche hanno concesso credito nelle aree a rischio senza spesso richiedere alle imprese finanziate di assicurare i propri beni contro possibili eventi catastrofali e l’interruzione di attività. Le imprese li hanno dal canto loro trascurati anche per la tolleranza delle banche che non hanno voluto inasprire il costo del credito per motivi competitivi. Ma il problema si pone sebbene non sia stato finora considerato dallo stesso regolatore europeo.

Finanza e tutela del territorio

Il dissesto idrogeologico aumenta il costo dei rischi climatici che gravano, come una spada di Damocle, sulle imprese e sulle famiglie di molti territori. L’Italia è il paese più soggetto in Europa ai rischi idrogeologici e le nostre banche sono molto esposte al rischio fisico da eventi climatici; basti pensare che circa un quarto dei prestiti alle imprese è verso aziende localizzate in province con un rischio fisico alto.[2]

La recente alluvione dell’Emilia-Romagna ha mostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, il peso degli oneri che derivano da questi fenomeni non più isolati. Sono pertanto urgenti gli interventi di riassetto territoriale e di messa in sicurezza di imprese e collettività locali. La mancata tutela dei territori a rischio, da parte di chi ne ha la responsabilità, penalizza le imprese, i piccoli operatori e le famiglie che vivono su tali territori, non solo per i danni ai beni fisici, ma anche per le restrizioni e i maggiori oneri finanziari che queste economie locali si troveranno a sostenere.

Così in presenza del degrado territoriale, si deve prendere atto che rischi ambientali e climatici comportano costi anche di tipo finanziario che rendono più difficile l’accesso al credito soprattutto alle imprese minori. Nella valutazione del nuovo quadro normativo europeo sui rischi climatici, le banche italiane si trovano con maggiori criticità da affrontare, mentre le imprese, oltre a subire i danni derivanti dai rischi fisici, sono penalizzate dalle valutazioni più selettive nell’ottenimento dei prestiti bancari.

Che cosa fare

Da quanto abbiamo esposto, si dimostrano sempre più urgenti gli interventi di riassetto e tutela del territorio contro il degrado e il dissesto idrogeologico ma anche le misure di rafforzamento delle attuali difese insufficienti.  Occorre al più presto limitare gli impatti del rischio climatico. Le aree geografiche che continuano a essere a rischio, per inefficienza e inerzia pubblica, comportano un maggior costo finanziario e svantaggi competitivi. Una finanza più restrittiva e costosa dovrebbe contribuire a sollecitare le autorità territoriali ad agire per una maggiore tutela del territorio. Oppure vogliamo che molte piccole e medie imprese italiane sostengano più alti oneri finanziari oltre a subire la beffa di altri disastri ambientali?


[1] Bce (2020), Guida sui rischi climatici e ambientali.

[2] Banca d’Italia (2022), L’esposizione delle banche al rischio fisico da eventi climatici in Italia.

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