Il quadro

Balneari e over-tourism, oltre proroghe e rinvii serve un  nuovo “Patto per la Crescita”

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Ai balneari (e al Governo) non servono proroghe e rinvii ma idee in un quadro più ampio di soluzioni strategiche connesse alle trasformazioni del turismo e del suo impatto ambientale e sociale.

Ai balneari (e al Governo) non servono proroghe e rinvii ma idee in un quadro più ampio di soluzioni strategiche connesse alle trasformazioni del turismo e del suo impatto ambientale e sociale. Per l’overtourism servono diagnosi e soluzioni tra carenze abitative, aree commerciali e “conflitto” tra residenti e turisti.

Obiettivo governare flussi in un quadro eco-sistemico tra domanda, in-coming, ricerca di voli, flussi autostradali, periodi di vacanza di fabbriche-uffici-scuole e palinsesti di eventi per pianificare e distribuire in un quadro almeno “macro-regionale” e su tre trimestri.

La reazione paradossale dei balneari

Paradossalmente nei giorni scorsi i balneari hanno “reagito” alle pressioni dell’Europa e alle mancate promesse del Governo per il quale hanno votato e che “non rispetterebbe i patti”. Protesta “fluida e soffice” – quasi invisibile – con sciopero di ombrelloni e sdraio tra le 7,30 e le 9,30 con l’Europa che vuole gare per le concessioni balneari essendo le spiagge un bene pubblico oltre che “bene comune indivisibile” con un Governo impacciato che “frena” ma senza idee.

È dal 2006 con la nota e discussa Direttiva “Bolkestein” n. 123 che si vuole stimolare la concorrenza e proteggere i consumatori (stimolando l’accesso di più operatori) nelle concessioni con rinnovi e/o procedure pubbliche per innovare ed efficientare l’attrattività e fidelizzazione dei nostri siti marini (o lacustri). Sembrerebbe una ovvietà, ma così non è e intanto i prezzi di ombrelloni e sdraio sono quintuplicati ben oltre il tasso di inflazione oltre che della ragionevolezza a canoni bloccati negli ultimi 5 anni.

Rendita di posizione naturale

I balneari dovrebbero spiegare con più robustezza tale escursione di prezzi vista la loro “rendita di posizione naturale” (da decenni), ma la contraddizione sta anche nel fatto che le gare spettano ai comuni con un gettito incassato dallo Stato per cui i primi sono disincentivati a fare gare.

Tuttavia è altrettanto indubbio che siamo anche ad un “voto di scambio” dato che quel consenso impatta sulle elezioni comunali e regionali. I comuni-regioni farebbero gare se condividessero parte degli incassi? Forse sì e Draghi ci provò infatti, ma con scarso successo.

Concessioni, un regalo sostanziale

Tutto infatti oggi passa nell’imbuto burocratico delle leggi regionali di concessione demaniale marittima che non prevede alcuna valutazione competitiva. Vi è poi un “regalo sostanziale” nelle tariffe per concessione da miseri 3500 euro (oppure 3 euro per mq per aree ad alta vocazione).

Di fatto un nulla se consideriamo l’incasso dello Stato nel 2020 pari a circa 92 milioni/euro da 12.166 concessioni (rimasto sostanzialmente stabile nel 2022), ossia quasi 7700 euro per ognuna di queste a rappresentare mediamente meno del 2% del fatturato medio che è largamente sottodimensionato.

Secondo Nomisma nel 2023 il fatturato è pari a 260mila/anno per stabilimento balneare, per 66mila addetti e 2,1 miliardi di valore aggiunto complessivo e per complessivi 15.414 concessioni per uso turistico-ricreativo, ossia mediamente 2 per stabilimento e che nel 95% dei casi occupa meno di 10mila mq (il 72% occupa meno di 3mila mq) e concentrati nel 40% dei casi in tre regioni che sono: Emilia Romagna, Toscana, Liguria (mentre il 25% è concentrato in Campania, Calabria e Lazio).

I ricavi

Il 50% dei ricavi proviene da servizi standard (da spiaggia e parcheggio) e il 48% da bar e ristoranti. Quindi assistiamo ad un “costo di concessione” del tutto in contrasto con affitti medi commerciali attorno al 20% dei ricavi e che azzerano il rischio imprenditoriale peraltro trasferibile di “generazione in generazione” diseducando ad una sana gestione efficiente e trasparente nella sostenibilità.

Inoltre, con iniquità enormi, non distinguendo tra le “ricchissime” spiagge della Sardegna e le “poverissime” spiagge della Basilicata e quindi inversamente correlate al reddito incassato, dunque non progressive e da questo lato suscettibili di “profili di incostituzionalità”. Ciò significa che ai prezzi di mercato correnti una gara in Sardegna o Sicilia piuttosto che a Venezia dovrebbe partire in generale da 80mila euro mentre una gara in Basilicata dovrebbe partire da 20mila euro e a Rimini in una fascia intermedia in base anche alle infrastrutturazioni disponibili.

Canone quadruplicato

Dunque, ad una quadruplicazione media del canone di concessione andrebbe poi aggiunta una quota tra 3 e 5% connessa alla scala dei ricavi nella quale estrarre la quota da lasciare ai comuni che si potrebbe stimare attorno ad un 30% (del gettito incassato dallo Stato) e che sono quelli che svolgono le gare.

Tuttavia va considerato che un tale impianto necessiterebbe poi di fare i conti con over-tourism da una parte, crescita dell’offerta airb&b dall’altra e servizi per i residenti (pensando ai nostri 8000 km di coste tappezzate da centri medi, grandi e piccoli) e infine con l’impatto ambientale e la sua sostenibilità.

De-stagionalizzazione

Un quadro che necessita di risorse enormi per essere regolato e distribuito nel perimetro di flussi di persone e merci tra strade, autostrade, aeroporti e strutture di ospitalità. Una governance che intanto impone logiche macroregionali o nazionali e dati certi sui flussi anche per evitare i pasticci dei ticket (Venezia, Firenze, Roma, Napoli), ma soprattutto per costruire un ordito nazionale coordinato di strategie (azioni e pratiche condivise) di de-stagionalizzazione (bene dunque mappature e monitoraggi ma senza “giri a vuoto”).

La proposta

Se ne parla da decenni senza alcun risultato abbandonando i comuni al loro tragico isolamento di procedure e competenze insostenibili con una offerta all’80% concentrata in meno di 120 giorni. Dunque una proposta di senso (3x3x3) potrebbe essere quella di impostare gare specializzate (“perimetro Bolkestein” per intenderci) su 3 quadrimestri e per non più di 3 concessioni per operatore all’interno di ogni regione (in 3 comuni diversi) purché iscritti ad un Registro Nazionale degli Operatori Balneari da certificare ogni 3 anni nei requisiti standard (umani, ambientali, igienici, alimentari, finanziari). Spalmando dunque le gare/aste nello spazio e nel tempo e allargando considerevolmente la partecipazione di nuovi operatori (nazionali e internazionali) nel rispetto delle norme europee di concorrenza, dei bisogni dei consumatori per prezzi sostenibili e decrescenti, e di nuovi operatori in concorrenza tra loro per superiori tassi di innovazione in un quadro di destagionalizzazione su almeno 210 gg.

Serve coraggio

Certo serve coraggio della politica nazionale, idee dei comuni-regioni e responsabilità degli operatori per una nuova alleanza tra territori, comuni e operatori che sia equa e condivisa dunque senza “rendite di posizione” e che allarghi le aree di “spiagge a libero accesso” perché del tutto complementari  e perché si può e si deve senza rincorse a “facili consensi” ma allargando lo sguardo ad un possibile e sostenibile “Patto per la Crescita”, chiave strategica per l’innovazione dell’offerta per attrarre,  trattenere e fidelizzare.

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